Rocco Schiavone candidato ai Nastri d’Argento 2023

Due le nomination ricevute: come miglior Serie Crime del 2023 e per Marco Giallini come miglior attore protagonista.
Rocco Schiavone
Cultura

Non si sono ancora chiusi i festeggiamenti per il trionfo ai David di Donatello di “Le otto montagne”, che arrivano per Film Commission Valle d’Aosta nuovi e importanti riconoscimenti. Rocco Schiavone è infatti in corsa ai Nastri d’Argento dedicati alla grande serialità come Migliore Serie Crime e con Marco Giallini come Miglior attore protagonista. 

I premi dei giornalisti cinematografici verranno assegnati sabato 17 giugno a Napoli in occasione della serata finale dell’evento organizzato con la Film Commission Regione Campania.

La quinta stagione di Rocco Schiavone dovrà vedersela con Christian – seconda stagione (Sky), Il Patriarca (Mediaset), La legge di Lidia Poët (Netflix) e Sei donne. Il mistero di Leila (Rai Fiction).  Marco Giallini avrà invece di fronte per il premio come Miglior attore protagonista Francesco Colella (The good mothers), Fabrizio Gifuni (Esterno notte), Luigi Lo Cascio (The bad guy), Edoardo Pesce (Christian – seconda stagione).

In arrivo due nuove indagini per il vicequestore Rocco Schiavone

Fans di Rocco Schiavone, segnatevi sul calendario il 6 giugno. In quella data è attesa l’uscita di Elp,  il nuovo e corposo romanzo di Antonio Manzini, sempre per Sellerio editore.
Violenza di genere e manifestazioni ecologiste i due temi con i quali il vicequestore Rocco Schiavone si dovrà questa volta confrontare.
“Una donna picchiata dal marito, una violenza domestica negata alla vittima. Il copione che troppo spesso precede un omicidio” si legge nella scheda del libro. “Il corpo che viene rinvenuto nel bosco invece è quello del marito, Roberto Novailloz”. A fare da sfondo al nuovo caso di omicidio  – Nda la Valle d’Aosta sta diventando peggio di Cabot Cove – sono le manifestazioni ecologiste. “Solo che le proteste ambientaliste in Valle d’Aosta assumono contorni inquietanti, perché cariche di una violenza che i ragazzi dell’Elp, Esercito di liberazione del Pianeta, non conosce e ripudia. Prima un’aggressione in un bar, poi una busta al tritolo in una fabbrica di pellami, una esplosione che uccide il proprietario, Simone Ferrazzi”. Un doppio caso di omicidio per il vicequestore, che anche in questo romanzo sarà aiutato dagli amici di infanzia Furio e Brizio, dalla sua squadra, da Fumagalli e Gambino. Non mancheranno anche Sandra Buccellato e Marina. “A queste figure ormai ci siamo abituati: è questo il grande merito di Manzini, farci sentire a casa, insieme a Schiavone e ai suoi, come dei vecchi amici”.

Il regista Spada: “Giallini era Rocco Schiavone prima di sapere di interpretarlo”

Cinquant’anni, nato a Torino, ma a Roma da prima di compierne cinque, Simone Spada è il regista della serie dedicata al vicequestore Schiavone, dalla terza stagione in poi. Aveva già lavorato con Marco Giallini al cinema, poi la coppia si è ritrovata sul piccolo schermo, per le avventure del poliziotto capitolino spedito “in confino” tra le Alpi.

Incassato il successo di pubblico delle quattro puntate messe in onda fino alla settimana scorsa, è ora a Milano, dove sta girando il seguito di “Studio Battaglia”, fiction dedicata a uno studio di avvocatesse. Però, l’eco di Schiavone era ancora troppo viva nell’aria, specie in Valle, per lasciar cadere il tema, specie con lui che dà forma visuale allo sguardo e ai tormenti del Vicequestore, e ne è nata una conversazione andata anche in onda su Radio Proposta Aosta

Simone Spada
Simone Spada (foto da Wikipedia).

