I colpi sul macellaio Ferré idonei ad uccidere: l’accusa resta tentato omicidio

Sentito oggi, dinanzi al Gip Colazingari, il medico-legale Testi, cui era stata affidata la perizia richiesta dal pm Menichetti sul caso del 68enne di Charvensod aggredito lo scorso 1° ottobre.
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Cronaca

Gli atti che hanno caratterizzato l’aggressione al macellaio Olindo Ferré erano idonei ad uccidere. È quanto emerso nella mattinata di oggi, venerdì 31 maggio, nell’udienza dinanzi al gip del Tribunale Giuseppe Colazingari in cui il medico-legale Roberto Testi è stato sentito sull’esito della perizia affidatagli in merito al caso del 68enne di Charvensod, rimasto gravemente ferito lo scorso 1° ottobre.

L’esame era stato richiesto dal pm Eugenia Menichetti, attraverso un’istanza di incidente probatorio. La titolare delle indagini sull’accaduto lo considerava dirimente per l’esatta qualificazione dei fatti contestati all’unico indagato, l’impresario Camillo Lale Demoz, proprietario del capannone in località Seran a Quart ove Ferré era stato trovato in condizioni disperate e soccorso. Viste le conclusioni raggiunte dal medico-legale, l’ipotesi di reato formulata resta tentato omicidio.

Dalle indagini della Squadra Mobile della Questura era emerso che Lale Demoz avrebbe “colpito il Ferré” con una “zappa e relativo manico”. Colpi, come ripercorso dall’ordinanza che lo aveva ristretto in detenzione domiciliare, inferti “con estrema violenza”, che hanno provocato “la frattura del cranio” del 68enne, mai tornato ad un’esistenza normale. La “lite tra i due” è attribuita a cause ignote, ma “verosimilmente riconducibili allo stato di ebbrezza”.

Dopo una mattinata in cui si era recato a Quart perché “interessato all’acquisto di una mucca” da un allevatore, Ferré aveva seguito Lale Demoz nel capannone dove – nella ricostruzione degli inquirenti – i due “hanno continuato a consumare bevande alcoliche”. L’arrivo del 118 nel tardo pomeriggio, per correre in soccorso al macellaio (ad oggi, non ha mai ripreso una vita normale), ha fatto scattare la segnalazione alla Questura.

Dalle attività della Mobile e della Scientifica era emerso che “le tracce rinvenute sulla scena del crimine sono riconducibili esclusivamente all’indagato e al Ferré” e che al profilo genetico dell’impresario corrispondessero le chiazze di sangue sull’“estremità superiore del manico” della zappa. Per gli elementi ricavati, gli inquirenti ritengono di disporre di una ricostruzione sufficientemente completa della vicenda. Mancava il tassello aggiuntosi stamane e ora l’inchiesta avanza verso la sua chiusura.

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