Vladimir Luxuria: “Non sarà un Pride piccolo ma storico”

A poco meno di una settimana dall’attesissimo e coloratissimo evento nostrano, la sua ospite di eccezione si racconta per parlare di attivismo e sensibilità LGBT.
CB EB A AD DEA
Cultura

Attivista, scrittrice, artista e politica, sin dai primi Anni Ottanta Vladimir Luxuria si impegna nella promozione e nella difesa dei diritti LGBT. Organizzatrice del primo pride italiano di Roma datato 1994 nonché madrina di numerosi similari eventi sparsi lungo tutta la Penisola, non manca tuttora di battersi al fine di contrastare e cambiare alla radice fenomeni di intolleranza e biasimo che colpiscono la comunità.

Durante l’’’Aosta Pride”, Luxuria sarà ospite di spicco, nella serata di venerdì 7 ottobre, della Cittadella dei giovani di Aosta, dove si cimenterà nel monologo e stand-up comedy musicale “Stasera ve le canto”.


Nonostante la sezione locale di Arcigay esista dal 1995, l’Aosta Pride rappresenta per la Valle d’Aosta il primo pride in assoluto. Secondo lei a che cosa può essere dovuto questo nostro ritardo nel pensare e allestire tale tipologia di evento?

Nel 1994 mi sono occupata dell’organizzazione del primo pride italiano perciò conosco bene l’ebbrezza, i timori e le aspettative di chi per la prima volta si lancia in una nuova avventura nonché le critiche e le accuse mosse dai detrattori. Anche allora, nonostante siano trascorsi anni, come italiani eravamo di fatto in netto ritardo rispetto a numerose altre capitali mondiali dove simili eventi erano oramai una routine consolidata; eppure, anche a scapito di un iniziale clima di scetticismo e titubanza, la nostra idea si è rivelata un grande successo così come credo accadrà in Valle d’Aosta, una regione in più sulla cartina geografica italiana che ha saputo, dopo la Basilicata e il Molise, mettere in piedi questa splendida tipologia di iniziativa. Non sarà un pride piccolo bensì storico poiché rappresenterà una prima reazione dopo queste elezioni politiche che, ahimè, ne hanno costretto gli ideatori a subire un carico di lavoro maggiore dovuto a spostamenti e slittamento vari: sono comunque curiosa di sentire l’energia e lo spirito che si respireranno quel giorno ad Aosta, penultima città preceduta soltanto dalle province trentine a sperimentare un evento del genere.

Oltre a essere da lungo tempo promotrice di attivismo e a essersi battuta tramite una apposita proposta di legge per il riconoscimento dell’identità di genere delle persone trangender, lei è stata, come detto, organizzatrice del primo Pride italiano. Che cosa significa pertanto essere stata nominata madrina del nostro Pride?

Ho avuto modo di incontrare e conoscere gli organizzatori del Pride valdostano nel corso di un evento simile tenutosi a Torino e, contagiata da un entusiasmo e da un coraggio che tradivano la loro volontà di non arrendersi bensì di continuare tenacemente a lanciare sassi nello stagno dell’immobilità, mi sono proposta come ospite, salvo poi essere eletta madrina in un secondo momento e con grande orgoglio. Finalmente, se posso dirlo, sfileremo con un po’ più di fresco visto che in passato non è mancato su molte strade italiane il forte rischio di liquefazione! Scherzi a parte, sono convinta della partecipazione di molta più gente di quella che i promotori dell’iniziativa si aspettano: questo sarà un pride dell’amore e della reazione non soltanto sul versante dei diritti LGBT bensì anche su quelli dei diritti umani, dei diritti delle donne, dei diversamente abili e molto altro ancora.

Che opinione ha in merito al programma del nostro Pride, tenuto conto che per l’appunto si tratta soltanto di un primo rodaggio?

Per rispondere a questa domanda utilizzerei una sorta di metafora a sfondo teatrale: non è raro che un attore, per quanto pieno di talento, sbagli alcune battute o alcune entrate in scena, ma, se il pubblico è in grado di leggere le emozioni e il convincimento dipinti sul suo volto, lo spettacolo sarà sicuramente un successo. Non dovete preoccuparvi di eventuali e più che legittimati sbagli o sbavature: voi valdostani avete già vinto perché avete avuto e dimostrato appieno l’ardire e la tenacia necessari a organizzare questo evento.

Avrebbe in tal senso qualche consiglio da dare a noi valdostani sia per migliorare futuri eventi simili sia per riuscire a guadagnare una maggiore sensibilità in ambito LGBT?

