Operazione malAosta, si aggrava la posizione di D’Agostino e Battaglia
Si aggrava la posizione dei due principali indagati nell’operazione malAosta di Procura e Guardia di finanza, su spaccio ed episodi estorsivi al quartiere Cogne. Il 54enne Raffaele D’Agostino, e la donna indicata dagli inquirenti come la sua amante, la 44enne Caterina Battaglia, già in carcere dopo essere stati trovati in possesso di circa un etto di cocaina nella notte tra il 12 e il 13 giugno scorsi, sono stati raggiunti da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere richiesta dal pm Luca Ceccanti, titolare delle indagini, e accordata dal Gip del Tribunale Giuseppe Colazingari.
Proprio il nuovo atto mette in evidenza alcuni retroscena della notte del fermo, che gli inquirenti ritengono indicativi del rischio di inquinamento delle prove, da parte dei due. In particolare, poco prima che i finanzieri, aiutati dal fiuto di un cane antidroga, individuassero una “pietra” di cocaina nascosta sotto il copricapo da Carabiniere appartenuto al padre di Battaglia (in congedo da anni) in un garage nella disponibilità della coppia, la donna contatta la figlia e le intima “prendi i cappelli del nonno e portali via”, seguito da “tutte quelle palline buttale nel cesso, spaccale, tagliale con la forbice e buttale nel cesso”.
Anche D’Agostino, negli stessi istanti, chiama la moglie (che in un’intercettazione agli atti lo confronta sul rapporto con Battaglia, chiedendogli se la donna volesse “fare Donna Imma”, in uno dei diversi riferimenti riscontrati indagando con la serie tv “Gomorra”) e le dice “butta via tutto quanto”. Le Fiamme gialle ascoltavano i telefoni di tutti da tempo e microfoni erano anche nell’abitazione usata, secondo l’inchiesta, dalla coppia per tagliare lo stupefacente (di cui si approvvigionavano in Campania) e confezionare le dosi da smerciare. Al riguardo, l’ordinanza notificata ieri ai due detenuti (reclusi nei carceri di Brissogne e di Vercelli), contesta alcuni nuovi episodi di cessione di stupefacenti emersi nel frattempo.
Inoltre, vengono mosse le accuse di porto e detenzione di due pistole, nonché l’estorsione ai danni di un venditore ambulante di frutta e verdura, costretto – stando a quanto appurato dagli uomini del Gruppo Aosta – a spostarsi da dove si era piazzato, per cedere il posto ad un “protetto” dal duo. Il “racket dei camioncini” rappresentava, per finanza e Procura, una ramificazione del business criminale gestito dai due, tale da sorprendere gli inquirenti all’indomani del “blitz”, anche per la disponibilità e la disinvoltura nel disporre di armi e per le condotte violente. Nella notte successiva all’arresto di Battaglia e D’Agostino vennero fermate altre cinque persone, sospettate di aver collaborato con loro nello spaccio e in altri delitti. Un fermo non era stato convalidato dal Gip, che ora interrogherà nuovamente la coppia sulle contestazioni della nuova misura, ma tutti gli altri si trovano ancora in stato di arresto.