Dopo lo slittamento dello scorso marzo, si è tenuta oggi, giovedì 19 maggio, l’udienza, dinanzi alla Sezione giurisdizionale per la Valle d’Aosta della Corte dei Conti, nei confronti dell’ex presidente della Regione Antonio Fosson e del già assessore alla Sanità Mauro Baccega, ancora oggi in Consiglio Valle (solo il secondo era in aula stamane). La Procura regionale contabile li ha convenuti in giudizio, contestando loro un danno erariale da appena meno di 122mila euro per una presunta condotta omissiva nel contenzioso innescatosi sulla nomina di Igor Rubbo a direttore generale dell’Usl della Valle d’Aosta.
La Procura: “Rubbo rivendicava un suo diritto”
Nel ribadire la richiesta di condanna, il procuratore Giuseppe De Rosa ha sottolineato “un aspetto rimasto ai margini del contraddittorio scritto” tra le parti. In sostanza, si contesta ai due politici “di non aver portato” una delibera “sulla situazione del Rubbo”, che “non stava lì ad aspettare concessioni”, ma “non faceva che rivendicare un suo diritto”. Per il rappresentante dell’accusa, sulla questione “si è deciso di non decidere. Questo è il problema” e l’“aspetto che è venuto a mancare è stato l’interesse patrimoniale dell’amministrazione regionale. E’ venuto del tutto a mancare”.
La ricostruzione della vicenda
La vicenda ha uno sviluppo complesso ed ha inizio nel maggio 2017, quando la Giunta allora guidata da Pierluigi Marquis decreta la salita, sul gradino manageriale più alto della sanità valdostana, di Rubbo, dirigente regionale di primo piano, all’epoca in servizio proprio all’assessorato alla Sanità. La designazione si attira le ire di uno degli altri inseriti nell’elenco degli idonei, che fa ricorso al Tar. La giustizia amministrativa gli dà ragione (in parte) e, nel febbraio 2018, annulla la nomina.
Capitolato Rubbo, per effetto della sentenza, le redini dell’azienda sanitaria passano prima al direttore pro-tempore Pierluigi Nebiolo e in seguito al commissario straordinario Angelo Pescarmona. Piazza Deffeyes però è perplessa su ciò che ha letto nella sentenza del Tribunale amministrativo e, nell’aprile 2018, la impugna dinanzi al Consiglio di Stato. Vedrà riconosciute le sue ragioni nel gennaio 2019 (per quanto con una pronuncia sul “rito” e non nel merito), ma la decisione complica il rebus con cui la Giunta regionale si trova a fare i conti (nel mentre, tra ribaltoni e controribaltoni, si è insediato il governo Fosson).
Mutano le procedure di nomina
Rubbo, intanto, è diventato Capo del personale della Regione. La revoca della sua nomina all’Usl è annullata e ciò significa che avrebbe diritto ad occupare il posto di direttore generale dell’azienda sanitaria dal quale era stato spinto via dal primo ricorso. Nel tempo, però, le procedure di nomina sono mutate (da un elenco di candidati idonei formato su base regionale si è passati ad uno nazionale) e, sulla base della nuova normativa, per l’esecutivo Rubbo non è più un’opzione, giacché non possiede più i requisiti per rivestire quell’incarico.
La Giunta regionale, tuttavia, non assume determinazioni in merito (sono mesi di convulsioni politiche) e il tempo passa. Vista l’inazione nei suoi confronti è lo stesso dirigente a rivolgersi al Consiglio di Stato, chiedendo l’esecuzione della sentenza che lo riguarda. Il verdetto arriva nel giugno 2020: Rubbo doveva essere reintegrato all’Usl, ma vista la sopravvenuta conclusione del mandato triennale cui era stato nominato, ha diritto ad un risarcimento economico.
I giudici si fanno anche scrupolo di indicare anche la misura dello stesso: è dato dalla “differenza tra il trattamento economico previsto per il direttore generale dell’azienda” sanitaria “e quello effettivamente goduto” come “coordinatore della Direzione personale”, a cui aggiungere gli oneri previdenziali.
La delibera mai adottata
Proprio in quest’ultimo scorcio dello scenario risiede l’ipotesi di danno erariale vista dalla Corte dei conti: parte del risarcimento ottenuto da Rubbo (dal febbraio 2019 al 2020) sarebbe, per la Procura contabile, conseguenza della mancata assunzione di decisioni sul caso, da parte dell’Esecutivo. Anche perché, a quanto era emerso al tempo, gli uffici regionali avevano predisposto una delibera di Giunta, mirata a coniugare la pronuncia del Consiglio di Stato con la sopraggiunta impossibilità di “restituire” il posto all’Usl, per la variazione dei requisiti richiesti. Quell’atto, tuttavia, non è mai stato adottato, dopo una discussione in seduta (seguita dal suo rinvio).
Lo stesso Consiglio di Stato, nel pronunciarsi sulla richiesta di esecuzione avanzata da Rubbo aveva qualificato come contraddittoria l’attitudine della Regione “perché ha dapprima appellato la sentenza del TAR sostenendo la piena legittimità della nomina del dott. Rubbo e poi, dopo aver ottenuto una decisione ad essa favorevole, ha omesso di adottare le determinazioni conseguenziali, adducendo dubbi sulla legittimità del proprio operato (che aveva in precedenza difeso in sede giurisdizionale) senza però adottare alcuna determinazione né nell’uno, né nell’altro senso”.
Le tesi difensive…
L’avvocato Giovanni Maria Saracco, difensore di Baccega, si è chiesto – nel discutere la posizione del suo cliente: “Cosa poteva fare l’assessore, se le strutture, una settimana dopo il ritiro della proposta di delibera di Giunta, hanno comunicato che stavano valutando l’adozione atti in autotutela? Dove inizia e dove finisce il potere/dovere dell’assessore? Se c’è un addebito che può essere mosso è che gli esponenti politici erano inevitabilmente soli e senza potere di sorta in una situazione giuridicamente cosi’ complessa”.
Sulla stessa lunghezza d’onda, il legale Massimiliano Sciulli, per la difesa Fosson, che ha ricostruito come – con la richiesta di un parere esterno, oltre a quello all’avvocatura dell’ente – “la Regione non si è affidata al primo azzeccagarbugli trovato per strada. E’ andata da un luminare, per chiedergli la strada migliore. E’ stata .‘chiediamo chiarimenti al Consiglio di Stato’. Mi chiedo cosa potesse fare il Presidente della Giunta. Doveva dire ‘ve lo spiego io, chirurgo, come interpretare il Codice del diritto amministrativo?”.
…e la replica del Procuratore
Parole cui il procuratore De Rosa ha replicato ricordando che “gli errori non si elidono. Gli errori si sommano. Avrebbe potuto immediatamente porre, l’amministrazione, un problema di ottemperanza. Non è stato fatto. Non si è detto ‘Questo Rubbo non lo vogliamo’ chiaramente: magari oggi saremmo qui, ma a parlare di una fattispecie diversa. Qui non c’era nessun interesse a discutere di questa cosa”. Chiusa l’udienza, la sentenza verrà depositata prossimamente.
Una risposta
Vorrei precisare che Rubbo non era più nominabile perchè si sarebbe commesso un altro illecito in quanto all’epoca non era iscritto all’elenco Nazionale degli aventi diritto a ricoprire il ruolo di Direttore Generale, come previsto dal Decreto Legislativo 171/2016.
Se la Giunta Fosson lo avesse nominato avrebbe commesso un ulteriore illecito. Quindi non agli occhi dell’esecutivo, ma per effetto della norma esistente.