Dazi USA, quanto vale il mercato valdostano dell’export?

Con l'elezione di Trump è tornato in auge il discorso dei dazi sull'export. Ma quanto vale il mercato valdostano? In regione le imprese che esportano erano 213 nel 2021, l'1,9% del totale. Il mercato dell'export cuba a 644 milioni. Nel 2024 quello verso gli USA è cresciuto di quasi il 16%.
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Economia

Ancora prima che Donald Trump vincesse le presidenziali USA 2024, quando la strada del tycoon verso la Casa Bianca era già lanciata, sulla stampa italiana ha cominciato a prendere corpo un tema su tutti: quello dei potenziali dazi doganali che gli States potrebbero mettere in campo per l’esportazione di merci e prodotti oltreoceano.

Spunti di riflessione – la partita dei dazi è ancora nell’iperuranio delle ipotesi, e Trump si insedierà solamente il 20 gennaio 2025 – per valutare il volume dell’export valdostano verso gli Stati Uniti attraverso i dati dello Studio per individuare una strategia complessiva di internazionalizzazione e competitività delle imprese della regione Valle d’Aosta approvato, via delibera, della Giunta regionale e redatto da Promos Italia e dal Centro studi Tagliacarne, su impulso della Chambre Valdôtaine.

Valdostani all’estero

Sin dall’analisi di contesto – niente di inaspettato –, per il 2023 sono state Francia e Svizzera a vedersi destinate la maggior parte delle merci di esportazione valdostane con, rispettivamente, il 20,1 ed il 19,4 per cento del totale. I due “colossi” mondiali, Stati Uniti e Cina, cubano invece per il 7,2 ed il 5,6 per cento. In base ai dati più recenti (del 2021), le imprese esportatrici della Valle d’Aosta sono 213, ovvero l’1,9 per cento del totale in regione. Percentuale inferiore alla media delle aggregato alpino (che cuba a 2,9 per cento) e alla media nazionale (che si attesta al 2,6 per cento). Non solo, dal momento che “dal 2017 al 2021, le imprese esportatrici in Valle d’Aosta hanno subito una considerevole contrazione, passando dalle 292 unità alle 213″ attuali, con un calo del 27,1 per cento. Dato però che fa il paio con le province alpine e l’Italia in generale “dove, però, si è registrata una diminuzione molto meno significativa (-3,9% e -4,4%)”.

Andamento delle imprese esportatrici
Andamento delle imprese esportatrici

A livello complessivo, il fatturato totale generato dalle esportazioni delle imprese valdostane ammonta a circa 644 milioni di euro. E anche se il peso relativo degli USA rispetto agli altri mercati non è specificato dal report, risulta comunque inferiore rispetto a quello degli scambi a livello europeo.

Le cifre verso gli States risultano comunque in crescita nel tempo. Infatti, nel primo rilievo dello studio – quindi nel 2011 – vedevano una percentuale di importazione dalla Valle d’Aosta del 3,2 per cento. Nel documento si legge ora che nel 2023 la regione valdostana ha “superato sia l’aggregato alpino che l’Italia nell’incremento percentuale delle esportazioni verso la Cina (+174,0 per cento dal 2011). Altrettanto elevata è la crescita delle esportazioni verso gli Stati Uniti, con un aumento che supera il +160 per cento in confronto all’anno base, superiore rispetto al resto delle province alpine (+150,2 per cento) ma inferiore al dato Italia (che sfiora il +200 per cento)”.

In Valle d’Aosta – dice il report – i settori primario (aziende agrarie e minerarie), secondario (industria e artigianato) e terziario (commercio, trasporti, comunicazioni, turismo, servizi finanziari) concentrano da soli il 44 per cento delle imprese esportatrici. Il restante 56 per cento delle imprese si distribuisce tra 35 settori. Nelle Province alpine e nel complesso dell’Italia, i primi tre settori concentrano invece il 41,7 per cento ed il 42,1 per cento delle imprese, rispettivamente.

Stando allo studio, l’indice di concentrazione (di Gini) dei prodotti esportati per la Valle  d’Aosta è particolarmente alto (0,97), il che significa che il valore dell’export si concentra su pochissime merci.

