Nel processo a quattro imputati di esercizio abusivo della professione odontoiatrica, la Corte d’Appello di Torino, nel pronunciarsi per la condanna, si è limitata “a giustapporre il proprio convincimento a quello, opposto, espresso dalla sentenza di primo grado”, emanata dal Gup del Tribunale di Aosta, che aveva assolto le persone a giudizio.
E’ la motivazione per cui la sesta sezione della Corte di Cassazione, lo scorso 13 settembre, ha annullato con rinvio – affinché venga fissato il giudizio “bis” di secondo grado – le condanne inflitte in appello a Silvio Gasparella (61), sua moglie Laura Padoin (63), il loro figlio Mattia Gasparella (38) e Gian Enrico Aguzzi (68). L’indagine per cui erano finiti a processo riguardava l’attività, tra il 2013 e il 2019, del “Centro dentistico e odontoiatrico valdostano” di Saint-Chrstophe.
Alla Suprema Corte si era arrivati dopo che gli imputati, tramite i difensori Stefano Moniotto e Davide Rossi, avevano impugnato la sentenza di colpevolezza del 25 gennaio scorso (9 mesi di reclusione e 20 mila euro di multa ciascuno a padre e figlio, nonché 7 mesi di reclusione e 15mila euro di multa a ognuno degli altri due imputati). L’appello, invece, era stato innescato dal ricorso del pm Luca Ceccanti dopo le assoluzioni del giugno 2021 al Tribunale di Aosta.
Nel motivare la sua decisione, la Cassazione ricorda che il giudice di appello che riformi un condanna di primo grado, pervenendo ad un’assoluzione, non può “limitarsi ad inserire nella struttura argomentativa della decisione impugnata” delle “notazioni critiche di dissenso”, giacché è “necessario che egli riesamini” il materiale probatorio “vagliato dal primo giudice”, considerando “quello eventualmente sfuggito alla sua valutazione e quello ulteriormente acquisito”, nell’ottica di dare, “riguardo alle parti della prima sentenza non condivise, una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni”.
Nel caso specifico, per la Suprema Corte, la Corte d’appello di Torino “non si è conformata a questo canone di giudizio” e “la rivisitazione della decisione di primo grado in ordine alla responsabilità penale degli imputati per” esercizio abusivo della professione odontoiatrica “non è sorretta da argomenti tali da evidenziare oggettive carenze e insufficienze della decisione assolutoria”.
Ad esempio, i magistrati di Cassazione citano il non aver considerato, da parte dei giudici torinesi, le dichiarazioni di una assistente di poltrona in servizio dal 2014 al 2017 nella struttura degli imputati, e di due odontoiatri dal 2015 al 2020 e dal 2015 al 2018, “ancorché tali dichiarazioni siano state utilizzate dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Aosta per confutare l’ipotesi di accusa”.
“La Corte di appello – si legge ancora nella sentenza della Suprema Corte – ha, inoltre, omesso di confrontarsi con le prove contrarie emerse nel corso del giudizio e con le censure formulate dalla difesa sul punto e, dunque, manca nella motivazione una specifica disamina fondata sull’esposizione di circostanze di fatto o considerazioni logiche utili a superare i dubbi valutativi espressi nella pronuncia riformata”. Gli imputati affronteranno quindi il giudizio “bis”, ancora da fissare, ennesimo passo di una vicenda giudiziaria iniziata, per loro, ormai oltre tre anni fa.