Saranno due barriere paramassi e almeno 4 mesi di lavoro a mettere in sicurezza la porzione di abitato di Villeneuve minacciata dalla frana che ha colpito il comune della media Valle nella notte tra il 26 e il 27 dicembre 2019 e la notte del primo dell’anno.
Un inizio di anno amaro per alcuni residenti del borgo di Villeneuve che, nella settimana a cavallo tra la fine del 2019 e i primi giorni del 2020, hanno assistito a una serie di cedimenti che hanno portato alla caduta di circa 600mc di rocce e detriti sull’abitato e che ha obbligato all’evacuazione di 17 famiglie residenti nella zona interessata.
Durante l’incontro di venerdì sera in municipio, il sindaco Bruno Jocallaz ha ripercorso i fatti, lasciando poi la parola agli esperti tecnici che hanno illustrato il cronoprogramma dei lavori e le incognite di un fenomeno ancora da comprendere a pieno: “Il primo crollo – spiega il Dott. Alessandro Bellini -, ha coinvolto circa 500mc di materiale che, con la velocità e la forza, ha travolto e divelto una barriera costruita negli anni ’90, depositandosi in parte sul versante e in parte sulle abitazioni. Il fenomeno è molto difficile da prevedere ed è anche per questo che le opere già in parete non sono state sufficienti a contenerlo. Ora dobbiamo procedere alla posa di 2 barriere ad altezze diverse e alla verifica della porzione ancora intatta, il primo atto sarà la chiodatura a cui seguirà la posa della barriera di sacrificio”.
La posa delle due barriere è il cuore del programma di lavori che non si è mai fermato dal 27 dicembre e che ora entra nel vivo, sperando in un meteo favorevole: la prima barriera, detta “di sacrificio” è fondamentale per lavorare in zona di nicchia e per il disgaggio di probabile mobilitazione, viene chiamata in questo modo perché verrà inevitabilmente rovinata dai lavori indotti delle prossime settimane e si capirà solo in seguito se lasciarla o toglierla in un secondo momento. Di sicuro la prima barriera non verrà tolta fino al completo disgaggio e al posizionamento di una seconda barriera, più bassa e definitiva, con l’obiettivo di trattare i materiali di nicchia e i detriti che non si possono togliere sul versante. Questa seconda barriera, alta 6metri, avrebbe una forza contenitiva notevole, abbassando drasticamente il rischio per l’abitato sottostante.
Le tre tappe fondamentali saranno quindi la chiodatura attiva della parete, la posa della barriera di sacrificio che consentirà quindi l’inizio dei lavori e in seguito la verifica della parte ancora in posizione, ma che non si sa ancora se possa mobilizzarsi. L’auspicio è anche che il tempo invernale sia clemente e che la situazione reale e le fessurazioni della parte alta non siano troppo importanti. La barriera bassa sarà l’ultimo tassello della messa in sicurezza, allungata perché possa essere incrociata con una già esistente sul versante e che metterà completamente al sicuro le abitazioni.
I residenti intanto plaudono al lavoro svolto dagli esperti e dai tecnici, ribadendo la loro gratitudine nei confronti di chi li ha aiutati sin dal primo momento, ma si dicono preoccupati per quello che verrà, come Debora Marina Marra, figlia di una sfollata duramente colpita: “Ci hanno detto che se non ci fossero state le case sarebbe stato un evento più che semplice da gestire, ma le case ci sono e con loro le nostre vite e i nostri sacrifici. Mia madre vive da me ora, ma è serena e una volta che finiranno i lavori si è già detta tranquilla nel tornare. Per quanto riguarda la nostra casa non abbiamo ancora fatto una valutazione dei danni, ma chiaramente oltre al danno economico c’è il danno morale, la casa sono sacrifici e ricordi”.
Il comune si è detto pronto a percorrere l’iter burocratico per richiedere, in base all’articolo 11 della legge 5, i finanziamenti necessari, ma il sindaco Jocallaz ribadisce la totale disponibilità: “Il comune ha individuato 6 alloggi disponibili per alcune famiglie colpite, stiamo procedendo anche tenendo conto del programma dei lavori per capire tempistiche e problematiche future”.
Natascia Desiato, abitante nella zona rossa, si pone una domanda più che lecita e quasi matematica: “Parliamo di 5 o 6 alloggi che il comune potrebbe garantire, ma qui siamo 17 famiglie evacuate, non capisco quelle che rimarranno fuori come dovranno organizzarsi. La parte tecnica è stata gestita in maniera brillante e il lavoro che stanno facendo è sotto i nostri occhi ogni giorno e non possiamo che ringraziarli, ma la parte organizzativa? Su questo mi sembra che ci sia ancora confusione. Ero venuta qui per avere risposte anche su questo, ma non ne ho avute. Adesso io e la mia famiglia siamo dai miei genitori, ma non sappiamo ancora fino a quando perché non è chiaro”.
Il problema della tempistica è frutto anche del fatto che il versante andrà monitorato e alcune verifiche dovranno essere fatte per scongiurare problemi futuri soprattutto per quel che riguarda un cocuzzolo di terra e materiale a monte, come spiegano l’ingegnere Paolo Gachet e il geologo della Regione Davide Bertolo: “Bisogna verificare, per farlo bisogna andare vicino alla porzione più alta e questo potrebbe comportare la dilatazione dei tempi di lavoro. La coltre di terra ora ci impedisce di capire quale sia la situazione a monte, ma perché il lavoro possa essere fatto in sicurezza anche per gli operai è d’obbligo verificare tutto”.
La paura di molti è ora l’aspetto economico che la vicenda potrebbe comportare, tra tempi che si dilungano e incertezze su come affrontare il periodo, come per Barbara Piccini, una delle residenti più colpite: “Io abito nella casa gialla che ormai tutti hanno visto. Posso dire che i lavori sono iniziati sicuramente il più velocemente possibile e che stanno facendo davvero il massimo. L’aspettativa rispetto al rientro in casa era più breve per me, ma avevo comunque il timore di dover fare fronte con queste tempistiche; al momento sono ospite da un amico, ma è chiaro che dovrò cercare un’altra sistemazione, se non altro perché più di 100 giorni sono lunghi. Quello che non mi è chiaro è l’iter per il risarcimento o comunque per capire come il comune procederà, ma sono sicura che ci saranno altri momenti di confronto”.
Lo stato di calamità naturale, ben diverso dallo stato di emergenza, viene dichiarato in seguito a un decreto del presidente della Regione, grande assente dell’incontro con la popolazione e che quindi rimane una grande incognita per gli abitanti che cercavano risposte anche sulla parte che seguirà la messa in sicurezza e il posizionamento delle barriere.
, anche sulle abitazioni.