L’acquisto di una garanzia bancaria, versando 50mila euro ad un istituto estero, per ottenerne 500mila in liquidità. È l’operazione prospettata nel 2014 ad un imprenditore valdostano, che ha proceduto al bonifico, senza mai ricevere la somma. Dalla denuncia dell’uomo sono nate le indagini e il processo conclusosi oggi, martedì 10 dicembre, in cui il giudice monocratico Marco Tornatore ha condannato a 2 anni di carcere e 500 euro di multa, per truffa aggravata, il consulente Pierantonio Sabbadini, 49 anni, di Lodi.
L’accusa, originariamente, era mossa all’imputato in concorso con il broker Valter Vigliecca, che secondo la Procura è “sparito” dalla Valle cinque anni fa assieme a 2,3 milioni di euro affidatigli da una quindicina di suoi clienti. Il processo nei suoi confronti è stato tuttavia sospeso a tempo indeterminato per irreperibilità, nello scorso ottobre, giacché le rogatorie internazionali svolte con l’autorità di Capo Verde, dove si riteneva si trovasse, hanno avuto esito infruttuoso.
La pm Sara Pezzetto, chiedendo un anno di carcere e 300 euro di multa per Sabbadini, ha insistito sul fatto che l’imprenditore si sarebbe convinto a procedere sulla base dei rapporti intrattenuti sin dall’inizio degli anni 2000 con i due operatori finanziari, malgrado le perplessità manifestate da un commercialista cui aveva chiesto un parere. Quanto all’apporto specifico dell’imputato odierno, “la persona offesa ha riferito che è stato proprio Sabbadini ad accompagnarla in banca per fare il bonifico, che doveva avere diciture molto precise” e, per quanto sia stato accertato “che sui conti del Sabbadini non è transitato denaro”, questo “non lo esime” dalla contestazione.
Di “schema molto semplice e purtroppo molto frequente”, in cui “due persone decidono di raggirarne una terza”, ha invece parlato l’avvocato Davide Sciulli, che assisteva l’imprenditore, costituitosi parte civile nel procedimento. “Sabbadini – ha spiegato – era amico” della vittima: “quello che diceva lui era oro colato”. Non a caso, l’imputato “era presente ai colloqui nell’ufficio di Vigliecca” ed è sempre lui “che va in banca”. Poco importa che l’importo del versamento “sia stato girato, in qualche modo, a Vigliecca”, perché “la truffa permane anche se Sabbadini non ha avuto utilità economica”.
Sulla marginalità e sull’inconsapevolezza del suo cliente ha invece puntato, nella sua requisitoria, l’avvocato Alessio Iannone, difensore del consulente, chiedendone l’assoluzione. Vigliecca godeva di ampio credito, ha ricordato il legale, ed è stato lui a spiegare l’operazione alla parte lesa. Sempre con lui, peraltro – è stata la tesi difensiva – l’imprenditore ha firmato il contratto, determinandosi (“sulla base delle sue conoscenze e contro il parere del suo commercialista”) di andare a fare il bonifico e “ha tutto l’interesse a dire che Sabbadini lo ha accompagnato”, perché solo su di lui esisteva ormai la speranza di rivalersi.
Una tesi cui il giudice non ha aderito, sentenziando per la colpevolezza dell’imputato ed arrivando a raddoppiare la richiesta del pm Pezzetto. La pena detentiva sarà sospesa se, entro tre mesi dall’irrevocabilità della sentenza, Sabbadini risarcirà la parte offesa versandole 62mila euro. Un esito di cui il legale di parte civile, Davide Sciulli, a margine della sentenza si è detto “estremamente soddisfatto”. Nel luglio 2018, nel procedimento principale scaturito dall’inchiesta sulla “sparizione” di Vigliecca, l’imputato odierno era stato condannato in primo grado a due anni e sei mesi di carcere, per altri tre episodi di truffa.