Il fallimento? “Alternativa rovinosa”: i perché del “sì” al concordato

I giudici del Collegio occupatosi della procedura concorsuale richiesta dalla “Casinò de la Vallée” spiegano, in quattro pagine del decreto di omologazione emesso oggi, i motivi del “semaforo verde” al piano aziendale.
Cronaca

Per quale motivo il concordato preventivo proposto dal Casinò de la Vallée è meritevole del “semaforo verde” del Tribunale? I giudici del collegio che ha trattato la questione lo spiegano in quattro delle ventidue pagine del decreto di omologazione emesso nella mattinata di oggi, martedì 22 ottobre.

Lo fanno dopo aver ricordato il loro ruolo, vale a dire verificare se “l’alternativa costituita dal fallimento della società assicuri un soddisfacimento dei creditori in misura superiore a quello proposto in sede concordataria” dall’azienda e prendendo quindi in esame punti di forza e complessità del piano elaborato dall’au Filippo Rolando e dalla governance.

Un’azienda che si sostenta

Il primo fattore evidenziato come positivo – oltre all’assenza di conflitti “con norme inderogabili” e al non sussistere di “violazioni di legge” – è che il progetto aziendale prevede il rimborso dei debiti “senza apporto di nuova finanza, traendo principalmente le risorse dai flussi di cassa derivanti dall’attività basata sul gioco d’azzardo, fondandosi su una previsione di entrate pari o leggermente inferiori a quelle attuali”.

La questione è stata esaminata dal commissario giudiziale Ivano Pagliero nel suo parere, raffrontando la situazione contabile della “Casinò della Vallée” allo scorso 30 giugno con quella “fotografata” al 13 novembre dell’anno scorso dal documento concordatario depositato in Tribunale. Un confronto da cui emergono indicazioni che fanno ritenere ai giudici, “almeno allo stato”, che la società “sia in grado di far fronte ai pagamenti previsti nel piano alle scadenze stabilite dallo stesso”.

Il miglioramento dei conti

Si tratta di un utile di conto economico consuntivato (5,7 milioni di euro) “superiore alle aspettative” di 486mila euro. Inoltre, tra le due scadenze, quindi “in meno di 8 mesi”, le disponibilità liquide della società sono passate da 6,3 a 24,1 milioni, aumentando “per effetto della continuità aziendale di euro 17,8 milioni e dunque pari a 1,6 milioni di euro mensili circa”.

Oltre a questi dati, l’azienda “è stata in grado di contrarre in modo significativo i costi del personale”. In merito, il decreto riprende il “ricorso alla procedura di licenziamento collettivo”, esaurita l’11 febbraio di quest’anno “con una riduzione di 135 lavoratori, 64 per il Billia e 71 per la Casa da gioco, oltre a modifiche contrattuali, economiche e normative”.

Risultati “indubbiamente positivi”, per i magistrati Eugenio Gramola, Marco Tornatore ed Anna Bonfilio, che “vanno tuttavia interpretati con la “dovuta prudenza”, viste “la durata quinquennale del piano” e “le variabili ad essa connesse”. In primo luogo, il “mantenimento del fatturato a livelli attuali”, il “contenimento dei costi di gestione” e l’“eventuale mutamento della compagine amministrativa”.

La conversione del credito da completare

I giudici elencano poi una serie di ulteriori possibili criticità, a partire “dall’attuale posizione creditoria di Finaosta” che, per il suo ingente ammontare (48 milioni di euro, ndr.), “ha ricoperto una notevole importanza nell’ottica della realizzabilità del piano”. Su tale fronte, “lo strumento finanziario partecipativo” previsto da un’apposita legge regionale, e le “conseguenti variazioni allo statuto della casa da gioco”, consentono “di ritenere superata la complessa situazione contabile”.

È tuttavia “assolutamente necessario” che l’operazione di conversione del credito vantato dalla Regione in apporto patrimoniale si concluda. Per questo il Tribunale fissa un termine di 60 giorni affinché giunga a conclusione tale iter (che era subordinato all’omologazione della procedura concordataria).

“Ombre” da contenziosi e bilancio

Ulteriori incertezze, si legge nel provvedimento, potrebbero poi derivare da alcune “partite” ancora aperte per la Casa da gioco, su vari fronti: l’applicazione della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, e di quella in materia di responsabilità degli enti (relativamente al giudizio d’appello sul falso in bilancio) e alcuni contenziosi (come quelli innescati dalle società “De Vere”, che si occupava di tornei di poker americano, ed “Elle Claims”, che fa capo a Manfredi D’Ovidio Lefvebre).

Si tratta di questioni dall’esito incerto, il cui rilievo non appare però al momento tale da “impedire un positivo giudizio sulla fattibilità del piano”, anche perché nello stesso sono stati previsti “fondi rischi dell’importo complessivo di 16,2 milioni” di euro, allo scopo di “far fronte, tra l’altro, all’avveramento” di tali “eventi avversi”.

Infine, fattori d’incognita (definiti tuttavia “minori”) vengono individuati nella non adozione del bilancio d’esercizio al 31 dicembre 2018 e dalla mancanza di offerte di acquisto per i beni immobili “no core” di cui il piano prevede l’alienazione. Il primo aspetto non è “ostativo all’omologazione”, anche se “la sollecita approvazione” del documento contabile è “auspicata” dal Tribunale, mentre per il secondo l’introito derivante sarebbe “limitato, se non addirittura marginale”, rispetto al fabbisogno occorrente all’esecuzione dell’intero piano.

Fallimento, dramma per i creditori

In sintesi, agli occhi del collegio giudicante, il “fallimento costituirebbe un’alternativa rovinosa” per i creditori. Ad esso – è scritto nel decreto – “conseguirebbe quasi certamente la revoca o la sospensione della gestione della casa da gioco” ed è facilmente prevedibile che tale situazione comporterebbe un rimborso ai chirografari “di gran lunga inferiore alla percentuale concordataria del 78%”.

Da questo insieme di fattori, il “via libera” al piano concordatario, ma siccome l’orizzonte della vicenda è di cinque anni, il decreto fissa anche le modalità di esecuzione. Tra gli obblighi stabiliti per la “Casinò de la Vallée”, una relazione semestrale a giudice delegato e commissario giudiziale sull’andamento delle attività, l’addivenire “sollecitamente” all’approvazione del bilancio 2018, il completamento in 60 giorni della conversione del credito Finaosta e il trasferimento, nel giro di un mese, di 600mila euro “per le spese prevedibili della procedura”. Dopodiché, che concordato sia.

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