Tramite il suo legale, ha presentato richiesta di riesame del provvedimento di sequestro dei cancelli della sua abitazione. E’ giunta negli scorsi giorni la reazione di Fabrizio Fournier, 54 anni, proprietario dell’immobile di Saint-Vincent con gli ingressi esterni in metallo sui quali sono raffigurati, secondo la Procura, l’aquila nazista e i triangoli usati per “classificare” i prigionieri dei campi di concentramento del Terzo Reich.
I giudici del Tribunale non si sono ancora riuniti per decidere sull’istanza. L’uomo della cittadina termale è indagato per propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa. Per il pm Francesco Pizzato, titolare del fascicolo, è l’esposizione dei simboli sulla pubblica via a configurare il reato contestato. La Digos della Questura di Aosta ha eseguito, lo scorso 4 gennaio, il decreto di sequestro.
Oltre ad apporre i sigilli sui cancelli, gli agenti hanno prelevato a Fournier un telefono cellulare e altri supporti informatici. Inoltre, nell’androne delle scale dell’edificio in via IV Novembre, è stata trovata in rilievo sul soffitto una svastica nazista. Era stata coperta con un telo, così come sui triangoli a fianco dell’aquila risultavano essere state apposte delle placche, probabilmente dopo aver avuto sentore delle indagini avviate dagli inquirenti.
Il clamore suscitato dalla vicenda ha scaturito anche una querela da parte della comunità ebraica di Torino. Al sorgere del caso, Fournier aveva parlato ai media di “simbologie esoteriche”. Sul piano storico, l’aquila è stata un simbolo cui il Terzo Reich ha ampiamente attinto: appariva sia nel suo stemma, sia nell’emblema del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (fondato nel 1920 e che, dal 1921 al 1945 ebbe Adolf Hitler come leader). Inoltre, in varie stilizzazioni, compare nel periodo del regime sui simboli della Luftwaffe (l’aviazione), della Marina, della Polizia e sulle bandiere che identificavano le auto del partito.
Quanto al sistema di classificazione dei prigionieri, è del 1940 la tabella, inviata ai comandanti dei Lager, che riepiloga il significato dei triangoli (anche se a seconda dei luoghi di detenzione, questo poteva variare), normalmente legato ai motivi dell’arresto e dell’internamento. I simboli erano in stoffa, applicati sulla divisa a strisce, all’altezza del petto, o sulla coscia destra. Il più noto, sia semplice, sia tramite una doppia sovrapposizione (a formare la Stella di David), era giallo ed indicava gli ebrei.
Il rosso, secondo la tabella, era per i prigionieri politici, il marrone per gli zingari, il nero per gli associali (tra i quali, per la Gestapo, si annoveravano i vagabondi, gli etilisti, i malati di mente e le prostitute), il viola per i testimoni di Geova, il rosa per gli omossessuali, il blu per gli emigrati e il verde per i delinquenti comuni. I simboli potevano essere anche combinati tra loro, nel caso dell’appartenenza del prigioniero a più “categorie”, in una policromia dell’orrore costata – a seguito dell’“arianizzazione” promossa dal regime tra il 1933 e il 1945 – tra i 15 e i 17 milioni di vite.