Operazione Illyricum, le mani del crimine albanese sullo spaccio di cocaina ad Aosta

02 Ottobre 2021

Una “rete” di sei persone, prevalentemente di nazionalità albanese, di cui due totalmente incensurate e le altre ormai uscite dai radar delle forze dell’ordine, dopo episodi di anni fa. Per questo – commentando l’operazione “Illyricum” (nome dato dagli antichi romani alla parte occidentale della penisola balcanica), che all’alba di oggi, sabato 2 ottobre, ha visto eseguire dalla Polizia cinque arresti per spaccio di stupefacenti – il dirigente della Squadra Mobile, il commissario capo Francesco Filograno, parla di “zona d’ombra che siamo riusciti ad approfondire”.

La “catena di montaggio”

Per quel “cono”, secondo gli investigatori che hanno indagato da novembre dello scorso anno, passava un traffico di cocaina, destinato ad Aosta e zone limitrofe, tale da fruttare dai 10 ai 15mila euro al mese. La gestione avveniva secondo modalità da “catena di montaggio”: a tirare le fila erano Elton Beleshi (39 anni), ritenuto il promotore del sodalizio con i contatti in grado di far arrivare la “neve” in Valle, e suo cognato Leonard Vishaj (33), considerato il corriere che si occupava mensilmente del “trasporto” dalla Lombardia.

Sono finiti ai “domiciliari”, così come coloro che l’inchiesta – coordinata dal pm Manlio D’Ambrosi – ha individuato occuparsi dello spaccio al dettaglio (in modalità di “brokeraggio”, visto che acquistavano la “roba” dalle figure apicali e rivendevano): Angjelin Lleshi (30), Amarildo Perloshi (34) e Diego Gustavo Corchia (41), unico italiano del “giro”, legato da amicizia ad uno degli altri arrestati. Le ricerche sono in corso per un sesto albanese colpito dalla misura cautelare disposta dal Gip del Tribunale, anch’egli considerato parte del “team” dei pusher.

Illyricum

Il nascondiglio in garage

Le investigazioni prendono il via quando, dopo le ripetute segnalazioni di un ragazzo che armeggiava accanto alla finestra sulla rampa di un garage nel centro di Aosta, gli agenti della Sezione Narcotici “pizzicano” Lleshi. In un pertugio, nel box, trovano 30 grammi di cocaina, già suddivisa in dosi. Viene denunciato e resta a piede libero, così da proseguire le indagini, alla ricerca dell’origine di quella “roba”, soprattutto attraverso lunghi appostamenti e intercettazioni ambientali.

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Quelle parole di troppo…

In una delle conversazioni captate, sulla sua auto (che considerava “sicura”), uno degli arrestati non solo cede una dose alla persona di cui era in compagnia, ma la rassicura sulla possibilità di accaparrarsi una zona di spaccio ad Aosta senza urtare gli altri “soci”, menzionandoli tutti per nome. Non solo, perché – quasi nell’incredulità di chi lo stava registrando – spiega anche che è imminente l’arrivo in Valle di un “carico” di stupefacente.


Le “pietre” nel motore

Viene così seguito Vishaj, che il 7 maggio scorso parte dal capoluogo regionale per Cassano d’Adda (Milano). Si ferma fuori per la notte. Non deve riprendersi dal viaggio, serve a dare il tempo ai fornitori lombardi di smontare la macchina e nascondere, nel vano motore, due “pietre” di cocaina. La Polizia, che lo segue tramite gps, lo ferma e lo arresta così in flagranza di reato. Le “rocce” pesano 110 grammi, ma – una volta tagliate – avrebbero fornito stupefacente da smerciare per almeno mezzo chilo, che la “rete” piazzava ad un prezzo dagli 80 ai 150 euro (“anche a seconda della conoscenza con lo spacciatore”).

 

“Bibite” e “panini” per il festino

Non solo i pusher erano cauti, raggiungendo ogni cliente direttamente, così da trasportare poca cocaina (e invocare il “consumo personale” qualora individuati), ma evitavano anche di usare troppo il telefono per la loro attività. Se avveniva, emerge dalle indagini, era con modalità criptiche, che hanno “stuzzicato la fantasia” dei detectives, ha detto Filograno. Uno dei pusher riceve una richiesta da clienti, in vista di un “festino” in programma ad Aosta e subito si attiva nella rete.

Fa presente la necessità di “bibite con cui rallegrare la serata” e l’altro, annotano gli agenti, gli domanda: “Vuoi i panini del McDonald’s?”. La Polizia, per decifrare con successo il gergo, non ha altra scelta che mettere in campo più pattuglie. Una tiene sott’occhio il fast food, dove però non si presenta nessuno d’interesse investigativo. Nei pressi dell’abitazione dov’era in programma il “festino” (stando agli inquirenti erano attese una decina di persone), invece, arriva uno dei colpiti da misura cautelare che ha con sé 10 grammi di cocaina.

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Clienti “insospettabili”

Quanto al profilo dei consumatori, in Questura sottolineano che non sono emersi episodi di spaccio nei confronti di minorenni. Il cliente tipo viene dipinto come tra i 25 e i 30 anni, con poco (o niente) nella sua vita che lo farebbe immaginare dedito al consumo di droga. L’indagine, ha concluso il commissario Filograno, ha reso “evidente un’altra realtà della Valle d’Aosta”, portando a galla lo scenario della “criminalità albanese”, in grado di poter contare su “una struttura organizzativa più sofisticata”.

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