Sono tante le “zone grigie” nelle 920 pagine dell’ordinanza di applicazione delle 16 misure cautelari dell’”Operazione Geenna” firmata dal Gip di Torino Silvia Salvadori.
Esponenti politici, delle istituzioni e dell’imprenditoria, che seppur al momento non indagati, hanno intessuto relazioni con gli esponenti della presunta compagine ‘ndranghetista valdostana.
D’altronde come ricostruiscono gli inquirenti l’obiettivo della “locale” è quello di arrivare a “prendere il potere e governare la Valle d’Aosta” per “favorire ditte e società legate o vicine all’organizzazione per ottenere lavori pubblici; in altri termini, controllare ampi settori della vita politica ed economica della Valle d’Aosta”.
Come? Incrementando “lentamente ma costantemente la propria presenza all’interno della politica valdostana, procurando voti a favore di membri stessi dell’associazione o da utilizzare in termini di scambio con altri candidati, con l’ovvio obiettivo di potere influenzare sempre più le scelte e le dinamiche delle pubbliche amministrazioni a proprio vantaggio”.
Un progetto che parte da lontano e di cui si trova traccia in una conversazione intercettata nel 2000 dove Santo Pansera, ritenuto in quegli anni a capo dell’organizzazione criminale locale, commentando la candidatura di un calabrese nella lista dell’Uv spiega: “Forse è l’unica mossa, e ormai quella è rimasta non c’è altro, non c’è altro, quattro o cinque che si candidano, . ….. ci prendiamo il partito dell’Union”.
Nelle carte Antonio “Tonino” Raso viene indicato come “regista di operazioni di assoluto rilievo impatto sulla comunità calabrese residente in Valle d’Aosta, al fine di acquisire ulteriore prestigio ed importanza sia a livello personale, sia, di conseguenza, per il sodalizio mafioso di cui fa parte”.
Un episodio significativo, secondo gli inquirenti della “particolare abilità” di Antonio Raso riguarda il tentativo di organizzare, nel mese di dicembre 2014, un incontro tra l’ex Presidente della Regione Valle d’Aosta, Augusto Rollandin e il Presidente della Regione Calabria, Gerardo Mario Oliverio.
L’incontro avrebbe dovuto svolgersi nella pizzeria di Raso il 31 gennaio del 2015, in concomitanza con la Fiera di Sant’Orso.
Antonio Raso aveva discusso del progetto con un esponente del Partito Democratico di Locri. (“ci tengono tanto ma non è per questo, perché la cosa è molto diversa di quello che pensi, qua è una realtà un po’ diversa qua siamo 34.000 –33.000 calabresi siamo un quarto della popolazione sai cosa vuole dire questo? “vuol dire tanto per tutti, per tutti”)
“Nelle intenzioni di Raso, l’incontro avrebbe dovuto avvenire in pompa magna per dare un forte segnale del legame tra la comunità calabrese di Aosta e la Calabria, – sottolinea il Gip Silvia Salvadori – ma soprattutto l’evento sarebbe dovuto svolgersi presso la sua pizzeria per far comprendere che i registi dell’operazione erano lui e suo cugino Salvatore Addario, presidente del Cna della Valle d’Aosta” (“qui c’è l’Assessore Sorbara, abbiamo il Consigliere Borrello della provincia di Reggio, quelli là che sono i nostri sono tutti invitati qua, la stampa tutto”).
Il progetto non andò però a buon fine sia a causa degli impegni istituzionali del Presidente Oliverio, sia perché l’esponente calabrese del Pd non recapitò l’invito “per ragioni che allo stato non è possibile ricostruire”.
Il nome di Rollandin (che risulta non indagato), definito il “Testone”, compare per 36 volte nelle 920 pagine dell’ordinanza.
Quando dopo le elezioni comunali del 2015 incontra la futura Assessora di Saint-Pierre Monica Carcea e Marco Fabrizio Di Donato, presunto “capo” della compagine ‘ndranghetista locale.
“Nella circostanza quest’ultimo ha sottolineato la buona riuscita dell’elezione per la Carcea (“minchia come è passata’) – ricorda il Gip – e con tale risultato ha potuto richiedere l’appoggio di Rollandin per un incarico rilevante da affidare alla donna”.
All’ex Presidente della Regione arrivano poi le “ambasciate” di Di Donato “per informarlo che la Carcea sta subendo all’interno dell’amministrazione comunale delle prevaricazioni”.
Sempre Di Donato in una conversazione intercettata nella sua abitazione con Monica Carcea e il marito, Giuseppe Lazzaro, nel marzo del 2016, vanta legami con Rollandin. (DONATO: Guarda sai cosa ha detto di te? CARCEA: chi? DI DONATO: Augusto CARCEA:eh DI DONATO: no è brava, è capace…te lo faaio dire da Nicola).
Poco dopo sempre Di Donato descrive Rollandin. (DI DONATO: ma perché tu pensi….ma perché tu pensi che…Augusto come è arrivato lì dov’è? Augusto ha fatto tante di quelle sporcacciate che tu nemmeno …inc… e sai a quanti se li è giocati? LAZZARO: a sì ehi DI DONATO: colleghi suoi di partito…a tutti li ha fatti fuori LAZZARO: sennò non arrivi a quei livelli DI DONATO: è….e se tutti e due siete vicini a lui….lui vi deve tenere divisi…perché lo chiamano l’imperatore… dividi e impera. Lui va d’accordo con tutti e tutti quelli sotto di lui non vanno d’accordo tra di loro perché? Perché se vanno d’accordo si coalizzano LAZZARO: a te ti fottono DI DONATO: invece con lui.. LAZZARO: è uno contro l’altro e con te vanno tutti d’accordo…”).