Il linguaggio visivo

Partiamo dall’aspetto su cui più valdostani commentano dopo ogni puntata: le atmosfere della serie. Alcuni trovano sullo schermo un’Aosta molto meno colorata, più crepuscolare di quella che conoscono e guardano dalle loro finestre. Però, quella nella serie è la città percepita da Rocco: è così?
“Cerchiamo di restituire ai romanzi di Antonio Manzini un clima che, tra l’altro, si sposa molto con il genere noir. Quindi, anche se avessimo girato una città che non fosse Aosta, avremmo cercato quel crepuscolare di cui parli. Però poi, secondo me Aosta ne esce fuori sempre molto bella. Anche perché questa cosa che è circondata dalle montagne, che sono in contrasto con questo cuore caldo romano, e la neve, che comunque è misteriosa e fredda, secondo me restituisce, sia alla città che al personaggio, un bellissimo connubio”.

Sei abituato a spazi diversi, come appunto quelli di Roma. Cosa significa girare in un posto come Aosta? Voglio dire, in luoghi di mare hai uno sguardo sconfinato. Qui, ovunque ci si giri gli occhi incontrano un limite. È difficile, è comunque una sfida per il regista?
Io direi che è il contrario. La mia sensazione è un’altra. Ormai sono tre stagioni che seguo Rocco, quindi sono molto affezionato proprio ai luoghi della città, della Valle d’Aosta. Anche perché è una montagna aspra, è una montagna che a me piace moltissimo e stimola tante suggestioni, non solo cinematografiche. Io non sento dei limiti quando sono ad Aosta, anzi sento più limiti in città, quando giro qualcosa, quando mi approccio a una serie, un film.

Tra l’altro sono molto legato alla neve. Anche nei miei due film cinematografici, Hotel Gagarin e Domani è un altro giorno… Hotel Gagarin si svolge in Armenia, a meno venti gradi, con questi personaggi immersi in un albergo circondato dalla neve. E la stessa cosa succede in Domani è un altro giorno che, per quanto sia un film che si svolge tutto a Roma, un film tra l’altro con Mastandrea e Giallini, diciamo che è un film che parte dalla neve.

Sono molto legato alla neve, sono molto legato alle montagne, anche per la mia infanzia. Io non sento la chiusura in Val d’Aosta, anzi sento una grande apertura perché la montagna, per quanto circondi la città, la mia sensazione è che sia larga, che sia ariosa”.

Rocco Schiavone è una serie noir, ma c’è, lo sappiamo bene, molto spazio per i sentimenti, per le sensazioni umane. Quanto ti aiutano a dare forma a tutto ciò paesaggi come le montagne e un capoluogo che per certi versi – tu vivi la metropoli, te ne sarai reso conto – è uno scrigno?
“Penso che il grande successo di Schiavone nasca anche da questa sorta di miscuglio di cose che dici. Il fatto che la città sia ridotta, che non sia una metropoli, la rende quasi un teatro e forse sottolinea ancora di più gli aspetti umani dei vari personaggi. Penso che la forza della storia risieda, ancor più che nei casi dei gialli, dei noir, nel fatto che la serie sia proprio dedicata ai sentimenti. A volte sono drammatici, a volte sono di commedia. Questo miscuglio crea un’empatia nei confronti dello spettatore”.

Rocco Schiavone
Rocco Schiavone

Il personaggio Schiavone

Lo hai detto poco fa, sei diventato regista del vicequestore Schiavone alla terza stagione. Avevi già lavorato con Marco Giallini, firmando, appunto, Domani è un altro giorno. Però per padroneggiare, per rendere anche visivamente, il mood del poliziotto in esilio in valle, ti sei dovuto preparare? E quanto, eventualmente?
“Penso che, come le cose buone che succedono nella vita, ti capita a un certo punto una proposta, che era quella che in qualche modo, inconsapevolmente, stavi aspettando. Quando mi hanno proposto di girare Rocco Schiavone, io ero anche un fan dei libri di Antonio Manzini, ancor prima della prima stagione, fatta poi da Michele Soavi. Comunque li avevo letti, perché ero curioso, perché mi divertivano. Non si sapeva ancora che Marco Giallini avrebbe interpretato Schiavone. Non si sapeva ancora che sarebbe diventata una serie Rai.