Ho da poco visionato uno spot pubblicitario che coinvolgeva commercianti e gente comune che, devo dire, mi pare essere stato confezionato molto bene e mi pare valorizzare, come d’altronde farà anche questo pride, la regione come omo ed etero friendly, ciò che sicuramente rappresenterà un buon incentivo turistico a livello nazionale. Se posso permettermi di dare un consiglio agli organizzatori è sicuramente quello di divenire impermeabili alle critiche dei pavidi e di andare avanti per la loro strada con le proprie convinzioni e il proprio spirito; il suggerimento invece per avvicinarvi al mondo LGBT è ancora più semplice: partecipate a questo pride, gay o meno, poiché si tratta di un primo passo nella ottima direzione di un allestimento costante e annuale.

Purtroppo tale nostro evento non risulta esente da tutta una serie di commenti omofobi che puntano il dito contro Comune ed enti organizzatori accusandoli di aver sperperato denaro in una manifestazione a detta loro inutile e superflua. Come risponderebbe a tale tipologia di accuse?

Si tratta, a mio avviso, per lo più di pessime scuse palesate per nascondere il proprio atteggiamento intollerante e omofobo  nonché l’evidente ribrezzo che queste persone provano verso la nostra categoria: non è raro che soldi pubblici vengano stanziati per allestire eventi e iniziative di ogni tipologia ma, qualora esse si rivelassero a sfondo LGBT come d’altronde il pride, non mancherebbero le piogge di critiche a oscurarli.

Immagino che lei abbia avuto modo, nel corso della sua vita tanto personale quanto professionale, di vivere e subire sulla propria pelle similari critiche e rimproveri.

Certamente, mi è capitato soprattutto durante i primi anni e prosegue anche ora non tanto nella vita reale quanto piuttosto sui social network, dove, nascosti da profili falsi o multipli e protetti dalla sicurezza di uno schermo o di una tastiera, gli haters si scatenano con minacce e insulti vari: molti, peraltro, si dicono disinteressati ai miei post ma finiscono con il visitare comunque quotidianamente la mia pagina come se bussassero alla mia porta, entrassero in casa mia e alla fine decidessero di non volerci più restare. A essere sincera, mi sento molto più serena ed equilibrata di coloro che mi accusano: vivo in pace con me stessa e con gli altri e lascio che tutto il resto mi scivoli addosso ignorandolo.

Lei è stata la prima parlamentare transgender dell’intera Europa perciò potrebbe spiegarci come situazioni e disamine politiche attuali potranno influenzare l’ambito dell’attivismo LGBT?

In questo momento il mio unico desiderio è quello di restare allerta e di guardarmi attorno per cercare di capire quali saranno i primi passi del nostro nuovo Governo, che non voglio giudicare in base alla propria campagna elettorale bensì in base alle azioni concrete che esso svolgerà una volta in carica. Non abbiamo paura di quel poco che ci possono togliere ma di ciò che non ci concederanno mai, dal matrimonio egualitario alla legge sull’omofobia sino a concrete proposte di contrasto al bullismo nelle scuole. Tuttavia, speriamo che i nostri nuovi leaders si rendano conto che un paese che fa parte del G7 non può finire con il trasformarsi nell’Ungheria di Europa e che, per converso, dovrà ammorbidirsi e aprirsi su certe tematiche e certi aspetti; inoltre, oltre alla nomina del Primo ministro, sono molto interessata a conoscere chi saranno i ministri incaricati di gestire le pari opportunità, la famiglia e la cultura poiché punti di riferimento importanti per la nostra comunità.

Il manifesto politico dell’Aosta Pride palesa il proprio solido approccio intersezionale all’attivismo*. Che significato ha per lei tale concetto e come sarà possibile esprimerlo durante l’evento?

*Prendendo le mosse da una concezione di identità quale insieme e somma di molteplici tratti – tra i quali il genere, l’etnia o l’orientamento sessuale rappresentano soltanto le basi – ciascuno inestricabilmente unito all’altro, l’idea di intersezionalità sociale e giuridica si riferisce alla sovrapposizione o “intersezione” tanto delle discriminazioni o dei preconcetti che affliggono gli individui quanto dei loro tentativi di reazione trasversale e lotta multipla a più di un fenomeno di intolleranza per volta.

Considero l’approccio intersezionale all’attivismo fondamentale. Spesse volte io stessa vengo discriminata e vista male per una condizione naturale come può essere la mia appartenenza di genere, perciò non posso che ritenermi vicina a tutti coloro che vengono criticati per i loro accenti o il loro colore della pelle. La nostra è una battaglia necessariamente intersezionale che si preoccupi di tutti gli esseri umani e del pianeta che essi abitano, una lotta collettiva per il riconoscimento di diritti l’uno intersecato all’altro.

*attivismo intersezionale: approccio che ritiene la lotta per i diritti civili e sociali inutile a meno che non prenda in considerazione ogni aspetto che compone l’identità personale in quanto intrinsecamente e indissolubilmente legati tra di loro.

Vorrebbe dire qualcosa ai valdostani che attendono con trepidazione il suo arrivo nella nostra regione?

Vorrei concludere semplicemente nella sicurezza del fatto che ci impegneremo tanto per questo pride e ci divertiremo altrettanto partecipando a esso.

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