Immortalato in una delle foto più vendute l’imprenditore italiano che sembra Eastwood

In un'intervista al Corriere della Sera
News Nazionali
Roma – (Ign) – Capelli biondi, occhi azzurri. Sembra Clint Eastwood, e la gente per strada lo ferma per ricordarglielo e fare una foto. Si chiama Carlo Marchi, ha 79 anni ed è imprenditore. Ma soprattutto è diventato famoso il 22 agosto del 1951, senza volerlo. Quel giorno la reporter Ruth Orkin fa passeggiare una modella statunitense per le strade del capoluogo fiorentino, immortalando quegli italian pappagalli nello scatto American girl in Italy. Fotografia che, ricorda Marchi in una lunga intervista al Corriere della Sera nella quale ripercorre la sua vita da quel giorno, è "secondo il New York Times la seconda più venduta al mondo". "È il 22 agosto del 1951. Firen­ze. Un caldo boia. Ho 21 an­ni – racconta l'imprenditore – e studio ingegneria. Si va al Gambrinus a giocare a biliardo perché c'è l'aria condizionata. Guido una Lambretta, dietro porto un mio amico che fa il cameriere. In piazza della Repubblica, davanti al Caffè Gil­li, vediamo una bella donna america­na che passa. Si voltano tutti, qualcu­no fischia, noi accostiamo al marcia­piede".

Cinque anni dopo per Marchi è il momento di cambiare. E lo fa inizando una vita intensa, fatta di amicizie importanti e celebri. "Parto per gli Usa con 1.500 dollari, arrivo a Chicago". Subito un viaggio a Las Vegas "con un'amica californiana e un rotolone di banconote. Si gioca al Sands con Frank Sinatra". Nel 1957 Marchi si sposta in Florida, nazione "Caldissima, umida, serpenti a sonagli. Lavoravo come ingegnere idraulico. La sera ar­rotondavo guidando barchette elettri­che per turisti. C'era una ragazza sviz­zera, campionessa di sci d'acqua, che si esibiva come attrazione. Marina Do­ria, siamo amici da allora".

Ma la Florida evidentemente è stretta, e Marchi passa in New Mexico a fare il minatore. "La paga è due dollari e quaranta cen­ts all'ora", e ci tiene a sottolineare che non si tratta di una lavoro faticoso: "Ma va. Sot­toterra si stava d'incanto, 19 gradi, pa­reti di cristalli color salmone". E niente piccone, dice al Corsera: "Ma che pensa? C'era la macchina che faceva tutto".

Pochi mesi e anche il New Mexico e un'altra parentesi in miniera in Canada finiscono nel passato, per fare spazio a una più interessante permanenza a Beverly Hills e a Hollywood, in California. "Avevo due amici lì. Uno – racconta ancora Marchi – era Gregory Peck, l'altro un contadino del Nebraska che si chiamava Henry Fonda. Qualcuno ci ha presentati, non ricordo chi. Gre­gory era un tirchio tremendo. Nel 1958 ci fu un party per il film The big country . Costò 47.500 dollari, pagava William Wyler. Ma lui soffriva lo stes­so. Hank Fonda era simpatico. Ebbi un flirtino con la figlia Jane, allora era molto carina, dopo è diventata antipa­tica. C'era Liz Taylor, vedova da poco, non ricordo di che marito. E Rock Hu­dson. Disperato – ricorda – per­ché gli toccava bacia­re un sacco di don­ne". Nessun particolare 'piccante' trapela dall'intervista. Un rammarico sì: "Dorothy Malone. Non c'è stato niente da fare".

Marchi, poi, ricorda i due mesi passati a Santa Barbara: "Mi mante­nevo giocando a bridge. Vincevo. Gli altri, ad una cert'ora, erano sempre al­ticci". Durante la permanenza al villaggio universitario della Graduate School of Busi­ness della Columbia University a New York, la sera "uscivo spesso con un pitto­re perennemente ubriaco, si chiama­va Jackson Pollock. Volevo comprar­gli un quadro. Quanto costa? Tremila il piccolo, 5 mila il grande. Troppo, gli dissi. Pensavo ne bastassero 500. E lui: ok, andiamo a bere".

Infine, l'incontro con la donna della sua vita, la moglie Gioia Falck, dalla quale in 49 anni di matrimonio ha avuto tre figli, Ferruccio, Filippo e Federico: "Ma io non sapevo nemmeno chi fosse, la sua famiglia", rivela Marchi raccontando di quando gliela presentarono a New York, quella ragazza milanese con la erre moscia.

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