E’ stata dedicata alla scelta dei riti, da parte degli imputati, la prima udienza del giudizio “bis” a carico dello psichiatra Marco Bonetti, iniziato oggi, giovedì 22 febbraio, al Tribunale di Aosta. Il medico, arrestato dalla Guardia di finanza il 28 marzo 2017, due mesi dopo essere andato in pensione dall’Usl, è accusato di un nuovo caso di violenza sessuale su una donna in cura e – in concorso con altre cinque persone rivoltesi a lui – di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale e falsa attestazione o certificazione, nel rilascio di documentazione sanitaria ritenuta mendace.
Cinque imputati, tra i quali lo stesso Bonetti, hanno optato per il rito abbreviato. Un sesto, che era assente, non ha ancora provveduto a scegliere. Nell’udienza di stamane, l’Unità Sanitaria della Valle d’Aosta si è costituita parte civile nei confronti dell’ex dipendente (era il “numero 2” del reparto di psichiatria), rappresentata dall’avvocato Corrado Bellora. Il Giudice per l’Udienza Preliminare ha quindi rinviato il processo al prossimo 11 aprile, per la discussione. Il giorno dopo dovrebbe giungere a sentenza anche il procedimento scaturito dal primo filone d’inchiesta delle Fiamme gialle sul medico, in corso dinanzi al Gup Eugenio Gramola con accuse simili, per cui la Procura aveva chiesto il giudizio immediato di Bonetti ed alcuni suoi pazienti (due dei quali, nel mentre, già giudicati e condannati con rito ordinario).
Gli episodi contestati nel giudizio “bis” sono emersi dall’attività investigativa svolta dai finanzieri del Gruppo Aosta, comandato dal tenente colonnello Francesco Caracciolo, sviluppando evidenze raccolte inizialmente e riguardano il presunto abuso di una donna in cura dal medico da anni, indotta secondo gli inquirenti, in tre occasioni tra la fine di ottobre e l’inizio di dicembre 2016, a “compiere atti sessuali” consistiti in “ripetuti baci sulle labbra ed altre effusioni”, “numerose carezze in ogni parte del corpo” e “toccamenti”.
Inoltre, assieme a Bonetti sono imputati cinque uomini, residenti tra la “plaine” e la media valle, tutti in servizio, all’epoca dei fatti loro addebitati, in seno alla Polizia penitenziaria. Costoro, stando alle indagini, avrebbero istigato, o determinato, lo psichiatra ad emettere delle certificazioni mediche ritenute false. La Procura (titolare del fascicolo è il pm Luca Ceccanti) si è in particolare concentrata su tredici attestazioni, rilasciate tra l’agosto 2015 e il novembre 2016, riguardanti sia “stati patologici insussistenti”, sia l’assunzione di terapie farmacologiche a base di psicofarmaci, antidepressivi e ansiolitici, “in realtà non seguite dai pazienti”. Come nel processo principale, il medico aostano è assistito dagli avvocati Massimo Balì e Jacques Fosson.