I difensori di Camillo Lale Demoz, l’impresario agli arresti domiciliari per l’aggressione al macellaio Olindo Ferré, stanno valutando eventuali riti alternativi, come l’abbreviato, a seguito della richiesta della Procura di giudizio immediato per il loro assistito. Il 75enne di Quart è chiamato a rispondere dal pm Eugenia Menichetti di tentato omicidio e l’udienza è stata fissata dal Gip del Tribunale per il prossimo 2 ottobre.
Ferré è l’unico imputato per i fatti in cui il 68enne di Charvensod, il 1° ottobre 2018, rimase gravemente ferito (non ha mai ripreso una vita normale). Il 118 lo soccorse in un capannone di Quart, di proprietà dell’arrestato. Il giudizio immediato è percorso processuale che prevede, tra gli altri, i requisiti di una misura cautelare di custodia (in essere, per Lale Demoz, dallo scorso 11 gennaio), o l’evidenza della prova.
Su questo secondo aspetto, la Procura richiese con incidente probatorio una perizia, affidata al medico-legale Roberto Testi, dalla quale emerse che i colpi inferti nell’ambito dell’aggressione erano idonei ad uccidere (confermando l’ipotesi di reato iniziale). Secondo le indagini della Squadra Mobile, l’aggressione arrivò al culmine di una lite tra l’impresario e il macellaio, attribuita a cause ignote, ma “verosimilmente riconducibili allo stato di ebbrezza”.
Ferré era andato a Quart per trattare l’acquisto di bestiame. Si era spostato, durante la giornata, a Seran, dove si trova il capannone, con l’impresario, assistito dagli avvocati Viviane Bellot e Antonio Rossomando. Dai rilievi della Scientifica, era emerso che al profilo genetico di Lale Demoz corrispondessero le chiazze di sangue sull’“estremità superiore del manico” della zappa, usata per colpire.