“Soldi, o rivelo la nostra ‘tresca’”: donna condannata a 30 mesi di carcere

Monica Bianco, 45enne aostana, era accusata di estorsione e tentata estorsione nei confronti dell’ex amante, un imprenditore valdostano. La sentenza pronunciata oggi, venerdì 11 dicembre, dal Gup Paladino.
Tribunale di Aosta
Cronaca

I contorni della vicenda l’avevano qualificata come una sorta di “Dallas valdostana”: un’amante che minaccia l’altro protagonista della relazione clandestina di rivelare l’“intrallazzo”, se non avesse provveduto a versarle del denaro. Per quei fatti, risalenti al periodo a cavallo tra la fine del 2018 e l’anno scorso, Monica Bianco, 45enne di Aosta, è stata condannata oggi, venerdì 11 dicembre, a due anni e sei mesi di reclusione dal Gup Davide Paladino per i reati di estorsione e tentata estorsione.

Il processo si è svolto con rito abbreviato. L’accusa era rappresentata dal pm Luca Ceccanti, che aveva chiesto una condanna a tre anni di carcere. Le imputazioni per la donna includevano anche la calunnia, per la quale il giudice ha però pronunciato assoluzione. A indagare erano stati i Carabinieri della Sezione di polizia giudiziaria presso la Procura, a seguito della denuncia presentata nel maggio 2018 dall’uomo che sosteneva di aver ricevuto minacce e pressioni, un imprenditore valdostano.

La vicenda era stata ricostruita dagli inquirenti inserendola nel contesto di un’amicizia di vecchia data tra Bianco, suo marito e l’imprenditore, che nel 2014 si era offerto di aiutare la coppia, sostenendola nelle spese di un procedimento seguito ad una serie di problemi personali. Il mancato buon fine della causa deteriora però i rapporti tra i tre e la coppia incolpa l’“amico” di non aver ricevuto abbastanza denaro. Nel dicembre 2018 l’uomo versa 20mila euro, ma si rifiuta di continuare.

Stando all’inchiesta, da qualche tempo l’imputata aveva iniziato a minacciare l’imprenditore di svelare a sua moglie la “storia” nata tra loro nel 2015, divulgando il contenuto di alcuni messaggi a sfondo sessuale. Analoga rivelazione sarebbe stata prospettata anche nei confronti del suo stesso marito, così da scatenarne la reazione. Pressioni che, per la Procura, hanno scaturito il risultato auspicato, con un secondo bonifico da 20mila euro nel gennaio 2019, “sospinto” dalla promessa ricevuta dall’ex amante che la questione si sarebbe chiusa.

Tuttavia – hanno ricostruito gli inquirenti – l’invio di messaggi alla consorte dell’imprenditore era successivamente ripreso da parte di Bianco, che aveva iniziato pure a lamentarsi di una presunta violenza sessuale subita dall’uomo due anni prima, minacciando una querela poi effettivamente depositata ad una stazione dei Carabinieri, a fronte del mancato versamento di altre somme. Dalla riscontrata infondatezza dell’atto (che aveva condotto all’archiviazione del procedimento) era scaturita l’accusa di calunnia, che il giudice ha ritenuto però non essere stata consumata.

Nel luglio 2019, l’imputata era stata sottoposta, a seguito della richiesta di una misura cautelare avanzata dal pm Ceccanti nel corso delle indagini, agli arresti domiciliari. Il gip aveva accordato il provvedimento, in particolare, ravvisando il pericolo d’inquinamento delle prove. L’imprenditore si era costituito parte civile nel processo, attraverso l’avvocato Jacques Fosson: il giudice ha condannato anche l’imputata al risarcimento dei danni cagionati, che dovrà essere quantificato in altra sede. Bianco era difesa dall’avvocato Giovanni Borney.

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