Era un genere di racconto che comunque prediligo, che mi piace, che mi diverte, che seguo, quello del noir, del giallo, chiamiamolo poliziottesco, anche se qui siamo proprio nel genere noir puro. Tendenzialmente, quando mi è arrivata questa proposta penso che fosse una cosa che già mi apparteneva, quindi non mi sono preparato particolarmente, se non nel dare risposta a quelle che erano le mie sensazioni, la mia sensibilità su quel tipo di racconto.

Poi è chiaro che devi conoscere le prime due stagioni che son state girate, il tipo di linguaggio e di ambienti. Devi avvicinarti a un personaggio che è già stato raccontato precedentemente. Però penso di essere più il padre io della serie tv di quanto lo siano i miei predecessori, che hanno fatto entrambi, sia Michele Soavi che Giulio Manfredonia, un ottimo lavoro. Però avendo fatto tre stagioni su cinque, penso di essere quasi, ormai, il padre putativo della serie tv”.

L’altro motivo di successo della serie è nel fatto che Marco Giallini ha un profilo perfetto per il personaggio creato da Antonio Manzini. Qualcuno si spinge a dire che Giallini è Schiavone stesso. Tu lo vedi in azione sul set più da vicino di chiunque altro: è davvero così?
“Faccio una metafora calcistica. Quando succede che arriva l’allenatore giusto con il giocatore giusto e una squadra vince quell’anno un campionato inaspettato… è un po’ successa la stessa cosa. Non credo che Manzini pensasse che si sarebbe mai fatta una serie tv quando ha scritto i primi romanzi. Poi succede che si decide di fare la serie tv. Poi succede che si decide il protagonista e capita Marco Giallini. Nessuno di noi può immaginare un Rocco Schiavone che non sia Marco Giallini e credo che lo stesso Marco possa misteriosamente pensare che è successa un’alchimia. Uno “sliding doors”, diciamo, in cui alla fine lui era già, forse, Rocco Schiavone…”.

Aspettava di saperlo…
“Aspettava di saperlo, senza saperlo. Son quei misteri delle cose che poi, alla fine, tornano magicamente e io voglio ancora credere che esistano nel nostro mondo, chiamiamolo artistico, anche se quando si fa una serie si sta più sul piano industriale. Però in Rocco Schiavone c’è spazio, forse si sente che è una televisione leggermente diversa, un po’ più, tra virgolette, profonda”.

Gruppo – Rocco Schiavone

Il successo con polemiche…

Una domanda anche rispetto a qualche polemica che c’è stata sull’attitudine “laica” di Schiavone. L’ipotesi di un passaggio su Rai Uno della serie, che era stato annunciato ma poi non si è concretizzato, aveva trovato poco d’accordo Marco Giallini per primo. Forse perché lo avrebbe portato a modificare, a edulcorare il personaggio?
“Sicuramente Rai Uno e Rai Due sono due case diverse, come finestre per un racconto di fiction. Diciamo che la serie Rocco Schiavone ha trovato sempre spazio su Rai Due nella sua storia. Io poi non saprei dare una risposta precisa, nel senso che non potrei dirti con certezza che su Rai Uno sarebbe andata meglio, su Rai Due, invece, sarebbe rimasta nella sua ‘comfort zone’.

Rocco Schiavone brilla di sé stesso, perché Rocco Schiavone è una serie che ha non degli ascoltatori, nel senso degli ascolti Auditel, ma degli ultrà veri e propri. Magari non sono i numeri alti che fanno le serie tv sulla rete ammiraglia, su Rai Uno, ma ogni volta che va su Rai Due raddoppia sempre lo share del canale. Quindi, forse, quella è la sua casa. E probabilmente sì, anche questo dà al racconto, a noi, a Marco, ad Antonio, forse più libertà artistica. Però, non saprei dirtelo perché non è che poi su Rai Uno per forza tagliano. Però è un pubblico leggermente diverso, un pubblico più ampio, e conosciamo quali sono le dinamiche in Italia, insomma”.

