Sci, gli Assessori delle regioni alpine: “Rischiamo danni per almeno 20 miliardi di euro”

Lanciato un appello al Ministro dell'Economia: "Ci ascolti. Attorno alla stagione invernale abbiamo intere economie di montagna e alcune centinaia di migliaia di posti di lavoro perlopiù stagionali." Confindustria Vda: "Il sistema produttivo valdostano a rischio collasso con relative cadute dal punto di vista sociale". Interrogazione alla Commissione Ue dell'On. Tajani.
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Economia

E’ un appello ad essere quantomeno ascoltati, quello che arriva dagli assessori delle regioni alpine al Governo Conte. L’altoatesino Daniel Alfreider, il valdostano Luigi Giovanni Bertschy, il friulano Sergio Bini, la lombarda Martina Cambiaghi, il veneto Federico Caner, il trentino Roberto Failoni e il piemontese Fabrizio Ricca (Assessore allo Sport Regione Piemonte) non ci stanno a ridurre il dibattito al “solo sci”, inteso “uno svago non indispensabile”, perché ricordano “attorno alla stagione invernale abbiamo intere economie di montagna e alcune centinaia di migliaia di posti di lavoro perlopiù stagionali.

Oltre agli addetti negli impianti, il settore conta le attività di noleggio, le scuole di sci, i ristoranti, i rifugi, gli alberghi, i bar, i negozi e tutte le altre attività economiche legate, dall’artigianato alla filiera alimentare, senza dimenticare il settore dei traporti privati, dei servizi, della moda, dei carburanti.

“Una perdita di indotto pari a 20 miliardi – una cifra vicina all’1% del PIL nazionale – questo il danno che la montagna legata all’industria dello sci sarà costretta a subire senza l’avvio della stagione invernale”. Perdite non solo per le Alpi, ma anche per gli Appennini.

“Senza l’apporto della stagione invernale per la montagna è il disastro totale. Chiudere durante le festività natalizie significherebbe pregiudicare irrimediabilmente l’intera stagione, molti non aprirebbero nemmeno più” scrivono nella nota congiunta gli Assessori delle regioni alpine, chiedendo un incontro al Ministro dell’economia Roberto Gualtieri.

“Quando chiediamo l’apertura dei comprensori sciistici in sicurezza grazie al protocollo approvato lunedì lo facciamo per tutelare un indotto che è vitale per la montagna, ad oggi non ci sono alternative per garantire un tale indotto e occupazione. Pertanto, sia in caso di prolungamento della chiusura dei comprensori sciistici sia nel caso di una riapertura con forti limitazioni di presenze sugli impianti e piste da sci, chiediamo al Ministro Gualtieri e al Governo Conte di prevedere adeguate misure economiche di ristoro per le attività direttamente ed indirettamente coinvolte”.

A parlare di grave danno per l’economia locale è anche Confindustria Valle d’Aosta.  Lo stop allo sci per Natale genera “il rischio di un’escalation che porterà nei prossimi mesi il sistema produttivo valdostano a rischio collasso con relative cadute dal punto di vista sociale” scrive in una nota l’Associazione. In particolare, gli imprenditori del comparto alimentare lamentano cali di fatturato che vanno dal 70% al 90%. “Non possiamo che dirci preoccupati – sottolinea la presidente della categoria Elena Vittaz – per la linea rigorista adottata dal Governo in merito alla riapertura degli impianti sciistici. Il settore agroalimentare rientra a pieno titolo nella filiera che vive dell’industria della neve che, con la chiusura degli impianti, vede notevolmente ridotti i propri fatturati se non addirittura azzerati”. “Non possiamo stare a guardare – prosegue Giancarlo Giachino presidente di Confindustria Valle d’Aosta – mentre scelte scellerate rischiano di cancellare un settore, quello turistico, che è parte sostanziale dell’ossatura economica valdostana “.

Sul fronte politico è da segnalare l’interrogazione a livello europeo dell’Onorevole Antonio Tajani, d’intesa con la coordinatrice regionale di Forza Italia VdA Emily Rini. L’iniziativa, dal titolo “garantire una giusta concorrenza nella stagione turistica invernale in Unione Europea” interroga la Commissione europea per capire se c’è l’intenzione di predisporre linee guida e chiare regole comuni per non “danneggiare le imprese e salvaguardare questo importante settore economico”.

 

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