Giugno 1977, Torino. Metti un giorno a pranzo al quartier generale della Fiat. Attorno al tavolo siedono, tra gli altri, il senatore Umberto Agnelli, vice-presidente del gruppo automobilistico, Cesare Romiti, direttore generale dell’azienda, e il console degli Stati Uniti nel capoluogo piemontese, Roderick M. Wright. Di cosa avranno mai parlato? Di svariati argomenti, perché erano anni in cui gli interessi industriali e quelli statunitensi solcavano mille rotte alla ricerca di percorsi comuni, ma ad un certo punto la discussione si sposta sulla Valle d’Aosta e sul suo “asset” per eccellenza: l’acciaieria “Cogne”.
Quell’incontro giunge fino ai nostri giorni perché il diplomatico ne riferisce dettagliatamente in un dispaccio inviato al Segretario di Stato americano, al tempo il democratico Cyrus Roberts Vance. Il messaggio, spedito dall’Italia a Washington il 23 giugno e originariamente classificato come “confidenziale”, è stato de-secretato nel 2009 e fa parte dei milioni di cablogrammi riversati in Internet dal sito “Wikileaks”, creato da Julian Assange, segnatamente nella serie “Carter cables”, con evidente riferimento all’allora presidente Jimmy.
“Cogne” e politica valdostana
A tavola, oltre ai due uomini chiave Fiat, ci sono anche Luca di Montezemolo, allora ventinovenne direttore delle pubbliche relazioni del gruppo torinese, e i top manager di alcuni rami aziendali: camion Iveco (Bruno Beccaria), ricambi (Franco De Benedetti, che il console sottolinea essere “fratello di Carlo”) e acciai speciali (Ferdinando Pallazo). Proprio a quest’ultimo – tra una considerazione sulla necessità di spingere il governo democristiano a prese di posizione sempre più manifeste contro il Partito Comunista Italiano e la preoccupazione di alcuni commensali per la politica energetica americana – tocca una domanda del console Wright sulla situazione della fabbrica che, con le sue diverse migliaia di dipendenti, rappresentava “la maggior fonte di occupazione della regione di Aosta”.
L’ingegnere risponde manifestando soddisfazione per il passaggio dello stabilimento dalle mani dell’Ente gestione attività minerarie a quelle dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale. Nella visione del manager, secondo l’annotazione del diplomatico, l’I.R.I sarebbe infatti stato in grado di “ripulire” il management della “tribolata” fabbrica, oltre ad agire da “ponte” per un eventuale ingresso della stessa nella galassia Fiat. Il console Wright è tuttavia diligente nel segnalare che questo commento è probabilmente sfuggito al dirigente, “giacché appena lo ha sentito, Romiti è intervenuto immediatamente enfatizzando i rischi a cui Fiat andrebbe incontro prendendo il controllo della ‘Cogne’”.
La conversazione sull’acciaieria aostana però continua e si focalizza su un uomo politico. “Seguono diversi commenti, tutti negativi, – appunta il funzionario statunitense – su Bruno Milanesio (PSI), assessore regionale alla ribalta delle cronache per le imputazioni riguardanti varie malefatte”. Le acque agitate in cui navigava il responsabile dell’assessorato al Turismo nella dodicesima giunta regionale (tanto che si sarebbe dimesso poco dopo, a settembre) non sorprendono tuttavia i rappresentanti della Fiat, “che avevano intuito lo scandalo tre mesi fa, – scrive ancora il console Wright – quando Milanesio era stato proposto per il nuovo vertice dello stabilimento ‘Cogne’, in un’operazione però non andata a buon fine a causa dei suoi ‘precedenti’, risalenti al 1973”.
Le Président negli States
Milanesio non è l’unico politico valdostano dell’epoca ad apparire nei “Carter cables”. Pochi mesi dopo, nell’ottobre 1977, Wright scrive nuovamente a Washington. Reso disponibile in rete nell’aprile 2014, il dispaccio non viene classificato. In esso, si annuncia alla Segreteria di Stato l’arrivo, “all’areoporto Kennedy di New York, con il volo Alitalia AZ602, il 7 ottobre”, del “sig. Mario Andrione (Union Valdôtaine), presidente del governo regionale della Valle d’Aosta”. Il diplomatico spiega che lo staff del Presidente ha contattato il Consolato, sottolineando che si trattava della “prima visita negli U.S.A. e che sarebbe stata gradita ogni agevolazione possibile nell’ingresso”. Wright conclude chiedendo assistenza, al riguardo, alla Segreteria, perché “Andrione ci è stato utile e d’aiuto in passato”.
