Vallo di Courmayeur, il pm chiede condanne per quaranta mesi

Dedicata alla discussione del rito abbreviato scelto dai quattro imputati l’udienza di oggi del procedimento nato dalle indagini sul “muraglione” costruito per la protezione di due villaggi da una frana.
Progetto vallo Courmayeur, Frana Mont de La Saxe
Cronaca

Condanne per un totale di quaranta mesi. A chiederle al Gup Giuseppe Colazingari, per i quattro imputati nel procedimento nato dall’inchiesta sul vallo di Courmayeur, è stato oggi, giovedì 21 febbraio, il pm Carlo Introvigne, durante l’udienza per la discussione del rito abbreviato con cui due dirigenti e due geometri dell’amministrazione regionale hanno chiesto di essere giudicati.

La pena più elevata, un anno e quattro mesi di carcere, oltre a 10mila euro di multa, è stata invocata per Valerio Segor, dirigente delle opere pubbliche (difeso dall’avvocato Andrea Balducci), chiamato a rispondere di malversazione ai danni dello Stato, esercizio abusivo di una professione, aggravato e continuato, e di abuso d’ufficio continuato.

La contestazione di malversazione è mossa all’altro dirigente a processo, Raffaele Rocco, che in quell’occasione (la costruzione del “muraglione” lungo 750 metri, a protezione dei villaggi di Entrèves e La Palud, risale al 2014) era commissario delegato per la gestione dell’emergenza legata alla frana del monte La Saxe. Per lui, assistito dall’avvocato Claudio Maione, il pubblico ministero ha proposto un anno di reclusione.

Secondo l’indagine, Rocco e Segor non avrebbero utilizzato tutte le risorse economiche destinate alle opere previste dal progetto (il Dipartimento nazionale della Protezione civile aveva trasferito alla Regione fondi per 8 milione di euro), con riferimento in particolare alla mancata realizzazione del “by-pass” della Dora di Ferret.

Sei mesi ognuno sono invece stati chiesti dal sostituto procuratore Introvigne per i due tecnici regionali imputati, i geometri Furio Saravalle e Ronny Salvato, difesi dai legali Nilo Rebecchi, Massimiliano Sciulli e Jacques Fosson. Ad entrambi vengono contestati – assieme a Segor – l’abusivo esercizio di una professione, aggravato e continuato.

L’addebito è legato all’aver co-firmato, nel 2014, gli elaborati progettuali (tutti e tre), assunto gli incarichi di progettista architettonico (i due geometri) e rivestito la responsabilità di direttore dei lavori (Saravalle), svolgendo surrettiziamente – secondo l’accusa – la professione di ingegnere, per cui è prevista una specifica abilitazione statale.

Gli atti di nomina dei due progettisti e del direttore dei lavori avevano fatto scattare anche l’imputazione, per il solo Segor, di abuso d’ufficio continuato. Secondo la Procura, assumendo quei provvedimenti, avrebbe procurato intenzionalmente un “ingiusto vantaggio patrimoniale” ai due geometri dell’assessorato alle opere pubbliche.

L’udienza, conclusasi attorno a mezzogiorno, ha visto anche le arringhe difensive dei cinque difensori. Il Gup Colazingari ha quindi rinviato al prossimo 19 marzo, per eventuali repliche delle parti. Dopodiché, il giudice si ritirerà in camera di consiglio, da cui uscirà con la sentenza.

Le indagini erano scaturite da un esposto dell’Ordine degli ingegneri, che contestava la realizzazione di un’opera milionaria (ai fondi statali si erano aggiunti circa tre milioni di risorse proprie della Regione), senza il ricorso ad un professionista iscritto.

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