Nuove imprese per l’export?

Alle imprese esportatrici, si legge ancora nello studio, “è possibile aggiungere un ulteriore insieme composto da 129 imprese che possono essere definite potenziali esportatrici“, ovvero imprese che “hanno caratteristiche tali da garantire loro un’alta probabilità di esportare se paragonate con le loro ‘colleghe’ che operano nel territorio nazionale, nell’ambito delle province alpine o in regione”.

Imprese potenzialmente esportatrici
Imprese potenzialmente esportatrici

I dati del 2024

Dato che il report si ferma al 2023, per parlare dell’anno in corso è sufficiente consultare l’aggiornamento congiunturale sulle economie regionali redatto dalla Banca d’Italia presentato la settimana scorsa.

Nel documento si legge, nel capitolo dedicato agli scambi con l’estero, che “nel primo semestre del 2024 le esportazioni regionali hanno ripreso a crescere (3,6 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), dopo il minimo post‑pandemico toccato nella seconda metà del 2023. L’andamento è stato nettamente migliore rispetto a quello registrato nel Nord e nella media nazionale, dove si è osservato un calo (rispettivamente del ‑2,5 e ‑1,1 per cento). In base a nostre elaborazioni, l’incremento in Valle d’Aosta è stato più rilevante se espresso in termini reali (9,3 per cento)”.

Nel dettaglio sul mercato con gli States Bankitalia segnala che “l’espansione riflette principalmente il contributo dei macchinari e delle bevande, mentre la metallurgia ha ripreso a sostenere la crescita delle esportazioni solo nel secondo trimestre. Le vendite sono cresciute soprattutto verso i paesi esterni alla Unione Europea: nel Regno Unito esse hanno registrato un incremento di quasi il 170 per cento (sospinto dal settore metallurgico), negli Stati Uniti di quasi il 16 per cento (grazie alle bevande e ai macchinari), mentre in Svizzera l’aumento è stato più contenuto (3,9 per cento). Tra i paesi dell’Ue, si registra un forte calo nell’export rivolto alla Germania (29,4 per cento), a fronte di una sostanziale stazionarietà di quello verso la Francia”.

Rispetto ai principali mercati individuati, nello studio commissionato dalla Regione si segnala “l’opportunità di prendere in maggiore considerazione” la Germania, che costituisce il terzo mercato di destinazione dell’export valdostano ma che “costituisce il mercato potenzialmente più rilevante per le filiere individuate”. Questione per la quale “si raccomanda di potenziare le attività di scouting e supporto alle imprese sul mercato per incrementare le quote di export”.

La prima destinazione, come detto, è la Francia, considerata “il mercato di prossimità più interessante e nel quale la presenza delle aziende valdostane può essere rafforzata prevedendo attività integrate plurisettoriali, anche rispetto alla partecipazione alle gare d’appalto, e attività legate alla promozione turistica”. Discorso simile per la Svizzera, “mercato di forte presenza delle imprese valdostane, ma stante le complessità normative e le barriere tariffarie e non-tariffarie che incidono sui diversi settori, potrebbe essere considerato un mercato su cui non investire in maniera proattiva ma un mercato su cui facilitare le relazioni e le transazioni già esistenti”.

Rispetto agli altri mercati europei, invece, “si segnala l’opportunità di considerare sia per le attività legate alla promozione della produzione regionale sia dell’offerta turistica, prevedendo quindi attività integrate del sistema regionale, mercati quali Polonia, Spagna, Svezia, Belgio che costituiscono realtà con un forte e crescente interesse per i prodotti italiani e su cui il mercato unico costituisce una facilitazione degli scambi”.

