In quattro anni spesi 59 miliardi per gli ammortizzatori sociali, un terzo dalla fiscalità generale

06 Dicembre 2014

Roma, 6 dic. (AdnKronos) – Le spese per gli ammortizzatori sociali, al netto dei contributi figurativi, tra il 2009 e il 2013 sono ammontate a circa 59 miliardi di euro. E’ quanto rileva la Cgia, aggiungendo che la gran parte dell’importo di questi sussidi (il 72,7 per cento), che in termini assoluti corrisponde a 42,8 miliardi di euro, è stata coperta dai contributi versati dai lavoratori dipendenti e dalle imprese, mentre la parte rimanente (il 27,3 per cento), pari a poco più di 16 miliardi di euro, è stata pagata dalla fiscalità generale.

L’elaborazione, realizzata dall’Ufficio studi della Cgia, ha quantificato le entrate e le uscite riferite alla Cig ordinaria, alla Cig straordinaria, alla Cig straordinaria in deroga, all’indennità di mobilità, all’AspI e alla mini-AspI (introdotte nel 2013) e ai trattamenti di disoccupazione. Questa analisi, precisa la Cgia, non comprende le somme a copertura della contribuzione figurativa garantite dallo Stato ai fini della maturazione dei requisiti previsti per il trattamento pensionistico, in quanto non direttamente erogate.

“Se analizziamo l’andamento registrato in questi ultimi anni – sottolinea il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – notiamo che c’è stato un boom della spesa delle misure di sostegno al reddito dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro. Dai circa 10 miliardi riferiti al 2009 si è saliti a quota 14,5 nel 2013. Importo, quest’ultimo, che dovrebbe essere raggiunto anche nel 2014".

"Per contro, invece – aggiunge Bortolussi – la copertura garantita dai contributi versati dalle imprese e dai lavoratori dipendenti è rimasta praticamente la stessa. Se nel 2009 era pari a 8,4 miliardi, nel 2013 è stata di poco superiore ai 9 miliardi di euro. Questo si traduce in un saldo sempre più negativo: ovvero il costo degli ammortizzatori sociali è sempre più a carico della collettività. Era pari a poco più di 1,5 miliardi nel 2009, l’anno scorso ha sfiorato i 5,5 miliardi di euro”.

A peggiorare la situazione del saldo ha contribuito anche la Cig in deroga che ci costa circa 1,5 miliardi di euro all’anno. Questo provvedimento è stato introdotto all’inizio della crisi per garantire un sostegno al reddito in particolar modo ai lavoratori delle piccole e piccolissime imprese (quelle con meno di 15 dipendenti) che per legge non potevano beneficiare della Cig ordinaria. A differenza di quest’ultima misura, quasi totalmente coperta dai contribuiti versati dalle imprese e dai lavoratori dipendenti, la Cig in deroga, invece, è in grandissima parte finanziata dalla fiscalità generale: ovvero da tutti i contribuenti.

Ora, prosegue Bortolussi, "la Cig in deroga è destinata a sparire a fine 2016 e sarà sostituita, come confermato anche dal Jobs act, con i fondi di solidarietà bilaterale istituiti con la riforma Fornero. Pertanto, bisogna scongiurare il pericolo che le piccole imprese con meno di 15 dipendenti, che costituiscono il 94 per cento delle imprese con dipendenti presenti in Italia, siano costrette a subire ulteriori aumenti degli oneri. Inoltre, bisogna preservare le esperienze positive esistenti in molte regioni che già oggi garantiscono misure di integrazione salariale ai lavoratori che vengono colpiti da crisi aziendali".

Su questa questione, conclude, " il ministro Poletti ha assicurato che le micro imprese non subiranno nessun aggravio. Tuttavia, il dubbio rimane: se la Cig in deroga verrà abolita entro il 2016 e le aziende non saranno chiamate a sostenere nuovi costi, il Governo dove troverà le risorse per garantire la copertura dei nuovi ammortizzatori sociali ai 4 milioni di lavoratori dipendenti che lavorano nelle piccolissime imprese ?” 

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