E’ tornata a vivere la “Pianta Grossa”, l’ippocastano secolare che fino al 2009 ha fatto bella mostra di sé sulla strada statale che da Donnas porta a Pont-Saint-Martin. Per trent’anni – dagli anni 50 agli anni 80 – la Pianta Grossa è stata anche un’osteria molto nota in tutta la Bassa Valle. Oggi le vigne che hanno rifornito l’antica osteria sono state prese in mano da Luciano Zoppo Ronzero, che ha battezzato con il nome di Pianta Grossa la propria nuova etichetta.
Da manager a viticoltore
Padre di quattro figli e sposato con Cristina, per anni Zoppo Ronzero ha lavorato in Vodafone prima nella sede di Ivrea e poi in giro per l’Italia fino a diventare Project Manager a Milano. “Uscivo alle 6 del mattino e tornavo alle 10 di sera – dice – ma il mio lavoro era fatto di riunioni, mi mancava qualcosa che fosse veramente mio. Oggi con il lavoro della vigna, mi capita di non vedere nessuno per ore e poi di incrociare il vicino che mi saluta con un ‘Heilà’. Ma sono sempre stato felice della scelta che ho fatto”. Ma Zoppo Ronzero tiene a una precisazione: “Raccolgo un’antica tradizione di famiglia, ma non ci si improvvisa in questo mestiere. E’ bene circondarsi di persone esperte”.
La produzione
Nel 2013 c’è stata la sua scelta di mollare il lavoro, poi la prima vendemmia. A distanza di due anni è uscito anche il primo vino, il “396” un Rouge Vallée d’Aoste che prende il nome dall’età della Pianta Grossa, l’ippocastano che aveva 396 anni quando è stato abbattuto. Il 396 è prodotto per il 90% da uve di Nebbiolo Picotendro e per la restante parte da vitigni tradizionali a bacca rossa. Ne sono state prodotte 2.400 bottiglie, ma all’orizzonte c’è l’ipotesi di produrre il Donnas doc: sarebbe il primo caso di produzione privata di questo vino.
Le vigne
La coltivazione dell’uva avviene su un’estensione di 16mila metri quadrati in parte di proprietà e in parte in affitto. “Fra i primi a darmi fiducia è stato Giorgio Chenuil – racconta Luciano Zoppo Ronzero – l’ex consigliere regionale morto qualche mese fa. Molte vigne vengono abbandonate perché non le cura più nessuno. Nel mio caso è un lavoro appassionante, ma faticoso perché mi occupo direttamente di tutta la filiera: dalla potatura alla contabilità e alla distribuzione”.