E’ anche il prodotto Rai più venduto all’estero. Te lo spieghi il successo internazionale?
“Guarda, questo dovrebbe far appunto pensare. Anche la ‘preghiera laica’, non è tanto la scorrettezza del gesto… Non voglio neanche stare a discutere delle polemiche politiche, perché io faccio un altro tipo di mestiere. Però, io credo che sia un racconto reale. La realtà poi premia, diventa universale, soprattutto nel 2023. Quindi, se si deve fare una serie, o un racconto, cinematografico o televisivo, bisogna stare dentro i tempi in cui si vive. Non si può far finta di non esserci. Andando incontro anche a qualche polemica, ci sarà sempre qualcuno che non apprezza. Però, io credo che se è il prodotto Rai più venduto all’estero, così mi dicono, vuol dire che il linguaggio che usiamo, il tipo di racconto visivo, il tipo di atmosfera, di messa in scena, di fotografia, di attori, di recitazione, forse viene riconosciuto come un linguaggio più universale”.

Il vice questore Schiavone esce dalla casa di Chevax.

Rocco per chi lo ha diretto

Se ogni lavoro lascia qualcosa a chi lo realizza, cosa ti resterà del vicequestore Schiavone?
“Intanto, penso che abbiamo fatto un segmento di vita insieme. Quello che mi lascia è aver lavorato a un genere preciso di racconto, che mi ha reso più consapevole, più forte dal punto di vista proprio registico, della mia professionalità. E poi si è creato tra di noi un gruppo di lavoro meraviglioso, perché comunque veniamo in Valle d’Aosta da Roma in una cinquantina/sessantina di persone e stiamo lì per due-tre mesi, sviluppando un nostro piccolo microcosmo affettivo. Quindi anche con la città, con la Valle, abbiamo i nostri ristoranti, i nostri luoghi, le nostre casette. Questo mi lascia: un grande spazio, un grande ricordo. E posso anche dire di aver conosciuto da vicino un mondo, che è quello della Valle d’Aosta, di Aosta e non solo, che è molto fascinoso, in cui spero di tornare, a prescindere dal lavoro”.

Finisco con la domanda che dalla settimana scorsa tutti si pongono. Ci sarà una sesta stagione di Rocco Schiavone?
Purtroppo non sono io quello che può rispondere a questa domanda. Non vedo perché no… Però, non sono io. Sicuramente, Antonio Manzini ha scritto già un bellissimo libro, che è ‘Le ossa parlano’, e credo che a fine maggio/quest’estate ne uscirà un altro, sempre di Rocco Schiavone, quindi il materiale per poter andare avanti c’è. Però, appunto, poi le scelte non spetta a me farle. Spetta ai produttori, spetta alla Rai, spetta a chi deciderà di produrlo, o meno. Però, tutti speriamo che ci sia. Soprattutto, ripeto, perché ormai abbiamo constatato che ci sono un paio di milioni di fan accaniti, quasi di ultrà, di Rocco Schiavone. Forse sarebbero quelli che ci rimarrebbero più male se fosse finita così. Anche perché non avrebbe tanto senso…”.

Senza spoiler per chi non l’ha ancora visto e lo recupererà su RaiPlay, ma il finale della quinta stagione è più che aperto…
Assolutamente. Sembra non finire mai. Siamo solo noi che invecchiamo…”.

Rocco Schiavone 5
Rocco Schiavone 5

Rocco Schiavone 6 si farà? La produzione dice “sì”, ma la politica non ama la serie

Un milione 793mila spettatori. Tanti ne ha totalizzati, nella serata di ieri, mercoledì 19 aprile, l’ultima puntata della quinta stagione della fiction dedicata al vicequestore Rocco Schiavone, in onda su Rai 2. Il dato, pari al 10.1% di share, ne fa il terzo programma più visto della serata, dietro alla serie Luce Dei Tuoi Occhi 2 su Canale 5 (2.668mila spettatori, 16.3%) e al programma Chi L’ha Visto? di Rai 3 (1.910mila, 11.8%).

