Una panoramica sulla crisi, dalla macro-situazione globale a quella specifica italiana. Un quadro sulle luci e le ombre della recessione economica che attanaglia dal 2008 il mondo intero è stato presentato questa mattina all’interno del Consiglio Generale della CISL, presso la Pépinière d’Entreprises.
È il Segretario regionale Riccardo Monzeglio a fare gli onori di casa prima di cedere la parola alla lunga disamina dell’ospite Alberto Berrini, economista e consulente economico di FIBA/CISL nazionale, e a parlare anche dell’accordo raggiunto il 10 gennaio a Roma tra le parti sociali e Confidustria: “L’intesa con Confindustria – spiega Monzeglio – è un valore che supera le regole tra le parti, soprattutto in un Paese in cui la politica e i partiti hanno prodotto divisioni e immobilismi. Abbiamo stabilito delle regole con Confindustria e accordi chiari per la rappresentanza di primo livello, per firmare i contratti nazionali e per le rappresentatività aziendali locali e regionali. Questo Consiglio Generale nasce dall’esigenza di saper leggere la crisi economica che viviamo, perché questo ci servirà anche per difenderci a livello regionale. La Valle d’Aosta non è infatti esente da questa situazione, ed è importante capirla per poterne uscire. Qui ci stiamo entrando ora ed è quindi impossibile vederne la fine, ma la speranza è di vederla presto almeno a livello nazionale”.
Una situazione plumbea complessivamente plumbea, anche per la realtà regionale: “Ci sono diverse criticità – prosegue Monzeglio – come un’iniqua ridistribuzione dei redditi e della ricchezza. Non si riesce a creare lavoro, non aumentano i salari, non si vende, si entra in mobilità e in cassa integrazione, diminuiscono le spese. Il problema, nazionale e regionale, non è stato risolto dalle soluzioni tecniche, ora servono soluzioni politiche per superare l’impasse senza approdare a derive autoritarie”.
Ancor più dura l’articolato intervento di Alberto Berrini: “Il mondo è completamente diverso da prima, e dopo la crisi avremo un mondo nuovo che non sarà mai quello del 2007. Alcuni cambiamenti epocali sono già in atto ma si va avanti ugualmente con gli stessi modelli superati. Oggi la disoccupazione europea è di oltre il 12%, una questione drammatica perché anche dove è cominciata la ripresa si fa fatica a creare lavoro. Il rischio oggettivo è quello della ripresa senza occupazione”.
Tre le sfide che ci attendono, secondo Berrini: “Il lavoro anzitutto e l’iniqua distribuzione delle ricchezze dimostrata dal fatto che 85 persone al mondo hanno il patrimonio pari a quello di altri 3 miliardi e mezzo di persone, metà della popolazione mondiale. E infine c’è una sfida anche democratica, dal momento che i redditi sono concentrati nelle mani di poche persone che hanno il potere di mettere la politica sotto scacco”.
Ancor più drammatico, manco a dirlo, è il caso italiano, che svetta per immobilismo all’interno della crisi: “Il PIL italiano è fermo da dieci anni – spiega Berrini – e l’Italia stessa non si è fermata nel 2007, ma dal 1995. Una produttività ferma da quasi vent’anni, un Paese fermo in un mondo che corre. Rispetto al 2007 abbiamo perso 9 punti di PIL e il 25% della produzione industriale”.
Anche se, in fondo, qualche speranza all’orizzonte c’è: “Bisogna aumentare il potere d’acquisto – conclude Berrini – e dove si può pagare salari più alti, altrimenti intervenire a livello fiscale. Senza l’Europa non ne usciremo, ma l’Europa stessa deve essere diversa. L’Italia ha tutte le possibilità per uscirne e da lì bisogna partire, ad esempio dall’istruzione che rimane di alto livello e dalla fiducia nei nostri giovani competenti”.