Gene Gnocchi chiama Dio, il pubblico di Aymavilles risponde

All’Auditorium di Aymavilles, nell’ambito della Saison Culturelle, il comico ha distillato leggerezza, ironia e risate ad un pubblico alla ricerca di calore, in una tipica serata autunnale.
Gene Gnocchi a Aymavilles
Cultura

Come alcuni grandi musicisti internazionali, da Bod Dylan ai Rolling Stones, anche Gene Gnocchi deve aver stretto un patto con il diavolo. La sua vena comica, infatti, dopo quasi 40 anni di carriera vissuta fra teatro, tv e cinema, è rimasta intatta, cristallina. Lo ha ribadito ieri sera, all’Auditorium di Aymavilles, nell’ambito della Saison Culturelle, distillando leggerezza, ironia e risate ad un pubblico alla ricerca di calore, in una tipica serata autunnale. Di certo, in ogni caso, non è stato supportato da quel Dio con il quale, durante lo spettacolo, ha cercato disperatamente di mettersi in contatto, invano.

Per farlo si è affidato alle sapienti mani di un improbabile elettricista, con un passato da turnista nei Pink Floyd (“Li ho mollati perché non mi pagavano i contributi e poi non avevo un weekend libero, tra concerti alle comunioni, cresime e matrimoni”) – interpretato dal musicista Diego Cassani – impegnato durante l’intera serata a riparare la vecchia radio del comico, strumento scelto per comunicare con il Signore.

Davide Cassani a Aymavilles
Davide Cassani a Aymavilles

Ma l’Altissimo, purtroppo, non risponde: lo fanno a turno Siri, Radio Maria, il navigatore dell’auto e lo stesso Cassani, in un flusso continuo di gag e battute che spaziano senza soluzione di continuità, e senza un vero fil rouge, tra la politica (“Dio, guarda che ora Draghi è libero, se per caso vuoi andare in pensione”, la pandemia (“il problema vero, oggi, sono tutti i virologi disoccupati”) e l’emergenza climatica (“A Greta Thunberg fa paura lo scioglimento dei ghiacciai perché teme che così finiremo per sorbirci i tormentoni reggaeton non solo d’estate, ma per tutto l’anno”).

Il tutto senza mai dimenticare i protagonisti di provincia, con il racconto di storie che rappresentano un campionario di assurdità, dal California Dream Man ultrasessantenne morto cercando di uscire a sorpresa da una sbrisolona, all’inventore del gusto puffo che si è portato nella tomba il segreto della sua ricetta per salvare la vita a miliardi di bambini nel mondo, fino al povero figurante (Melchiorre) del presepe vivente-non vivente, schiacciato nella stalla dal bue, al quale è stato versato il TFR – Trattamento di Fine Remagio.

La serata scorre veloce, con qualche intermezzo musicale  (“Suoniamo solo canzoni tristissime, ci chiamiamo Duo Novembre”), qualche passo di danza e un auto-dibattito finale, in cui Gnocchi analizza la sua stessa esibizione, in terza persona, lasciando al pubblico una profonda riflessione e un interrogativo esistenziale: “Ma che cazzo avrà mai voluto dirci con questo spettacolo?”

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