Un risultato ancora più interessante se si considera che la serata era un mercoledì di Champions League, con tanto di squadra italiana (l’Inter) in campo. Gli incontri non sono da tempo sulla tv in chiaro, ma è più che immaginabile che gli abbonati alle piattaforme abbiano abbandonato ieri la programmazione generalista per tifare. Accostata al resto della serie sul dirigente di polizia spedito in esilio ad Aosta, l’ultima è stata la terza puntata più seguita delle quattro.

L’esordio ha fatto il botto il 5 aprile (“Il viaggio continua”, oltre 2,1 milioni di spettatori), seguito in termini di ascolti dalla seconda puntata, sette giorni dopo (“Chi parte e chi resta”, 1,88 milioni), quindi quella di ieri (“Vecchie conoscenze”, 1,79 milioni) e la terza, trasmessa solo due giorni dopo la precedente, cioè venerdì 14, (“Punti di vista”, 1,63 milioni). Un pubblico stabile, a testimonianza del fatto che il personaggio nato dalla penna di Antonio Manzini, ed impersonato sullo schermo da Marco Giallini, ha una consistente base di fan affezionati.

Il ragionamento è però orfano di dati significativi, soprattutto dopo che le abitudini di vita degli italiani sono state rivoluzionate dai lockdown, con l’accresciuta abitudine a fruire di contenuti on demand, attraverso le varie piattaforme. Per i dati Auditel disponibili il mattino dopo, relativi alla tv, il broadcaster statale si tiene ben stretti quelli delle riproduzioni su Rai Play, il catalogo in streaming di tutti i prodotti trasmessi.

Nei corridoi dell’azienda non è però un mistero che quei numeri portano sul podio anche nell’on demand il vicequestore Schiavone, solo dietro a “titoli corrazzata” come Mare Fuori, o la soap Il Paradiso delle Signore. Detto degli ascolti, considerando anche il finale “in sospeso” di questa stagione (non faremo spoiler, però basta aver letto Manzini per sapere quanto resti aperta la porta), la domanda diventa: “vedremo ancora il poliziotto con Loden e Clarks in azione in tv?”.

Se partiamo dal presupposto che la fiction traspone televisivamente i romanzi dello scrittore romano, il materiale su cui lavorare per altre puntate esiste (come emerso anche nella puntata del podcast Illumina Aosta dedicato alla Film Commission Valle d’Aosta). La stagione appena chiusa è infatti un mix tra il romanzo “Vecchie Conoscenze” e i racconti “…E palla al centro” e “Confini”, contenuti nei volumi “il calcio in giallo” e “Una settimana in giallo”. Resta fuori, e quindi sarebbe utilizzabile, “Le ossa parlano” uscito l’anno scorso, assieme ad altri racconti brevi.

Come se non bastasse, seppur non esattamente sventolandolo ai quattro venti (ma facendolo, tra l’altro, in un’intervista a Repubblica), il “papà” di Rocco ha annunciato per fine maggio un nuovo libro, “il più corposo, si intitolerà Elp”. A ciò va aggiunto poi che il presidente e amministratore delegato di Cross Productions, Rosario Rinaldo, parlando al mensile Tivù, ha annunciato che “E’ già in cantiere la sesta stagione di Rocco Schiavone: quattro episodi da 100 minuti”.

Una frase che prosegue con: “Grazie alle vendite all’estero, siamo riusciti a rientrare dell’investimento, e a guadagnarci. Non solo. La stessa Rai è riuscita a sua volta a recuperare parte dei costi sostenuti. Non mi pare che esistano altri prodotti Rai con questi stessi numeri”. Una dichiarazione dall’indiscutibile valore di conferma, ma alcuni episodi riguardanti la fiction sono recenti e non ancora dimenticati.

Antonio Manzini
Antonio Manzini.

