Il Gup Davide Paladino ha letto, da pochi minuti, la sentenza con cui ha assolto Augusto Rollandin dall’accusa di abuso d’ufficio continuato, per le lettere di patronage inviate a tre banche creditrici del Casinò nel 2014. Come nei precedenti giudizi che lo hanno riguardato, l’ex presidente della Regione non era in aula al momento del verdetto. Il suo avvocato, il torinese Giorgio Piazzese, lo avvisa telefonicamente dell’esito, poi si dedica ai cronisti: subito si dice “molto soddisfatto”, quindi saluta l’esito con una battuta: “la fretta è una cattiva consigliera”.
In che senso, avvocato?
“Tutti gli elementi erano nel fascicolo del pubblico ministero. Bastava guardarli per capire che il fatto non sussiste. Queste lettere non hanno mai trasferito il rischio di finanziamento delle banche alla Regione. Un rischio che è rimasto a carico delle banche. Non sono delle garanzie. Poi, leggeremo le motivazioni e capiremo di più”.
Tutti gli elementi? A cosa si riferisce esattamente?
“Ci sono lettere, inviate dalla Bccv al Casinò, con in copia il direttore della banca, nelle quali si legge: ‘aspettiamo di ricevere la lettera non impegnativa per la Regione’. C’è un parere, agli atti, dell’ufficio legale della Federazione delle Banche di Credito Cooperativo che dice che quelle lettere non sono impegnative, sono delle lettere di patronage deboli. Allora, dov’è la prova?”.
Quindi, secondo lei, a Casinò e agli istituti di credito era chiaro che non si trattasse di atti di garanzia?
“Esiste anche una lettera dal Casinò alla Regione, nella quale si dice ‘trasmettiamo all’attenzione del Presidente la lettera non impegnativa per la Regione’. Allora tutti sapevano che non era impegnativa: lo sapeva la Casa da gioco, lo sapevano le banche, lo sapeva la Regione. Inoltre, una circolare della Banca d’Italia dice: dovete trattare come garanzie le lettere di patronage forti, non quelle deboli, che sono solo una sorta di ‘moral suasion’”.
Di fronte a un panorama del genere, di fronte alla richiesta di giudizio immediato da parte della Procura, perché non ha scelto subito il rito abbreviato? Non sarebbe stato meglio “bloccare” rapidamente la decisione ai soli contenuti del fascicolo?
“Ho detto al giudice: non sono in grado di decidere a norma di legge, perché non sono stati depositati tutti gli atti. Gli atti sono stati depositati in un secondo momento e io ho scelto l’abbreviato in tre settimane, anziché in quindici giorni. C’era uno scatolone di documenti che non è stato depositato e, guarda caso, conteneva i documenti che ho appena detto”.
Come in un secondo momento, avvocato Piazzese?
“Pur di concludere l’indagine in novanta giorni, nessuno si è confrontato con il materiale che è stato acquisito. Questo scatolone chiuso è rimasto in via Clavalité, dalla Guardia di finanza, finché io ho detto ‘mandatelo al Tribunale’. Lo hanno mandato, lo ho fatto aprire e ho detto: ‘toh, guarda…’. Nessuna indagine difensiva, da parte nostra, ma legittima attività di studio degli atti della Procura. Del fascicolo integrale. Non la parte che è stata mandata al giudice per decidere, o no, se concedere il giudizio immediato”.