Le modificazioni apportare in sede di Consiglio dei Ministri al finanziamento del Superbonus non paiono aver convinto nemmeno architetti e ingegneri, ambedue coinvolti in numerose fasi di progettazione preliminare e lavoro edilizio. A destare delusione è soprattutto una errata formulazione della misura che ha impedito di fatto tanto ai professionisti di organizzarsi e strutturarsi quanto alle imprese di crescere investendo in risorse umane e tecnologie. Aspramente criticata inoltre anche la mancata promessa di una rigenerazione architettonica e paesaggistica oltre che energetica di edifici bisognosi di interventi urgenti e celeri.
“Lasciare alle future generazioni un sistema edilizio migliore”
“Nel 2020 era possibile procedere alla cessione del credito anche per i cosiddetti bonus minori, ciò che ha creato una prima criticità determinata dall’asimmetria di gestione con il Superbonus, assoggettato sin dall’inizio a regole stringenti tra cui l’asseverazione dei professionisti – racconta la presidentessa dell’Ordine degli ingegneri, Alexia Benato, rammentando peraltro il freno imposto a lavori già progettati o avviati dal cosiddetto Decreto antifrodi -. È questo, a mio parere, il momento in cui si è preso coscienza che il sistema della cessione senza regole e controlli poteva generare una emorragia nelle finanze dello Stato ed è da allora che hanno iniziato a essere introdotte a cascata le modifiche normative che hanno portato alla situazione che ben conosciamo”.
Stando all’Ordine regionale l’aver optato per una cessione di credito a fronte del pagamento di una piccola percentuale del valore dei lavori ha esentato il committente dall’anticipare l’importo integrale dei lavori per recuperarlo poi spalmato sui dieci anni successivi demotivandolo così a una azione di controllo.
“Se diversamente impostato permettendogli di mantenere la propria centralità, il sistema avrebbe potuto avere impatto sociale agevolando l’esecuzione di lavori importanti anche per coloro che, a causa di redditi medio-bassi, non avrebbero potuto usufruire dei supporti statali per le ristrutturazioni – prosegue Benato -. Tale impostazione unita all’instabilità normativa ha finito con l’applicare correzioni in corsa a una misura già di per sé fallimentare con riverberi negativi su professionisti e imprese che oggi rischiano il default”.
Anche le recenti variazioni burocratiche convincono poco i professionisti valdostani, che temono sia oramai tardi per imporre limiti alla spesa pubblica e garantire un sistema virtuoso che finanzi esclusivamente gli interventi multipli di riqualificazione energetica abbinata a recupero sismico, innovazione tecnologica e rilancio sociale.
“Sarebbe stato necessario stabilire regole chiare e una equa distribuzione delle risorse, il tutto inserito in una visione strategica e sistemica del Paese e riferito a tempistiche corrette e coerenti con la durata dei titoli edilizi per l’esecuzione dei lavori – termina Benato -. È dunque utile mettere in atto le riflessioni di questi mesi capitalizzando e imparando dagli errori per la gestione della nuova direttiva sulle case green, portata avanti tramite uno studio dell’edificio nel suo complesso non tanto per godere del bonus ma per lasciare alle future generazioni un sistema edilizio migliore di quello che abbiamo ereditato”.
“Un importante strumento economico e sociale”
“La misura, troppo ampia e poco efficace, è stata sin dall’inizio mal applicata nel corretto spirito della legge oltre che mai controllata o monitorata nella totale incapacità di ragionare sul medio e sul lungo termine – constata il presidente dell’Ordine di architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, Sandro Sapia, non negando una certa amarezza per la recente piega presa dal provvedimento -. Rincari continui, gestione precaria e assenza di regolamentazione hanno reso complesso operare per tutti i professionisti di operare, interrompendo larga parte dei lavori già dalla decisione presa dalle banche nel novembre scorso di smettere di assumersi i crediti”.
