“Mi ha picchiato mentre ero incinta”. 43enne condannato a un anno e 4 mesi

La compagna lo aveva denunciato per le percosse subite nell'arco di 2 anni. La difesa dell'imputato, Santo Rio, 43 anni di Aosta, ha sostenuto la pretestuosità dell'accusa, scattata 2 anni dopo la fine della convivenza. Per il giudice è colpevole.
Cronaca

Un anno e quattro mesi di reclusione. E’ la condanna inflitta stamattina dal giudice monocratico del Tribunale di Aosta, Marco Tornatore, a Santo Rio , 43 anni di Aosta. L’uomo era imputato di maltrattamenti contro la ex compagna, che lo aveva denunciato per le percosse subite nell’arco di due anni, anche durante la gravidanza. La pena sarà sospesa se Rio verserà, entro tre mesi, un risarcimento di cinquemila Euro alla donna.

In aula, l’ex convivente, costituitasi parte civile e assistita dall’avvocato Marisella Chevallard, ha raccontato di essere stata, tra il 2011 e il 2012, aggredita più volte dall’uomo. "Schiaffi e spintoni, – ha detto – anche quando ero incinta, persino sulla pancia. Voleva che abortissi". Secondo la donna, ad aggravare la situazione c’era anche il vizio del gioco, perché Rio, malgrado guadagnasse "duemila Euro al mese, si giocava quasi tutto alle macchinette e lo stipendio bastava solo per l’inizio del mese".

Accuse confermate dalla madre della vittima, durante la sua deposizione in aula: "Davanti a me l’ha picchiata una ventina di volte. Lo faceva per i soldi. Le tirava i capelli, dandole pugni e calci, anche mentre era incinta. Glielo diceva chiaramente: ‘ti faccio abortire’".

Nonostante gli episodi denunciati, la donna inizialmente resta nella casa occupata assieme all’imputato. Un primo periodo di separazione li allontana da febbraio a luglio 2011. Poi, un nuovo tentativo di far funzionare il rapporto e, infine, l’addio definitivo, nel settembre 2012. La denuncia per la vicenda scatta da parte della ex compagna due anni dopo, circostanza sulla quale la difesa dell’imputato ha puntato molto.

"La tesi della donna – ha sottolineato l’avvocato Kira Vittone, del foro di Torino – è di ‘aver resistito perché innamorata’. Va bene, perché allora la denuncia non è arrivata quando la relazione si è chiusa, ma ben ventiquattro mesi dopo l’abbandono della casa in cui viveva con lui?". Un’argomentazione cui la vittima ha replicato: "perché continuava a minacciarmi, sia verbalmente, sia via Internet".

Nella sua requisitoria, il pubblico ministero Luca Ceccanti ha chiesto per Rio un anno e quattro mesi di condanna, giacché "il numero di episodi e la loro natura consentono di ravvisare il delitto". L’avvocato di parte civile Chevallard, per parte sua, ha parlato di "eccessi insostenibili in una società civile. Sono questioni che non dobbiamo mai più trovarci ad affrontare".

Chiudendo la discussione in aula, la difesa si è quindi soffermata sul concetto, come definito dalla Corte di Cassazione, di maltrattamenti. "Il regime di vita – ha spiegato l’avvocato Vittone – dev’essere vessatorio e insostenibile. Lei, però, va via di casa ben due anni dopo l’inizio degli episodi denunciati. Come mai non si è recata prima in Pronto Soccorso, o a fare denuncia? Chiedo l’assoluzione per il mio assistito". Tesi cui il giudice Tornatore non ha però dato credito, sentenziando per la colpevolezza dell’imputato, in linea con la richiesta dell’accusa.

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