Terrorismo? Non in Valle d’Aosta
Il 2 dicembre 1977, il console avverte l’ambasciata americana a Roma della “situazione della pubblica sicurezza a Torino, deterioratasi negli ultimi dodici mesi, con l’incremento di crimini sia di matrice politica, che non”. A rendere il clima ancora più teso ha contribuito l’attentato al giornalista e scrittore Carlo Casalegno, “che ha fatto scattare una massiccia campagna anti-terrorismo in Piemonte, con rinforzi alle forze dell’ordine, giunti anche dall’esterno della regione”. Secondo un paragrafo del dispaccio, “guardando al Piemonte e ad Aosta come ad un ‘tutt’uno’, l’attenzione dei terroristi sembra concentrarsi principalmente su Torino”. Inoltre, il “terrorismo politico pare quasi inesistente in luoghi come Cuneo, Ivrea, Vercelli, Aosta, ecc… e i livelli dei reati ‘consueti’ non sono saliti così rapidamente” come nel capoluogo piemontese.
L’incidente aereo
La Valle è poi al centro di altri tre dispacci dell’amministrazione Carter, pubblicati da “Wikileaks” nel maggio 2015, anche se maggiormente legati agli “affari correnti” di una sede diplomatica. Il 13 marzo 1978, un aliante decollato dall’aeroporto “Gex” precipita sulle pendici della Becca di Viou, nel vallone del Gran San Bernardo, probabilmente sorpreso da una corrente discendente. A dispetto di quanto appare inizialmente all’elicottero della Scuola Militare Alpina che sorvola la zona, il pilota perde la vita nello schianto, poco sopra l’abitato di Blavy. Ai comandi del velivolo vi era un trentacinquenne americano, John Norris, residente ad Amburgo, in Germania. Al console Wright tocca il delicato compito di informare dell’incidente la famiglia del giovane. Nel messaggio, spiega di aver contattato il comandante del Gruppo Carabinieri Aosta a proposito “dell’avvenuto recupero dei resti del corpo” (reso problematico dal maltempo) e “dell’incarico di un’agenzia di pompe funebri per il trasferimento e il funerale della salma nell’Indiana”. Non mancano le condoglianze del diplomatico ai genitori del pilota scomparso.
Gatti delle nevi? No, qui non se ne venderebbero
L’ultimo “Carter cable” in cui si rinvengono tracce significative della nostra regione è del 20 dicembre 1978. Il Consolato di Torino informa altri uffici diplomatici europei e la Segreteria di Washington, di aver condotto “in collaborazione con funzionari dei governi regionali di Piemonte e Valle d’Aosta, verifiche sulla legislazione riguardante l’uso di gatti delle nevi per finalità di trasporto e legate al tempo libero”. L’indagine era stata sollecitata, verosimilmente, per sondare esistenza e consistenza di un mercato di quei veicoli, sul quale un imprenditore americano era intenzionato ad inserirsi. Il console Wright scrive che “non sussistono limitazioni a livello regionale”, ma osserva immediatamente dopo che “la natura montuosa del terreno non favorisce il ricorso su vasta scala ai gatti delle nevi”, anche perché – relativamente alle missioni di soccorso in montagna – il “Club Alpino Italiano ha informato di utilizzare solo pattuglie con sci, slitte, o su elicotteri”. La prospettiva, per l’imprenditore a stelle e strisce, non sembra promettente, tenuto pure conto della “concorrenza rappresentata dai produttori della Germania Ovest ed austriaci, solidamente stabiliti in Italia”. Pertanto, se proprio “Mr. Doyle (questa la probabile identità dell’interessato, ndr) insistesse nel voler visitare questa zona, gli suggeriamo anzitutto di contattare alcune società di gestione di comprensori sciistici”. L’elenco include le “Sciovie Cretaz s.a.s.” per il Breuil, nonché le “Funivie Val Veny S.p.A” e la “Pila S.p.A”. Dopodiché, buona fortuna. Anzi, good luck!