Cala la produzione di vino in Valle d’Aosta, salta Cantine Aperte

La manifestazione si sarebbe dovuta tenere il 24 e 25 maggio. Il 2024 è stato l’annus horribilis per la viticoltura, con un calo medio del 40%: “Una batosta fortissima”.
grosjean cantine aperte di
Economia

In Valle d’Aosta di “bottiglie nella crotta”, per citare una canzone di qualche anno fa, non ce ne sono più tante. La causa: il maltempo dell’anno scorso. La conseguenza: salta Cantine Aperte. La manifestazione, in programma in tutta Italia sabato 24 e domenica 25 maggio, quest’anno nella nostra regione non si farà.

“Molti produttori tengono la cantina aperta tutto l’anno, quindi magari non vedono Cantine Aperte come un’opportunità”, dice Stefano Celi, referente valdostano di Movimento Turismo del Vino, l’ente organizzatore di Cantine Aperte, che nella nostra regione riunisce sette produttori. “Quest’anno la vendemmia è stata molto scarsa e si farà fatica già a soddisfare i clienti “normali”. Ci siamo presi un anno sabbatico, stiamo valutando di fare qualche evento magari quest’estate”.

Il problema della scarsità della produzione di vino va ben al di là dei sette produttori aderenti al MTV, ma riguarda l’intera Valle d’Aosta, in particolare la zona del centro Valle. “Arrivavamo da due stagioni con piovosità bassissima, è come se l’acqua che non aveva fatto in quei due anni l’avesse fatta tutta nel 2024”, spiega André Gerbore, vicepresidente del Consorzio Vini Valle d’Aosta e presidente della Cave des Onze Communes. “In alta e bassa Valle sono un po’ più abituati a questo tipo di piovosità. Il problema è stato legato anche all’impollinazione: la vite ha un’impollinazione anemotica, quindi se piove e manca il vento, l’impollinazione non c’è. Questo vuol dire che i grappoli avevano la metà degli acini che hanno normalmente”.

La Cave des Onze Communes è la più grande cantina in Valle d’Aosta: “Avendo una zona così ampia, i danni si sono visti”, specifica Gerbore. “Su 5.100 quintali circa di uve ogni anno, l’anno scorso ne abbiamo raccolti 2.300 quintali, quindi un calo del 55% circa: per noi questo si traduce in un milione e mezzo di danni. È difficile farlo capire”. Per cercare di limitare i danni, la Cave si è dotata di un agronomo aziendale che segue tutti i conferitori, perché “con uve belle e sane si fanno i grandi vini. Noi nel tempo abbiamo implementato il settore dell’accoglienza in cantina dei clienti. Questa botta non ci voleva, il mercato del vino valdostano è in crescita: la montagna conferisce ai nostri vini finezza e freschezza che piace molto. Per quest’anno abbiamo dovuto “sacrificare” un po’ il mercato estero per rimanere forti sul locale”.

Per Hervé Grosjean il 2024 “è stato l’annus horribilis: grazie anche alla storicità di mio papà, possiamo dire con certezza che non abbiamo mai vissuto un’annata così difficile negli ultimi 50 anni”. Grosjean dà anche qualche numero: “se nel 2022 e 2023 abbiamo avuto annate ipersiccitose, con circa 250-300 mm di acqua per metro quadro, nel 2024 la quantità di pioggia è triplicata. Per noi questo si è tradotto in un calo medio del 35/40% della produzione: una batosta fortissima, e alcuni ancora non se ne rendono bene conto”.

Tanta pioggia che ha favorito la diffusione di muffe e malattie (come la peronospora), arrivata nei due periodi più importanti per le viti, cioè giugno, durante la fioritura, e settembre/ottobre, in piena raccolta. Alcune varietà internazionali come Gamay, Chardonnay, Pinot Noir e Syrah sono meno suscettibili, mentre gli autoctoni Petit Rouge, Cornalin e Fumin, che sono più sensibili, hanno subito dei grossi cali.  “Il colpo più importante è quello che deriva dai costi di produzione, che sono cresciuti in maniera sproporzionata”, prosegue Grosjean. “Pur sapendo che non avremmo avuto risultati, abbiamo dovuto continuare a curare la vite, perché è la stessa che coltiviamo per 30 e anche 50 anni. Al momento germogli e infiorescenze fanno ben sperare, ma con il meteo così imprevedibile siamo sempre sull’attenti. Per noi è meglio avere un po’ di siccità, perché abbiamo un sistema di irrigazione: il 2023 è stata un’ottima annata che commercialmente ci aiuta a sopperire in piccola parte alle mancanze del 2024”.

Patrick Ronzani, Responsabile dell’unità Viticoltura ed Enologia dell’Institut Agricole Régional, spiega come “lo IAR sia riuscito a limitare i danni, perdendo circa il 10% della produzione, ma le perdite in alcuni casi sono state importanti. A memoria non ricordo un’annata così piovosa e con poco vento come la prima metà del 2024: a causa delle precipitazioni costanti i vitigni sono rimasti troppo umidi, favorendo alcune malattie, in particolare la peronospora, generalmente non così frequente in centro valle. A risentirne sono stati soprattutto alcuni vitigni autoctoni, come Fumin e Petit Rouge, mentre altri, come Pinot Noir, Muller e Gamay, hanno patito meno”.

Un trend fatto registrare anche da Elio Ottin: “Per Fumin e Petit Rouge sì, c’è stato un calo perché sono vitigni più sensibili alla peronospora, ma per gli altri non ci sono stati grossi problemi, tutto in linea con gli anni passati. Quello che abbiamo raccolto era veramente bello, a livello qualitativo è stata una bella annata”.

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