I grandi eventi, calamitosi o meno, sono sempre fatti dalle storie individuali di chi li ha vissuti in prima persona. Questo ci aiuta a capirli, a renderli più umani e a fare in modo che rimangano impressi nella memoria collettiva. E la storia di quella che ormai è stata catalogata come l’alluvione di Cogne è anche fatta dalle storie di persone come Olivier e Stefano che, da subito, si sono accorti della situazione di emergenza, mettendo a disposizione la loro professionalità con coraggio e abilità.
Olivier Charrance e Stefano Dayné sono operai della Besenval S.r.l., ditta di Sarre specializzata nelle medie e piccole realizzazioni, costruzioni edilizie, stradali e idrauliche, e sono stati tra i primi a Cogne a capire la gravità della situazione tra sabato 29 e domenica 30 giugno e a intervenire senza pensarci due volte. Il loro intervento nella zona della Valnontey ha evitato un aggravarsi della situazione già precaria dei detriti che si erano ammassati a ridosso della struttura, portati a valle a causa della forte corrente del torrente.
Il primo a intervenire è stato Stefano Dayné, di Épinel, che ha raggiunto la Valnontey alle 19.30 di sabato 29 per “spostare uno scavatore della ditta per cui lavoro. Ho capito subito la gravità della situazione; ero salito per spostare il mezzo che sapevo essere in una posizione davvero delicata e che sarebbe stato trascinato via dalla forza del torrente. Quando sono arrivato sul posto ho messo in sicurezza il primo mezzo e mi sono accorto che poco sopra ce n’era un altro, così l’ho raggiunto e mettendolo in posizione di sicurezza ho subito iniziato a lavorare per togliere dai pressi del ponte i tronchi d’albero e i massi che si stavano ammassando contro la struttura“. Quella che Stefano chiama modestamente “posizione di sicurezza”, significa non aver abbandonato il mezzo e aver lavorato ininterrottamente dalle 19.30 alle una del mattino del 30 giugno, salvo poi tornare sempre al lavoro sullo scavatore alle 5.30 dello stesso giorno, cioè staccando solo per poco meno di 5 ore. Un lavoro continuativo e prezioso, una di quelle azioni che un singolo fa per la comunità e che possono evitare il peggio: “Ho vissuto l’alluvione del 2000 e, grazie anche al mio lavoro, so esattamente cosa ci fosse bisogno di fare. Non ero sul ponte esattamente, ero in una posizione sicura, ma tale da poter lavorare e ho continuato poi a lavorare anche domenica, lunedì, martedì e mercoledì, e stiamo continuando”. Negli occhi di Stefano, quella notte, le fotografie che rimarranno impresse sono quelle di “un’esperienza molto intensa, dell’acqua fangosa e della poca visibilità, perché era notte e la luce era davvero poca e la situazione era straordinaria. Sono doppiamente toccato da tutto questo, vivo a Épinel quindi è una tragedia che mi tocca da vicino, ma il fatto che quello scavatore fosse lì è stato un segno, è andata bene così, andava fatto”.
Arriva sul posto il mattino di domenica 30 giugno Olivier Charrance, collega di Stefano, alle 7 del mattino. È di Gimillian, ha capito cosa sta succedendo dalla tarda notte del 29 giugno, ma una volta sul posto, in Valnontey, rimane scioccato: “Non sapevo dove fossi. Conosco questi luoghi da sempre, eppure non riuscivo a trovare riferimenti, non mi ritrovavo in quella natura così devastata. Non so bene cosa dire su quello che ho sentito in quel momento, ma appena ho visto il mezzo ho capito che dovevamo solo metterci al lavoro. Quello che mi auspico per il futuro è che ci sia più pulizia dei torrenti, e mettere in conto che la natura si ribella e dobbiamo essere pronti a questi eventi. Adesso bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare a testa bassa; oggi anche con Stefano, stiamo già provando a pulire la regionale per permettere che venga ripristinata il prima possibile. Ci vorrà tempo, ma noi ci siamo e la cosa molto bella è che tanta gente si è unita e ha iniziato subito a lavorare insieme: siamo tutti uniti e questo è davvero incredibile”.