In fondo, la committenza della fiction diretta dal regista Simone Spada è la Rai ed essere servizio pubblico, nel nostro Paese, significa non essere indifferenti ai poteri pubblici, politica in primis (che alla vigilanza sulla tv di Stato dedica una apposita commissione parlamentare). Se i numeri fanno del Vicequestore trasteverino tra i quattromila un indubbio prodotto di successo, non sono un mistero le antipatie che la fiction si porta dietro negli ambienti del Centrodestra, oggi nuovamente al governo.

Non solo quelle emerse in occasione della conferenza stampa di lancio della serie, peraltro disertata dai massimi dirigenti Rai, sfociate in una interrogazione parlamentare anni fa, ma anche quelle rilanciate dal senatore Maurizio Gasparri (FI) la settimana scorsa, dopo due puntate. Nelle parole del politico all’AdnKronos, Schiavone “in piena fascia protetta propaganda l’uso di droghe e addirittura ‘consiglia’ con quale vino abbinare la marijuana che fuma”.

“Non sono io un ‘retrogrado’, – ha aggiunto il parlamentare ex An – sono dei pericolosi irresponsabili quanti usano la televisione, e addirittura il servizio pubblico, per propagandare le droghe”. Una visione che Manzini, ancora a fine marzo, ha rimandato al mittente a mezzo stampa (“siamo nel 2023 e penso che il fumo sia un falso problema”), ma con la Rai in odor di rinnovo di governance, nei corridoi di viale Mazzini potrebbero aver trovato orecchie (ben) disposte ad ascoltarle.

La fiction è diretta da Michele Soavi.

Peraltro, gli osservatori dell’azienda tv pubblica non hanno faticato ad annotare la recente “virata” del paradigma narrativo. Per limitarsi a qualche esempio, una fiction in onda sull’asso dell’aviazione Francesco Baracca, un film in arrivo (prodotto anche da Rai Cinema) sul comandante dei sommergibili della Regia Marina nella seconda guerra mondiale Salvatore Todaro. Insomma, uomini in divisa dai contorni (e dai colori) decisamente meno “flou” di Schiavone.

All’immaginario puzzle andrebbe poi aggiunto anche il mancato passaggio della serie – annunciato nel giugno 2022 alla conferenza stampa di presentazione dei palinsesti tv, ma non concretizzatosi – da Rai2 a Rai1. E’ vero che quella ipotesi non convinceva, per primo, Marco Giallini (“è sempre stata una serie trasgressiva e non so quanto possa piacere al pubblico di quella rete”, aveva detto), ma per com’è organizzata la tv di Stato, sarebbe stata una “vetrina” molto più ampia, foriera di share probabilmente ancora più elevati.

Insomma, se le parole di Rosario Rinaldo sgomberano le nuvole sull’orizzonte di Schiavone, il colore del cielo sulla serie, a volte, è apparso non dissimile da quei toni sfumati e crepuscolari cui il regista Simone Spada affida la traduzione degli stati d’animo del Vicequestore. Di sicuro, in Valle, c’è chi tiene al prodotto, realizzato anche con il sostegno del film fund della Film Commission Valle d’Aosta. Alessandra Miletto, direttrice, sulla ipotesi di una nuova serie dice: “Lo spero fortemente. Per ora non ho altri elementi”. Vien da pensare che, tra i monti tanto difficili per Rocco, in tanti si associno all’auspicio.

2 risposte

  1. La fiction del vice Questore Schiavone non dovrebbe finire MAI!!! Troppo belle le storie Troppo simpatici i personaggi (D’Iintino poi “NUMMERO 1” SCHIAVONE POI É UN PERSONAGGIO STREPITOSO non se ne può fare a meno! Che dire di Marco Giallini l’attore con la A maiuscola il primo in assoluto! Bravissimi anche l’ autore e il regista naturalmente

  2. Sai anche qui nell’Olanda la serie TV è popolare. Per fortuna so leggere i libri nella lingua italiana, per conoscere come è andata Schiavone. Aspertare per nuovi episodi è quasi insopportabile non vedo l’ora loro arrivo qui. 👍👍

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