Tra i mercati extra-europei di interesse, lo studio indica anche il Giappone “per gli effetti positivi che l’EU-Japan Economic Partnership Agreement sta avendo nel rafforzare gli scambi tra imprese europee e giapponesi, specialmente per prodotti di elevata qualità”, soprattutto per “alimentari, vino e alcolici, abbigliamento, arredo e prodotti per la casa”, ma anche dal “prezzo medio-alto per l’appeal del Made in Italy”. Valutazione supportata da un dato: “Dall’entrata in vigore dell’agreement – si legge infatti – si registra un +10 per cento delle vendite di prodotti caseari europei in Giappone (+47 per cento solo per il burro), un +20 per cento per le vendite di bevande e alcolici”, tenendo in considerazione “la prossima Expo Osaka che si terrà dal 13 aprile al 13 ottobre 2025” che fornirà “la possibilità di beneficiare di una grande vetrina internazionale per le imprese valdostane, qualora si prendesse in considerazione l’organizzazione di attività integrate di promozione della Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste”. Uno studio del Politecnico di Milano ha stimato “un aumento del 20 per cento delle esportazioni verso il Giappone e l’Asia Orientale, grazie alla partecipazione dell’Italia a Expo 2025 Osaka”.

Nello studio c’è spazio anche per il Canada, “sia per la componente turistica legata al turismo sportivo e green, sia per la parte di export facilitata dall’impatto che il CETA (EU-Canada Comprehensive Economic and Trade Agreement) sta avendo per le imprese europee, eliminando  il 99 per cento dei dazi e prevedendo una tutela per i prodotti di origine europea”.

E – focus del nostro ragionamento –, gli Stati Uniti, da prendere in considerazione per “la dimensione del mercato che lo rendono il primo mercato di destinazione extra-europeo  delle merci  italiane”, ma anche per “la  rilevanza  del mercato nelle esportazioni vinicole consentendo una maggiore diversificazione delle vendite e più alte marginalità” per le quali, ad esempio, ““si propone di valutare iniziative in concomitanza del Vinitaly USA” e, infine, “per l’attrazione di turisti eco-consapevoli alto spendenti e amanti della montagna”.

L’appeal del Made in Italy e la spinta del metallurgico

A livello generale, lo studio riporta che per la regione – il dato emerge dai focus group istituiti per redigere il documento – “esistono significative possibilità di crescita attraverso il rafforzamento del brand, l’innovazione tecnologica e la diversificazione dei mercati. Settori come l’artigianato e il turismo possono sfruttare l’appeal delMade in Italy’ e della sostenibilità”.

Il grande impulso alle esportazioni arriva dal settore metallurgico. Nello studio si legge, infatti, che “la totalità delle imprese attive nella metallurgia (il settore più rilevante sia in termini di fatturato che di valore esportato) sono esportatrici”.

L'incidenza delle imprese esportatrici
L’incidenza delle imprese esportatrici

Seguono le imprese del comparto della fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica, (il 66,7 per cento delle quali sono esportatrici), le apparecchiature elettriche e quelle per l’industria delle bevande (50 per cento), le fabbricazioni di uso domestico non elettriche (42,9 per cento) e la fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (30,6 per cento).

In fondo alla classifica, con quote uguali o inferiori al 3 per cento, si trovano invece le attività legate al commercio all’ingrosso e al dettaglio, la riparazione di autoveicoli e motocicli, il trasporto terrestre e quello attraverso condotte, le attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale, i lavori di costruzione specializzati e la costruzione di edifici”.

Per incidenza del valore esportato, “se si rapporta il valore delle merci esportate sul totale del fatturato emerge – nuovamente – il primato del settore metallurgico (74,2 per cento)” cui seguono “le altre industrie manifatturiere (67,8 per cento), la fabbricazione di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche (55,7 per cento), l’industria delle bevande (50 per cento) e le imprese attive nella stampa e riproduzione di supporti registrati (44,1 per cento)”.

L'incidenza del valore esportato
L’incidenza del valore esportato

L’incidenza della Valle d’Aosta in termini di valore esportato sul fatturato “risulta notevolmente più elevata rispetto all’aggregato alpino e all’Italia nel complesso (38,6 per cento contro il 30,1 per cento e 28,7 per cento, rispettivamente)”. Tuttavia, “se si esclude la principale impresa esportatrice, l’incidenza diminuisce notevolmente, scendendo al di sotto del 20 per cento“, quindi inferiore rispetto alle due medie prese a riferimento.

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