È finito oggi, mercoledì 22 maggio, con una condanna a 4 anni e 6 mesi il processo, al Tribunale di Aosta, nato a seguito del fallimento della “Italscavi Srl”, un’impresa edile di Petilla Policastro. Alla sbarra, con l’accusa di bancarotta fraudolenta, c’era l’ex amministratore Francesco Curcio, 46 anni, di Crotone.
Secondo la Procura, in concorso con altre due persone (tra le quali la moglie, già giudicata in altro procedimento), l’imputato aveva proceduto alla distrazione del patrimonio societario, contribuendo in tal modo al passivo da 2,4 milioni di euro accertato in sede fallimentare, nel 2012.
In particolare, la bancarotta sarebbe stata attuata attraverso rapporti tra la “Italscavi Srl” ed altre quattro aziende, tutte riconducibili – di diritto o di fatto – allo stesso Curcio. Per gli inquirenti (agli accertamenti aveva proceduto la Guardia di finanza) si sarebbe trattato di una “commistione di patrimoni” mirata a celare la dissipazione.
Tra le aziende “tracciate” nell’inchiesta, seguendo il “filo d’Arianna” dei rapporti patrimoniali della “Italscavi Srl”, era emerso pure il Consorzio Gecoval, che nel 2015 era stato colpito – prima azienda di sempre in Valle – da un’interdittiva antimafia (e, mesi dopo, dal sequestro preventivo di parte delle quote, disposto dal Tribunale di Reggio Emilia nell’ambito dell’indagine “Aemilia” della Dda di Bologna).
Il collegio che ha giudicato Curcio era composto dai magistrati Eugenio Gramola (presidente), Paolo De Paola e Davide Paladino (giudici a latere). La sentenza, che include anche l’assoluzione per alcuni capi d’imputazione contestati al 46enne, stabilisce inoltre l’interdizione dell’uomo dai pubblici uffici per cinque anni e la sua inabilità a condurre imprese commerciali per dieci. La Procura era in aula con il pm Luca Ceccanti (l’indagine era stata coordinata dal sostituto procuratore Eugenia Menichetti).