“Aosta città diffusa”, un festival per abitare la città

Spettacoli, talk, incontri e laboratori sparsi per Aosta in luoghi e non-luoghi della città. È il festival "Aosta città diffusa", della compagnia teatrale Palinodie che nella sua seconda edizione ha esplorato il tema della casa e dell'abitare.
ph: Giorgio Prodoti - Festival Aosta Città Diffusa
Cultura

Spettacoli, talk, incontri e laboratori sparsi per la città di Aosta in alcuni luoghi e non-luoghi che fanno parte del suo profilo architettonico e logistico, ma che hanno perso la loro identità e il loro valore. È Aosta Città diffusa, un festival di teatro e rigenerazione urbana organizzato dalla compagnia teatrale Palinodie, con la direzione artistica di Verdiana Vono e Stefania Tagliaferri e con il sostegno di Fondazione CRT, Crowdfunding Eppela, Comune di Aosta. Attraverso il linguaggio dell’arte e del teatro il festival esplora proprio il tema della casa e dell’abitare, declinandoli su diversi livelli. Cos’è la casa? Che cosa significa vivere e abitare una città? Di giorno in giorno città diffusa prova a rispondere a queste domande partendo dall’abitare il proprio corpo, per poi passare alle relazioni e al gruppo, con una riflessione sulla comunicazione e sul linguaggio. Infine, l’ultimo giorno è stato dedicato alla casa-mondo con il tema, caldissimo, del cambiamento climatico.

Giorno 1 – Costruire Bellezza

Sotto la tettoia dell’ex mercato rionale di Via Volontari del sangue, il primo non-luogo, si apre Aosta città diffusa, con la talk Costruire bellezza. Una conversazione con Valentina Porcellana, docente di antropologia alpina e del welfare all’Univda e con Patrick Thérisod, manager strategico e direttore dell’azienda socio-sanitaria J.B. Festaz. Il fil rouge dell’abitare gli spazi, che lega piò o meno direttamente tutti gli appuntamenti del festival, comincia a dipanarsi partendo dal corpo, inteso come prima e unica casa di tutti. Come interagisce l’individuo con la città? Quali sono i bisogni imprescindibili che una comunità deve garantire al singolo? A partire da una conversazione antropologica sulla bellezza e la funzionalità degli spazi urbani per la persona, la soggettività del vivere emerge con forza per poi declinarsi esteticamente nelle performance dei ragazzi di Letture Altre, in un momento estremamente intimo e coinvolgente. Anche sotto il sole cocente che scalda i vetri della tettoia dell’ex mercato rionale, si crea un’atmosfera intima, delicata e aperta.

Giorno 2 – Giocare con gli spazi

Venerdì il festival si sposta in Quartiere Cogne, inaugura la giornata la Visita/evento La Cogne per scoprire la grande acciaieria. Prima tappa di un percorso che porta a Giocare la Città per leggerne la storia. Con i giochi da tavolo messi a disposizione da Aosta Iacta est, gli ideatori e organizzatori di GiocAosta, si costruiscono relazioni con gli spazi e con le persone giocando insieme. Anche lo spettacolo della serata continua sulla stessa lunghezza d’onda. PLAY, della compagnia La confraternita del Chianti, una sfida interattiva per scoprire insieme, e come in un gioco, l’argomento della cittadinanza attiva, preparando e presentando insieme una proposta di legge per la commissione europea. Play nel senso di spettacolo e di gioco, una combinazione per coinvolgere e costruire insieme, senza prendersi troppo sul serio.

Giorno 3 – Abitare con le parole

Il parcheggio multipiano de la ville diventa un palcoscenico, una sala lettura e una biblioteca. Un altro non-luogo che si riempie di vita. Prima attraverso il silenzio della pagine che si girano, con un momento di lettura indipendente in compagnia, dedicato ai libri di Banana Yoshimoto. Poi con le parole di Gala Maria Follaco, traduttrice italiana dei romanzi della Yoshimoto. Da anni ricercatrice presso l’Università degli studi di Napoli, si occupa di letteratura giapponese moderna e contemporanea e in particolare del rapporto tra scrittura e spazi urbani. La giornata si chiude, sul sottofondo incessante del brusio e del rumore dell’acciaieria a due passi, con lo spettacolo Gli Altri – indagine sui nuovissimi mostri della compagnia kepler 452. Il linguaggio dell’odio che abita il web sale sul palco e comincia ad urlare riempiendo uno spazio molto più reale. Scritta su Facebook una frase ha il suo peso specifico, ma detta da vicino, detta ad alta voce da una persona in carne ed ossa, riesce a sovrastare qualsiasi rumore, solo per dire: “ci sono anche io”.

Giorno 4 – Il mondo è la mia casa

Per l’ultimo giorno del festival, si passa da un non-luogo all’orto Sant’Orso uno spazio verde molto curato vicinissimo al cuore della città. Si ricomincia dal corpo, per riconnettersi alla natura. La giornata si apre con una lezione di yoga al fresco delle 6.30 del mattino nei prati. Nel pomeriggio una lezione di biodanza con l’antropologa Viviana Luz Toro Matuk. Per poi Mettere in Connessione corpo e mente con una talk con le due antropologhe Viviana Luz Toro Matuk e Valentina Porcellana in un dialogo sull’abitare che muove dal corpo, alla città, al mondo. Dopo aver teorizzato e raccontato, si mettono in pratica queste riflessioni con una cena pic-nic sempre sul prato dell’orto. I partecipanti tirano fuori coperte e cibarie, il prato diventa il salotto di casa e, con qualche luce e alcuni cuscini si costruisce un palco, l’ultimo di Aosta città diffusa.

L’ultimo spettacolo è l’anteprima di una nuova poetica per Palinodie: dal corpo alle relazioni alla città fino al mondo, perché Persino le Montagne più Alte sotto cui viviamo, e che ci abbracciano da secoli, stanno soffrendo. Una prima lettura scenica del nuovo spettacolo che racconta la realtà terribile del cambiamento climatico, scritto da Verdiana Vono, con la regia di Stefania Tagliaferri  e interpretato da Andrea Cazzato ed Eleonora Cicconi, è un racconto semplice, pieno di emozioni che riflette su come il mondo sia cambiato e su come stiamo rompendo gli equilibri delle nostre case abitando il mondo con terribile indifferenza. Ma sempre conservando la speranza, perché in fondo è questa la forza degli esseri umani, lanciarsi in avventure folli di cui non si può immaginare la fine. E “adesso serviranno tutta la nostra disperazione e il nostro incanto per salvarci”.

Il festival si chiude con un abbraccio collettivo, tutti componenti della compagnia teatrale (attori, volontari gli organizzatori e tutte le persone che hanno donato il loro tempo e i loro talenti per rendere possibile la rassegna) salgono insieme sul “palco” d’erba. E così alla fine, in mezzo agli orti e in piena città, colpisce il senso e la nuova vita che le idee del festival hanno lasciato negli spazi vuoti in cui si è svolto. Passando nel parcheggio multipiano de la ville, sotto il rumore incessante della Cogne, si può ancora sentire il silenzio della lettura.

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