Secondo l’Ordine valdostano la priorità avrebbe dovuto essere assegnata all’individuazione degli edifici in stato maggiormente critico, tra cui strutture vecchie e non più a norma, immobili siti all’interno dei borghi delle piccole comunità di montagna e dei centri storici in cui è problematico intervenire, case popolari e abitazioni che necessitavano di un rafforzamento anti sismico.
“Il Superbonus avrebbe dovuto rappresentare un importante strumento economico e sociale capace di creare indotti rilevanti nonché di venire incontro alle esigenze delle fasce più deboli della popolazione – continua Sapia, notando come gli ultimi ritocchi alla misura non facciamo che restringerne ulteriormente la platea dei fruitori -. È giusto, a mio parere, riprenderlo in mano e cercare di gestirlo meglio puntando a obiettivi utili e di interesse collettivo e portando avanti gli interventi ancora in sospeso e progettandone di nuovi”.
La preoccupazione dei sindacati per aziende e lavoratori
Anche le principali sigle sindacali valdostane puntano il dito contro le variazioni recentemente apportate al cosiddetto Superbonus. Accanto all’eliminazione di sconto in fattura e cessione del credito di imposta approvate dal Consiglio dei Ministri ieri, giovedì 16 febbraio, i rappresentanti dei lavoratori della regione esprimono pareri dissonanti circa la nuova ipotesi di permettere alle banche di compensare le quote dei crediti maturati dalle imprese servendosi dei debiti fiscali derivanti dagli F24.
L’appello di Fillea Cgil
“Il Superbonus era servito e serve tuttora per aiutare la ripresa del comparto edile ed è ovvio che questo nuovo decreto ci metta in allarme, sia a livello italiano che a livello regionale”, commenta il segretario generale di Fillea Cgil, Roberto Billotti, accodandosi alle dichiarazioni già rilasciate dal segretario del comparto nazionale, Alessandro Genovesi. “La decisione – aggiunge – non potrà che avere ricadute pesanti anche a livello professionale, costringendo strutture piccole e piccolissime senza lavoro e portando tutto il sistema a rischiare un inevitabile blocco”.
Secondo la sigla sindacale la conversione dei crediti sotto forma di F24 potrebbe rivelarsi una buona strategia tuttavia ancora insufficiente a raggiungere gli scopi ultimi della misura, cioè l’impiego di un numero sempre più elevato di professionisti e l’avvio di una completa rigenerazione urbana e ambientale.
“Durante questi anni abbiamo davvero notato un incremento di massa salariale e imprese in Valle d’Aosta ma, se gli incentivi dovessero essere tolti, esse sarebbero costrette a ricorrere a licenziamenti, portando le famiglie a perdere in parte o del tutto le proprie entrate – continua Billotti -. L’Italia si troverebbe così suddivisa nelle due classi sociali di coloro che possiedono denaro a sufficienza per gestire la ristrutturazione della propria casa e quanti invece sono costretti ad abitare in condizioni insalubri perché finanziariamente vincolati”.
Fillea Cgil non nega una certa delusione per la mancata convocazione da parte del Governo, che durante l’incontro dello scorso lunedì 20 febbraio ha voluto sondare pareri e suggestioni dei principali rappresentanti di categoria.
“Speriamo di poter essere presto ascoltati al fine di proporre le nostre idee per risolvere una problematica delle imprese che diviene inevitabilmente una problematica dei lavoratori – conclude Billotti -. Secondo voci attuali, alcune Regioni stanno ipotizzando di prendersi in carico i crediti residui e, dato che la Valle d’Aosta è in possesso di una finanziaria regionale, ci appelliamo al nuovo Governo locale affinchéé esso possa almeno vagliare tale proposta”.
L’edilizia come volano
Come i colleghi, anche il segretario di categoria di Savt Costruzioni, Stefano Enrietti, non nasconde il proprio timore per un cambiamento che rischia di ribaltare la crescita del settore delle costruzioni quanto a risorse umane e indotto registrata nell’ultimo periodo.
