“All’inaugurazione di quella installazione ricordo che c’erano pochissime persone. Ero talmente stressata che la vissi male e poi subito dopo mi chiusi in macchina e piansi un bel po’, anche se poi in realtà l’opera venne riproposta e fu un successo”. Quei giorni Giuliana Cunéaz li ricorda con affetto, durante l’ultima serata di Omaggi, ma ormai sono lontani e la sua arte ha oltrepassato i confini valdostani da tempo, addirittura portandola, come prima e unica artista valdostana, a far parte della collezione del Quirinale.
L’artista valdostana è stata omaggiata per il suo lavoro e la sua carriera all’interno dell’ultima serata della rassegna Omaggi, dedicata a Frida Khalo. È Paola Zaramella, ideatrice dell’evento, a ricordare come ci sia un legame sottile tra l’artista messicana e quella valdostana, ovvero la rappresentazione e l’attaccamento alla terra di origine che torna sempre in entrambe le donne.
Dopo il reading a cura della compagnia Vertige, sulla pittrice messicana, impreziosito dall’arte visiva di Andrea Carlotto – Silent Media Lab, spazio al racconto di Giuliana Cunéaz, che ha ripercorso tra i suoi compaesani la sua storia, i suoi traguardi e il suo mondo, una dimensione senza limiti nell’immaginazione e nello studio, difficile da riassumere in una sola serata: “Ci sono stati due episodi traumatici nella mia vita che, con il senno di poi, mi hanno fatta intraprendere questa via, la morte improvvisa di due miei amici di infanzia qui a Gressan e nel periodo delle scuole medie ad Aosta; da quel momento ho iniziato ad avere degli attacchi di panico e a fare quelli che si chiamano “disegni strani”. Penso però che quei disegni mi abbiano salvato la vita e abbiano fatto crescere in me la mia arte. Non credo che a un certo punto una persona possa decidere di diventare artista, semplicemente è la vita che decide per noi e non possiamo sempre averne il controllo”.
La vita di Guliana Cunéaz la porta così a una continua sperimentazione e a delle fasi che segneranno e arricchiranno la sua arte, sempre nel segno di mettere in gioco tutto il suo potenziale e intraprendere una scoperta anche di se stessa attraverso le sue opere: “Ho iniziato a dipingere, ma ho capito subito che la tela era troppo stretta come dimensione e ho voluto ampliare i miei orizzonti e sperimentare, intraprendendo nuove vie”. È così che arrivano le materie plastiche “cotte in un primo momento nello stesso forno in cui si cuociono le torte” e poi il video e le arti visive.
La Cunéaz ripercorre tappe e fa scorrere immagini, ma si sofferma in particolar modo su quella che definisce “una delle opere che mi sono riuscite meglio”: Il silenzio delle fate, 24 leggii sparsi in altrettante località valdostane dove, secondo le leggende, sono state avvistate queste mitiche creature. L’artista dimostra specialmente in questa installazione tutta la sensibilità del suo mondo creativo senza limiti, ma soprattutto il suo desiderio di scoperta e di studio antropologico da affiancare alla potenza della sua arte: “Per me è è stato forse uno dei percorsi più affascinanti da percorrere. Parlare con le memorie storiche dei luoghi e ascoltare le leggende è stato un viaggio antropologico che poi ha dato vita a una delle opere a cui tengo di più”. E una di queste fate è presente, ovviamente, anche nella sua Gressan, che l’ha accolta con calore e ammirazione, promettendole, attraverso le parole del primo cittadino Michel Martinet, che “la tua fata sulla Morena di Gressan verrà continuamente curata e restaurata se necessario, perché resti il più a lungo possibile”.