Prima Fila: rubrica cinematografica a cura di Marco Gianni

Il giro del mondo in 60 film – 12 e 13 maggio in cartellone al Theatre de la Ville "TEZA" e "PONYO". Il commento di Marco Gianni direttore artistico di “Strade del Cinema”
Ponyo
Cultura
PONYO
Di Hayao Miyazaki
Cinéma de la Ville: 12 maggio ore 18,30 e 22,35 – 13 maggio ore 16 e 20,30

Un film che inizia come una favola e finisce con un bacio. In mezzo, un pesce diventa bambina e un bambino si innamora di lei. Nel frattempo, un padre si fa troppo vicino e un altro troppo lontano, una madre torna dopo tanto tempo e un’altra si perde negli abissi di un mondo sommerso.
E’ stato detto da più parti che “Ponyo” – diversamente dalle recenti opere di Miyazaki giunte sui nostri schermi (“La città incantata” e “Il castello errante di Howl”), rivolte a un pubblico adulto – sia un film per bambini, ma è vero piuttosto che si tratta di un film sui bambini, sul mondo visto attraverso lo sguardo della prima infanzia. In questo senso è un film molto sottile, nel quale la fantasia guizza libera come Ponyo sulle onde dal mare ma sempre con una direzione. Misteriosa, però, come lo è agli occhi di Ponyo e del suo coetaneo Soske la strada da percorrere per ritrovare gli adulti, la felicità, la famiglia.  

TEZA

Di Haile Gerima, con Aron Arefe, Abiye Tedia, Takelech Beyene
Cinéma de la Ville: 12 maggio ore 16 e 20,15 – 13 maggio ore 18 e 22,15

“Teza” è un film lungo e carico di pena per la storia che racconta. Tutte le sue qualità e i suoi difetti stanno qui, nella cura che il suo autore mette a farne un’opera di conoscenza. Non si divulgano però dati storici o politici, ma valori di prova e sofferenza: l’umano, autentico dolore di quando la speranza che perdi non è solo la tua personale ma quella del tuo popolo, del tuo Paese.
Haile Gerima,emigrato da giovane dall’Etiopia agli Stati Uniti, frequentò l’UCLA insieme a Charles Burnett (“Killer of Sheep”, 1977) e dal suo celebre compagno d’università, pur nella diversità degli approcci e dei percorsi successivi, ha mutuato una sensibilità profonda nell’immergere i propri personaggi in una luce di lucida malinconia che al cinema non ci viene mai quasi dato di vedere.

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