“L’edilizia rappresenta un volano per tutti i comparti a essa correlati, ma se subisce danneggiamenti le ripercussioni ricadono su tutta l’economia nazionale – la sua osservazione -. Speriamo emergano ripensamenti da parte del Governo poiché, oltre la categoria dei lavoratori edili, le ricadute pesano anche sulla fascia di cittadini che grazie al bonus aveva potuto permettersi di sognare una casa e una vita migliori”.
Bonus sismico e case popolari
“La misura ha purtroppo funzionato interessando poco quartieri periferici ad alta densità abitativa o case popolari desuete e favorendo al contrario redditi alti e dimore più energivore – constata il segretario generale di Filca Cisl, Salvatore Teresi -. La poca programmazione e l’incapacità di imprese improvvisate, un centinaio delle quali nate soltanto nella regione, di collocarsi sul mercato hanno permesso ai grandi gruppi la speculazione, così come la scarsa panoramica sui materiali da utilizzare ha finito con il farne lievitare i costi”.
I referenti di aziende e professionisti valdostani insistono sull’urgenza di un apposito tavolo per la ricerca di soluzioni di più ampio respiro e la stesura di una precisa tabella di marcia capace di dare risposte concrete al settore edile e al territorio in cui esso opera.
“Dobbiamo permettere al comparto di stabilizzarsi e di crescere nel tempo e alle realtà locali di riqualificarsi per rivendicare il proprio posto sul mercato – spiega Teresi -. Guardare al futuro significa, per esempio, lasciare che soltanto redditi bassi e situazioni famigliari complesse possano beneficiare di una copertura finanziaria totale, rivedendo la forma del bonus per rivolgerlo a coloro che ne hanno più bisogno”.
Stando a Filca Cisl, risultano fondamentali in prospettiva anche i benefici legati al Bonus sismico nonché gli interventi dedicati alle case popolari.“Il Bonus sismico deve poter viaggiare di pari passo con il Superbonus perché a oggi circa il 65% delle abitazioni non è a norma e perché mancano risultati e ricadute sociali che questi provvedimenti avrebbero dovuto avere – chiude Teresi -. In merito al patrimonio delle case popolari proponiamo di nominare, come peraltro già accaduto nelle zone del sisma e del Ponte Morandi, alcuni commissari straordinari che gestiscano le risorse economiche e portino a compimento i lavori in maniera regolare e puntuale”.
Superbonus, stop a cessione dei crediti e sconto in fattura. “Imprese e cittadini privati di un importante vantaggio”
È entrato vigore venerdì 17 il decreto legge approvato giovedì 16 febbraio dal Consiglio dei Ministri, che impone un freno a qualsivoglia forma di cessione dei crediti di imposta relativi agli incentivi fiscali. La modifica, proposta dal Ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti e approvata dalla Presidente Giorgia Meloni, va a toccare anche tutta la serie di interventi di recupero del patrimonio edilizio ed efficientamento energetico facenti capo al cosiddetto Superbonus. Il duplice obiettivo del Governo è quello di arginare la problematica dei crediti fiscali delle aziende limitando al contempo le ripercussioni sulle casse dello Stato.
Lo stop
Coloro che sceglieranno di aderire al Superbonus non potranno più optare per il cosiddetto sconto in fattura né per la cessione del credito di imposta; la misura non viene tuttavia applicata alle operazioni già avviate e tuttora in corso.
Inoltre, ferma restando la possibilità di detrazione degli importi corrispondenti, non sarà più consentita la prima cessione dei crediti né per spese pari o superiori a 200 mila euro per la riqualificazione o la prestazione energetica delle parti comuni degli edifici condominiali né per spese per la riduzione del rischio sismico realizzati su condomini o all’interno di comuni classificati tramite demolizione e ricostruzione di intere strutture.
Un secondo provvedimento governativo introduce il divieto per le pubbliche amministrazioni di farsi esse stesse cessionarie: in tal senso, comuni, province, regioni e in generale enti pubblici non sono più legittimate ad acquistare crediti fiscali legati a lavori di ristrutturazione.
