Engineering: a Pont-Saint-Martin 17 dipendenti perderanno il posto

Tra i 50 dipendenti che riceveranno la lettera di licenziamento ci sono quelli impiegati nella sede di Pont-Saint-Martin. Giovedì assemblea sindacale. Pd: “politica, istituzioni nazionali e regionali facciano fronte comune”.
La protesta di ieri alla Engineering.it
Economia

Con il fallimento del tavolo della trattativa per il caso Engineering l’epilogo della vicenda è davvero amaro, in particolare per i 50 dipendenti, di cui 17 in Valle d’Aosta, che si vedranno recapitare a casa la lettera di licenziamento. Alla Engineering di Pont-Saint-Martin lavorano circa 300 dipendenti e giovedì prossimo, dalle 13.30 alle 14.30, è stata convocata un’assemblea sindacale per concordare ulteriori azioni di protesta.

Alla notizia del mancato accordo il Partito Democratico Valle d’Aosta ha espresso sconcerto e preoccupazione e ha evidenziato nelle parole del segretario regionale Raimondo Donzel come “la mancanza di un forte ruolo di mediazione della politica porta ad una rottura carica di gravissime conseguenze per i lavoratori attualmente in cassa integrazione, proprio mentre questa fase di crisi economica dovrebbe vedere, al contrario, imprese e sindacati uniti allo scopo di mantenere i livelli produttivi e occupazionali delle fabbriche” chiedendo infine che “la politica e le istituzioni nazionali e regionali facciano fronte comune per scongiurare tale scenario”.

‘La responsabilità di questo fallimento è da attribuire senza riserve alla mancanza di volontà aziendale di voler raggiungere un accordo anche minimo sul destino di questi ‘residui’ 50 lavoratori che ora sono stati scaraventati nel baratro della disoccupazione in un momento dove dovrebbe esserci la massima sinergia tra le parti sociali per salvaguardare posti di lavoro’‘. Così scrive invece in una nota il Comitato centrale cassa integrati Engineering.it che evidenizia “In questa proposta, che per grandi linee prevedeva una proroga di un anno della CIGS, pretendendo tra l’altro l’avvallo delle OO.SS. nel dichiararla per “Stato di Crisi”, inconcepibile visti i bilanci e l’andamento aziendale, si sarebbe dovuto derogare al CCNL e a qualsiasi legge che impedisse all’azienda di trasferire (non a mandare in trasferta) i lavoratori in qualsiasi parte d’Italia, avendo mano libera nel licenziarli nel caso avessero rifiutato. In questo modo l’azienda avrebbe potuto dichiarare che il licenziamento avveniva per giusta causa, salvaguardandosi da qualsiasi ricorso legale”.

 

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