Una vita dedicata al teatro e un percorso che ha incrociato la Valle d’Aosta, facendo nascere nella regione un teatro diverso da quello popolare e in dialetto: Livio Viano racconta i suoi (primi) cinquant’anni di teatro. Cinquant’anni passati anche attraverso una mostra, dal 1° al 5 ottobre, proprio in un teatro, allo “Splendor” di Aosta.
Da Torino alla Valle d’Aosta, passando per Issime, dove, un giovane Viano si innamora delle montagne e decide di fare la spola tra il Piemonte e Aosta, lavorando incessantemente per far crescere un movimento teatrale all’epoca appena nato: “Ho dedicato ad Aosta una vita intera – racconta il regista e attore -, alla fine degli anni ’70 ho iniziato a fare teatro in Valle e da allora non mi sono più fermato“.
Nella storia lavorativa, ma più semplicemente nel percorso di passione e dedizione, di Viano ci sono alcuni degli spettacoli per ragazzi che hanno segnato intere generazioni di giovani valdostani: da Occhio Pinocchio del 1980 passando per Botto Robotto del 1982, il famoso robot che un giovane Viano portava per mano a spasso per Aosta, fino al recente Pippicalzelunghe-Amica Libertà e tanti altri spettacoli che hanno generato innumerevoli repliche; oltre ai laboratori didattici e alle rassegne che ha curato come direttore artistico.
L’artista non ha dubbi sulla centralità del teatro nella sua vita e di come l’abbia trasformata (o forse solo indirizzata): “Non sono figlio d’arte, la passione per il teatro me la trasmise un professore di italiano che mi fece capire come il teatro potesse essere un modo di affrontare la vita e io sono ancora lì, a quella filosofia e con quella voglia di fare. Il teatro mi ha permesso di giocare con la vita, di passare dal palcoscenico della realtà a quello della finzione e viceversa: questo è incredibile, per me. Al punto che a volte veramente faccio fatica a capire la differenza tra un piano e l’altro. Ecco, questo è ciò che ha caratterizzato il tipo di teatro che ho sempre fatto”.
Il traguardo dei cinquant’anni (anche se Viano precisa che sono 52), è solo una fase per l’attore teatrale, perché si continua a produrre senza sosta, a immaginare spettacoli e scintille per questa arte che lui stesso definisce “biodegradabile, perché non si può replicare e questo fa parte della bellezza del teatro, del fatto che non si possa fermare o catturare”.
Un’arte che si biodegrada, sì, ma che rimane nella memoria, così come il percorso che Viano più di cinquant’anni fa ha deciso di intrecciare con la Valle d’Aosta.
Una risposta
Botto Robotto me lo ricordo ancora…ogni tanto canticchio ancora un pezzo della canzone…eravamo andati con la scuola a vedere lo spettacolo quando ero alle scuole elementari…e parliamo di inizio anni 80…