Le eccezioni
Con le nuove norme il fornitore che ha applicato lo sconto e i cessionari che hanno acquisito il credito e che siano in possesso della documentazione utile dimostrare l’effettività delle opere realizzate non incorrono in alcuna tipologia di violazione; lo stesso vale anche per quei soggetti che abbiano comperato i crediti da banche o società bancarie con le quali essi abbiano stipulato un contratto di conto corrente del quale possiedono opportuna modulistica.
Le ricadute
“È prematuro ipotizzare dati e numeri ma di certo imprese e cittadini sono stati privati di un importante vantaggio che spingeva molti ad avviare lavori anche con disponibilità finanziaria scarsa – commenta Stefano Fracasso, segretario regionale di Confartigianato imprese Valle d’Aosta -. È chiaro dunque che larga parte degli interventi verrà meno o verrà bloccata con conseguente timore di gravi impatti anche sul comparto edile”.
Il Consiglio ha in aggiunta concordato che le associazioni di rappresentanza delle categorie maggiormente interessate dalle disposizioni del decreto legge avranno modo di incontrare e dialogare con le fila del Governo il prossimo lunedì 20 febbraio.
“Stiamo cercando di capire come muoverci e che cosa proporre a livello di confederazione generale per tentare di mitigare l’impatto di tali modifiche e per tale ragione abbiamo già preso contatti con gli esponenti del Governo per definire il contraccolpo futuro economia e perdite – anticipa ancora Fracasso -. Si tratta di un decreto che ovviamente deve essere convertito e speriamo di poter vedere qualche miglioramento al testo già in sede di Commissione.
Bonus strutturali
“Il testo in vigore non ha avuto nessun confronto con le associazioni che rappresentano il settore e purtroppo cancella in toto quanto previsto dall’articolo 121 del decreto legislativo per il rilancio – aggiunge il segretario generale di Feneal Uil, Marco Anelli, sottolineando l’importanza di interventi quali adeguamento sismico e messa in sicurezza del patrimonio edilizio a contrasto di tragedie come il recente sisma in Turchia -. Tale decisione denota ancora una volta la miopia di un Governo che rischia di mettere in ginocchio non solo un comparto ma una intera politica economica e ambientale con danni ingenti all’occupazione e alla crescita e che allontana l’Italia dall’Europa e dal vincolo delle emissioni zero da essa imposto”.
Secondo il sindacato, inoltre, il provvedimento applicato al Superbonus rappresenta per il Paese una seria minaccia di recessione: la paralisi dei lavori dediti al risparmio energetico e alla riqualificazione degli immobili privati rischia di generare il fallimento migliaia di imprese a livello nazionale e a livello regionale con conseguente perdita di posti di lavoro.
“Ci tengo a ricordare che il comparto delle costruzioni racchiude e coinvolge una serie di lavorazioni quali metalmeccanico, trasporti, commercio e già discorrendo – osserva ancora Anelli -. Il nostro auspicio è che il Governo faccia marcia indietro e che Superbonus, Bonus facciate ed altri bonus edilizi possano diventare nel più breve tempo possibile strutturali mantenendo le medesime agevolazioni a oggi previste”.
Una risposta
Per piacere, in due anni abbiamo regalato all’ edilizia (speculazione sui prezzi compresa) oltre 100 miliardi di euro, … e ancora piangono! Tra l’altro con scarsi risultati in tema di ambiente. Cito un’intervista di Assoimmobliare:”Per risolvere il problema energetico del patrimonio immobiliare, la Germania ha costruito migliaia di edifici in classe A+ e ha demolito quelli di classe inferiore. Noi invece mettiamo una pezza incentivando il passaggio dalla classe G alla classe D di una porzione limitata del nostro patrimonio. È come se, anziché costruire auto elettriche, avessimo dato incentivi per sostituire le marmitte. E lo facciamo spendendo una quantità enorme di denaro pubblico che potrebbe essere utilizzato in modo molto più efficiente”.