Dimora in Valle d’Aosta, per la precisione a Quart, una delle diciotto persone arrestate ieri, martedì 28 gennaio, nell’operazione “Garpez” della Guardia di finanza di Milano. Il “blitz” è scattato a seguito delle indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo lombardo, su una frode in cui sarebbero stati sottratti al fisco 34 milioni di euro, attraverso la compravendita di “traffico digitale”.
A. R., 42enne nato a Milano, è accusato dai pm Sara Ombra e Gianluca Prisco di essere tra i promotori e gli organizzatori di un’associazione per delinquere “finalizzata alla commissione di reati di usura, reati tributari e riciclaggio”. L’organizzazione, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare del Gip Livio Cristofano, avrebbe operato con “la predisposizione e la messa in opera di strutture societarie fittizie in Italia e all’estero deputate al riciclaggio e all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, attraverso l’accensione di conti correnti in Italia e all’estero dove far confluire i pagamenti delle false fatture”.
In sostanza, nella ricostruzione degli inquirenti (le “Fiamme Gialle” di Milano e Lecco e dello Scico di Roma), un “tourbillon” di fatture per operazioni inesistenti, dall’importo di 160 milioni di euro, ha attraversato le frontiere, dal 2015 al 2018, di Italia, Svizzera, Croazia ed Albania, per acquisti e cessioni di pacchetti dati (linee internet e fonia voip). Un espediente messo a punto per evadere i versamenti dell’Iva e dell’Ires, che rimanevano a carico di società avviate al fallimento dopo la “girandola” di operazioni.
Imprese – definite in gergo “cartiere” – che in alcuni casi sono risultate intestate a prestanome con precedenti anche per associazione di tipo mafioso e traffico di droga. I pacchetti di dati erano venduti da società del campo delle telecomunicazioni e finivano piazzati a clienti finali, all’oscuro, come le prime, delle violazioni fiscali. A quanto sostiene l’accusa, dell’organizzazione colpita dall’operazione erano parte integrante anche persone contigue alla cosca di ‘ndrangheta dei Morabito-Palamara-Bruzzaniti, dall’infiltrazione antica in Lombardia.
In particolare, per gli inquirenti, R. “sfruttando le proprie capacità e competenze informatiche, ha creato e gestito” il sistema informatico “che consente l’autogenerazione di fittizio traffico telefonico sul server”. Inoltre, ha svolto “mansioni di supervisione e controllo affinché ai flussi finanziari fatturati” corrispondesse “un equivalente quantitativo di volume di traffico telefonico auto-generato sui server”.
Gli arresti sono scattati tra Lombardia Piemonte, Lazio e Calabria. Gli investigatori hanno anche proceduto al sequestro di beni per 34 milioni di euro, pari cioè alle imposte evase. Secondo il Gip, dall’inchiesta è emerso che alcuni indagati hanno mostrato “una inclinazione criminosa e una capacità delinquenziale di assoluto allarme sociale” e “nessun rispetto delle leggi e delle regole di convivenza”.