Spaccio e estorsioni a minorenni, due condanne

Condannati a oltre tre anni di carcere Essaid El Basraoui 21 anni e il cognato Mostafa Hamaras di 24 anni. I due marocchini erano accusati di estorcere denaro ai minorenni che rifiutavano di fare loro da pusher.
Cronaca

Tre anni e sei mesi di reclusione oltre a 1.000 euro di multa e tre anni e cinque mesi e 900 euro di multa. E’ la condanna inflitta rispettivamente a Essaid El Basraoui 21 anni e al cognato Mostafa Hamaras di 24 anni. I due marocchini erano accusati di estorcere denaro ai minorenni che rifiutavano di fare loro da pusher.

El Basraoui e Hamaras erano stati fermati nel maggio scorso dopo gli accertamenti, partiti l’autunno scorso, su un giro di stupefacenti leggeri tra giovanissimi. Grazie a pedinamenti ad appostamenti i poliziotti erano riusciti ad appurare che i consumatori, in gran parte minorenni, frequentavano un’abitazione di Aosta dove veniva loro offerta la droga, inizialmente in modo gratuito. Successivamente a molti di loro veniva chiesto di svolgere attività occasionale di pusher per ripagare i debiti contratti per il successivo consumo di stupefacente. Tre minori avevano accumulato nei confronti dei due debiti per alcune migliaia di euro.

Per il pm Pasquale Longarini dal processo "emerge inequivocabilmente che gli imputati erano dediti al commercio di stupefacenti" e che "chiedevano ai loro clienti di fare da pusher. Quando questi interrompevano l’attività, scattavano minacce di morte".

Un minore, in particolare, era stato segregato per circa sei ore all’interno di una abitazione e a seguito di minacce e maltrattamenti gli è stato imposto di firmare una dichiarazione di debito di svariate migliaia di euro. Lo stesso era stato accompagnato a forza da un sedicente avvocato che gli ha intimato di saldare il debito minacciandolo di informare la famiglia del consumo di stupefacente.

"Avevo un debito di 100 euro ma mi costrinsero a scrivere e a firmare una dichiarazione in cui sostenevo di essere indebitato per 6.000 euro. Mi strattonarono, mi minacciarono di morte, di dire a mio padre che ero un consumatore di droghe. Poi mi portarono da un sedicente avvocato loro complice. Quel giorno stesso chiamai il 113", ha detto oggi in aula il ragazzo, all’epoca dei fatti diciassettenne. 

"Tutto si basa soltanto su dichiarazioni, non c’è alcun sequestro di sostanze stupefacenti" ha sostenuto in aula respingendo ogni accusa mossa ai suoi assistiti, l’avvocato difensore Andrea Urbica. "Il presunto fornitore indicato dal teste si trova in carcere, come faceva a cedere lo stupefacente ai miei assistiti? Quelle del teste minacciato sono bugie".

Secondo la ricostruzione della Squadra mobile – che nel maggio del 2013 arrestò i due immigrati marocchini su ordinanza del gip – la cessione di droga avveniva tra le mura domestiche: "Come facevano a fornire stupefacenti in casa, alla presenza di genitori e bambini?", ha detto Urbica. Secondo l’avvocato difensore "tutto è iniziato con il sequestro di una modica quantità di droga a un teste, che ha iniziato ad accusare i miei assistiti. Neanche la procura crede alla storia del pseudo avvocato, che altrimenti sarebbe stato accusato di concorso in estorsione". 

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