Fiera Sant’Orso: dietro ogni banco, un artigiano, una storia, una piacevole scoperta

Si scorre agilmente tra i banchi degli artigiani e si fanno piacevoli scoperte: Pramotton festeggia 40 anni in Fiera, gli gnomi di Maggiolaro si ribellano, la gallina di Patrocle reagisce alla luna e con la luna Ferretti ha un legame antico.
Fiera - Gli gnomi di Massimo Maggiolaro
Cultura

La Fiera di Sant’Orso quest’anno ha sapore d’antico, forse un po’ più degli altri anni, e anche se non è la prima Fiera con la neve, a qualche artigiano richiama edizioni d’antan. L’atmosfera di fatto è particolare e anche passare sotto le Porte Pretoriane dove non si ritrovano più banchi e vecchi volti è strano. Addentrarsi tra i banchi della Foire rimane sempre il piacere del primo mattino della Millenaria, con la gente che scorre agilmente lungo i banchi degli artigiani, quest’anno distanziati maggiormente rispetto al passato, con la possibilità di soffermarsi maggiormente senza ressa ad osservare l’opera dell’ingegno di appassionati e artigiani di professione. Le scoperte da fare sono tante, come gli sguardi e gli scatti dei passanti davanti alla panetteria Giorgì in via Sant’Anselmo, pane secco per i passeri non manca mai, e loro qui danno spettacolo spesso. Tutt’intorno come sempre gli occhi dei curiosi rimbalzano tra una scultura e un bassorilievo, che tagliando sorrisi sui volti e fanno strabuzzare gli occhi. 

Gli gnomi si sono impossessati di parecchi artigiani da tempo, il tema ricorre spesso, con declinazioni sempre diverse, anche ad opera dello stesso artista. E’ il caso ad esempio di Massimo Maggiolaro i cui gnomi quest’anno sembrano essersi ribellati a posizioni statiche per arrampicarsi su mezzelune da cucina, antichi manici, antiche seghe diventate oggetti da parete.

I tatà non mancano mai ed è piacevole riscoprirli nel banco di Franco Patrocle, da 34 anni in fiera con i suoi animali, galline, gatti, gufi che hanno davvero sapor d’antico e che paffuti, quasi a testimoniare la cura e l’amore che gli sta dietro, sembrano pure quasi timidi. “Mio padre già li lavorava così, in modo più rustico e a me piace portare avanti questo stile – racconta Patrocle – Vedi questa gallina in noce e questo lungo taglio – aggiunge – è stata la luna”. Di fatto una volta i legni da lavorare venivano scelti anche in base alla luna, che sempre ha avuto i suoi effetti sulla natura. “Una sera abbiamo sentito un forte rumore e abbiamo visto che si era creata questa crepa sulla gallina dopo che la luna l’aveva illuminata”. La Fiera anche per questo ha maggior sapore, perché ci riporta davvero al contatto con saperi che traevano forza e consistenza dalla natura.

E la luna torna protagonista con Silvano Ferretti, artigiano del legno di Chatillon, che ha sempre molto da raccontare e che non lesina racconti e aneddoti. Quest’anno sul suo banco, tra le tante meraviglie, c’è un omaggio alla fotografia: una scultura che richiama una pellicola in legno incastona antiche scene pastorali “Ricordi in bianco e nero”. “I ricordi più cari vanno incorniciati – racconta Silvano, originario del Trentino – e io li ho messi su pellicola!”. Gran parte delle sue opere poi hanno una luna riportata sul lato “E’ la mia firma e il mio segno distintivo da anni – afferma tirando fuori dalla tasca un’altra mezza luna – E’ il legame con la mia infanzia, quando nei momenti tristi parlavo con lei, avevamo un bel legame e ce l’ho tutt’ora”.

Le scene pastorali ritornano su tutti i banchi degli artigiani, ognuna con un colore e una sfumatura diversa. Gianfranco Anzola le riporta su una vecchia porta in noce, intagliate nel legno. E così bimbi, animali in stalla e un suonatore d’organetto ci richiamano un passato e una vita semplice, dura ma con radici forti, come quelle che Anzola lavora e trasforma in magici personaggi della tradizione.

Giangiuseppe Barmasse quest’anno non lesina sorprese, come sempre. Il suo ragazzo con stambecco rapisce lo sguardo, così come l’omaggio al Tor des Géants, una scultura dai tratti aspri, con guglie e rocce tra le quali si inerpicano sentieri sui quali gli atleti sudano. Fatica, attesa, osservazione, tifo e abbracci fanno sintesi in questo pezzo d’arte che richiama uno degli eventi più importanti della Valle d’Aosta.

Le piacevoli scoperte sono tante e tra queste l’occhio non può non fermarsi sulle opere di Sabina Marquet. Qui un pannello con rappresentato un uomo con due bimbi ai suoi piedi intento a pescare raccoglie commenti positivi del pubblico, così come le altre opere che aprono ad un mondo di fantasia e creatività che questa giovane artigiana declina tramite legno e colori.
Catturano lo sguardo anche le opere di Peter Trojer. Tra i tanti pastori raffigurati e intagliati con maestria da questo artigiano si fa notare un’installazione in ferro e legno con al centro appunto un pastore circondato dalle sue pecore, ogni personaggio poggia su una colonna di ferro e i vuoti fanno respirare la scena rendendo protagonisti, di volta in volta, tutti i personaggi.

Uno storico della Fiera è poi Gugliemo Pramotton. A dirci che quest’anno è il suo quarantennale alla Millenaria è una scultura di Sant’Orso in larice che sul bastone riporta una bandierina sulla quale sventola il numero “40”. Il suo banco è ricco e testimonia quanta passione per la storia locale ci sia in questo artigiano: lo si vede nei dettagli dei costumi delle donne di Cogne che ammirano il pizzo appena creato, o ancora nell’incontro e inchino tra due dame di Courmayeur, e ancora nella contadina che consegna il fieno alle pecore o nella maternità nella quale si raffigura una mamma che allatta il proprio bimbo. Non mancano i personaggi della storia valdostana come l’Abbé Chanoux, San Pantaleone o ancora i frati che mangiano uno accanto all’altro all’interno di un bassorilievo.

La Fiera ogni anno è una scoperta, anche quando sembra uguale a se stessa, basta fare due passi tra i banchi, scambiare due chiacchiere con chi si guarda intorno nell’attesa di uno sguardo complice, dietro una rudezza apparente che appunto tale non è. Basta una domanda del tipo “ ma da quanto espone?” e il racconto arriva da sé.

 

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