“L’aquila in questione” è “oggettivamente riconducibile a quella rappresentata nello stemma del partito nazionalsocialista tedesco”. Inoltre, “la figura del triangolo, accostata all’aquila”, rievoca senza dubbio “la simbologia utilizzata dai nazisti ai fini della identificazione per categorie dei prigionieri ristretti nei campi di concentramento”. Lo scrivono i giudici del Tribunale di Aosta Eugenio Gramola, Maurizio D’Abrusco e Davide Paladino nel provvedimento con cui hanno rigettato l’istanza di dissequestro presentata da Fabrizio Fournier, proprietario dell’abitazione di Saint-Vincent cui si accede tramite i due cancelli sui quali la Procura ha fatto porre i sigilli lo scorso 4 gennaio.
L’uomo, 54 anni, è indagato per propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa. Nell’udienza di riesame, tenutasi lo scorso 16 gennaio, Fournier aveva rilanciato la tesi per cui i simboli raffigurati sui due portali in ferro sarebbero conseguenti ad “una sua spiccata propensione all’esoterismo e ad un suo mero gusto estetico”. Per i giudici si tratta, tuttavia, di motivazioni che esulano dalle valutazioni da compiere in sede di riesame del sequestro probatorio, giacché “rilevano ai fini del giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa”. Peraltro, aggiunge il collegio, tale “professione di ‘buona fede’” si pone “in contrasto con ulteriori elementi emersi” dall’inchiesta, coordinata dal pm Francesco Pizzato ed affidata alla Digos della Questura di Aosta.
Il riferimento è all’inserimento, su un profilo social dell’indagato, “di due post relativi a video riferibili a noti scrittori negazionisti dell’olocausto, tra i quali Robert Faurisson”, alla realizzazione “sul soffitto dell’androne delle scale che porta all’ingresso dell’abitazione” di “una svastica in muratura di colore bianco delle dimensioni di un metro per un metro e visibile dal piano terra”, nonché al possesso di numerosi libri – rinvenuti durante la perquisizione effettuata all’atto del sequestro – “sul fascismo, il nazionalismo tedesco, la storia ebraica, per lo più incentrati, a titolo esemplificativo”, sull’esistenza “di differenze inconciliabili tra le razze umane, sulla cultura della razza ariana, su Adolf Hitler quale impersonificazione del messia germanico”.
Quanto alle “censure circa la reale utilità del sequestro” mosse dai difensori di Fournier, basate sulla presunta sufficienza di documentazione fotografica agli atti, per i giudici “non sono condivisibili, in quanto l’accertamento svolto direttamente sul corpo del reato è finalizzato a soddisfare esigenze di certezza, completezza e concretezza della prova, con un’efficacia ed un’effettività certamente maggiori di quelle conseguibili mediante l’indagine condotta su semplice materiale fotografico”.
Il ricorso è stato pertanto rigettato (con le spese processuali addossate al 54enne) e l’ordinanza di riesame appare segnare il futuro dei manufatti sequestrati, a prescindere dall’esito della vicenda giudiziaria (ancora in corso, con l’analisi di materiale informatico prelevato nell’abitazione dell’indagato). Considerato che i cancelli “per loro intrinseca natura e funzione, sono chiaramente visibili da parte di chiunque e sono quindi obiettivamente idonei, a prescindere dalle intenzioni dell’indagato, a diffondere pubblicamente ideologie negazionistiche e criminologiche nel senso voluto dalla norma penale, ne consegue che gli stessi dovranno essere confiscati all’esito del giudizio”, anche nel caso in cui “non sia pronunciata condanna”.