Macellaio aggredito, Lale Demoz a giudizio con l’abbreviato

La difesa del 75enne di Quart ha condizionato la richiesta all’audizione di un consulente di parte. Il pm Menichetti ottiene la “prova contraria”: sarà sentito anche il biologo che ha collaborato con la Procura.
Tribunale - Uscita Camillo Lale Demoz
Cronaca

Partirà dai consulenti il processo nei confronti di Camillo Lale Demoz, l’impresario 75enne accusato del tentato omicidio di Olindo Ferré, macellaio di Charvensod trovato gravemente ferito in un capannone a Séran di Quart il 1° ottobre 2018. All’udienza di stamane, il Gup Davide Paladino ha ammesso l’imputato al rito abbreviato, chiesto dai suoi difensori (gli avvocati Viviane Bellot e Antonio Rossomando) dopo che la Procura aveva avanzato istanza di giudizio immediato.

I legali hanno condizionato la loro richiesta a sentire in aula un consulente tecnico di parte, il genetista torinese Marzio Capra. Il pm Eugenia Menichetti, per parte sua, ha sollecitato ed ottenuto la “prova contraria”, vale a dire la deposizione del consulente della Procura, il biologo Paolo Garofano. L’esame dei due specialisti riguarderà gli accertamenti rispettivamente condotti sulle tracce ematiche presenti sugli indumenti e sulla zappa sequestrati durante le indagini.

L’udienza è stata quindi aggiornata al prossimo 3 dicembre. Lale Demoz si trova agli arresti domiciliari dallo scorso 11 gennaio. Il capannone in cui il macellaio 68enne venne trovato in condizioni disperate (tanto da non aver mai ripreso una vita normale) è di proprietà dell’imputato. Secondo l’attività investigativa della Squadra mobile, l’aggressione arrivò al culmine di una lite tra i due, attribuita a cause ignote, ma “verosimilmente riconducibili allo stato di ebrezza”.

Gli inquirenti ricostruirono che Ferré era andato a Quart per trattare l’acquisto di bestiame con un allevatore. Durante la giornata, si era poi spostato nella struttura di Séran con l’impresario. Dai rilievi della Polizia Scientifica, era emerso come al profilo genetico di Lale Demoz corrispondessero le chiazze di sangue sull’“estremità superiore del manico” della zappa trovata nel capannone e ritenuta essere stata usata per colpire.

La Procura, nel corso delle indagini, aveva anche richiesto un incidente probatorio dal quale – a seguito di una perizia affidata al medico-legale Roberto Testi – era scaturito che i colpi inferti (“con estrema violenza”, si legge nell’ordinanza di arresto) erano idonei ad uccidere. L’esito aveva portato il pubblico ministero a confermare l’imputazione iniziale. Quindi, la richiesta di immediato e la scelta di rito alternativo accolta oggi dal giudice.

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