Inchiesta Casinò: tutte le accuse, gli indagati e i citati a giudizio da Procura e Corte dei Conti

Le indagini penali vedono le accuse di falso in bilancio e truffa ai danni dello Stato ad amministratori, sindaci ed ex assessori regionali del periodo 2012-2015. Sul fronte contabile, il presunto danno erariale da 140 milioni contestato a 22 persone.
Cronaca

Gli avvisi di conclusione indagini firmati dal pubblico ministero Eugenia Menichetti e le citazioni in giudizio del procuratore della Corte dei Conti Roberto Rizzi sono arrivate ai diretti interessati che la mattinata stava iniziando, con molti di loro pronti ad un nuovo giorno di seduta del Consiglio regionale. A consegnarle, ad amministratori regionali del passato ed in carica, nonché ad ex figure di vertice e già sindaci della “Casinò de la Vallée”, gli uomini del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Aosta della Guardia di finanza, che sui conti della Casa da gioco e nelle pieghe della sua gestione hanno frugato per due anni, nell’inchiesta giunta al termine oggi formulando un’ipotesi, di rilevanza sia penale, sia contabile, pesante: la Regione sarebbe stata truffata e depauperata per 140 milioni di euro. Quelli che la Giunta ha erogato, tramite mutui Finaosta ed una ricapitalizzazione (votata anche dal Consiglio), stabiliti da quattro deliberazioni dell’Esecutivo, approvate nell’ordine il 20 luglio 2012, il 20 settembre 2013, il 23 ottobre 2014 e il 10 dicembre 2015.

Procura: falso in bilancio e truffa ai danni dello Stato

Sul fronte della Procura della Repubblica di Aosta, diretta da Paolo Fortuna, le ipotesi di reato sono sostanzialmente due. La prima viene contestata agli amministratori unici (Luca Frigerio e Lorenzo Sommo) ed al collegio sindacale (Laura Filetti, Fabrizio Brunello e Jean-Paul Zanini) succedutisi dal 2012 al 2015 ed è di falso in bilancio e truffa ai danni dello Stato continuati, con danno di rilevante gravità. Ad Augusto Rollandin, Mauro Baccega ed Ego Perron, cioè i tre Assessori regionali al bilancio che si sono susseguiti in piazza Deffeyes nello stesso periodo, tutti con specifica delega al Casinò, il pm Menichetti addebita esclusivamente di aver concorso nel truffare continuativamente lo Stato.

In sostanza, secondo quanto appurato dalle Fiamme gialle comandate dal tenente colonnello Piergiuseppe Cananzi, “l’intera governance della partecipata regionale”, “ritenuta consapevole della disastrosa situazione economico-patrimoniale del Casinò de la Vallée e della assoluta inconsistenza dei piani di sviluppo aziendale”, avrebbe “esposto nei bilanci societari, attraverso studiati artifizi contabili, perdite di esercizio inferiori a quelle reali per decine di milioni di euro”. In questo modo, amministratori unici e sindaci sarebbero riusciti a nascondere “volutamente la condizione economica societaria, fattore che – se correttamente illustrato – non avrebbe mai permesso di assicurarsi i finanziamenti pubblici della società finanziaria regionale deputata alla loro erogazione (Finaosta, ndr.)”.

Le indagini sono arrivate anche ai tre ex assessori al bilancio “in carica nelle date di approvazione delle delibere milionarie”, concludendosi con la convinzione degli inquirenti che fossero “pienamente consapevoli della reale situazione finanziaria della Casa da gioco”. Dagli accertamenti risulterebbe come gli indagati "abbiano raggirato e indotto in errore la stessa Regione – e quindi la collettività – nonché la società finanziaria regionale cui è demandato il servizio di tesoreria, avendo consciamente presentato nella sede deliberativa bilanci di esercizio riportanti perdite dissimulate – quindi falsi – e piani di sviluppo industriale conseguentemente irrealizzabili”.

Corte dei conti: deduzioni inidonee

Per quanto riguarda invece la Procura regionale della Corte dei conti, retta da Roberto Rizzi, le deduzioni presentate dai destinatari dell’invito inviato nel giugno dello scorso anno sono state giudicate inidonee a superare gli addebiti formulati inizialmente. E' stata pertanto disposta la citazione a giudizio, per responsabilità amministrativa, con udienza fissata per il 27 giugno prossimo, per ventuno componenti – in carica e del passato – della Giunta e del Consiglio regionali, nonché il coordinatore del Dipartimento bilancio, finanze, patrimonio e società partecipate Peter Bieler.

A loro, il pubblico ministero contabile addebita, “in via principale a titolo di dolo e, in via gradata a quello di colpa grave”, i fatti emersi dall’indagine della Guardia di finanza. La citazione a giudizio contiene inoltre l’addebito di un presunto danno erariale – ripartito tenendo conto del “peso specifico” di ognuno, sulla base dei ruoli rivestiti e degli atti votati (la delibera di ricapitalizzazione era stata sottoposta anche al Consiglio regionale), nella “causazione delle condotte produttive di nocumento” – quantificato complessivamente nei poco meno di 140 milioni di euro delle erogazioni regionali.

Gli amministratori regionali di oggi ed ex destinatari dell’avviso sono: Mauro Baccega (cui la Procura contabile contesta 7,29 milioni di euro di danno presunto), Luca Bianchi (4,44 milioni), Stefano Borrello (3,33 milioni), Raimondo Davide Donzel (2,85 milioni), Joel Farcoz (4,44 milioni), David Follien (3,33 milioni), Antonio Fosson (7,29 milioni), Giuseppe Isabellon (13,33 milioni), Leonardo La Torre (3,33 milioni), Albert Lanièce (10 milioni), André Lanièce (3,33 milioni), Aurelio Marguerettaz (17,29 milioni), Pierluigi Marquis (4,44 milioni), Ennio Pastoret (10 milioni), Marilena Peaquin (3,33 milioni), Ego Perron (6,19 milioni), Claudio Restano (3,33 milioni), Emily Rini (6,19 milioni), Augusto Rollandin (17,29 milioni), Renzo Testolin (4,44 milioni) e Marco Viérin (4,44 milioni).

Con l’atto di citazione, il procuratore Rizzi evidenzia come “i ripetuti interventi di soccorso finanziario al Casinò, pur se condotti con l’ostentato intento di perseguire finalità pubblicistiche, poiché posti in essere in spregio di ogni regola collocata a presidio di economicità, efficacia ed efficienza dell’utilizzo di risorse finanziarie pubbliche” avrebbero in realtà finito per tradursi “nell’ingiustificata dissipazione di provviste erariali di enorme consistenza”.

La tesi dell’accusa contabile è che tale denaro, “di proprietà della collettività”, sarebbe stato dirottato “in operazioni di salvataggio di una società controllata in perdurante perdita, trascurando i numerosi ed inequivoci segnali che univocamente indicavano la pressoché certa evaporazione delle nuove risorse somministrate”, nell’obiettivo di “prolungare, in modo artificiale, la continuità aziendale di un soggetto imprenditoriale che non presentava prospettive di risanamento realmente credibili”.

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