Novi Ligure, torna libero Omar. Assieme a Erika massacrò madre e fratello di lei

Omar ed Erika erano stati condannati entrambi nel 2001, lei a 16 anni e lui a 14, pena poi ridotta per effetto dell'indulto, per aver massacrato a coltellate la mamma di lei, Susy Cassini e il fratellino Gianluca il 21 febbraio del 2001.
News Nazionali

Torino, 2 mar. (Adnkronos) – Con 45 giorni di anticipo grazie alla richiesta per la liberazione anticipata sull'ultimo semestre, che era stata accolta dal giudice, Omar Favaro, condannato con l'ex fidanzatina Erika De Nardo per il massacro di Novi Ligure, torna domani in liberta'. Omar ed Erika erano stati condannati entrambi nel 2001, lei a 16 anni e lui a 14, pena poi ridotta per effetto dell'indulto, per aver massacrato a coltellate la mamma di lei, Susy Cassini e il fratellino Gianluca il 21 febbraio del 2001.

Erika e' cambiata, ha raccontato un volontario del carcere di Verziano, parlando della ragazza che insieme al fidanzatino si macchio' del duplice delitto. Lo stesso dicono di Omar, che oggi e' un uomo che ha quasi 27 anni.

Al Ferrante Aporti, l'istituto minorile di Torino, ha seguito corsi di meccanica e cucina. In quello di Quarto (Asti), ha studiato da ragioniere e preso un diploma in informatica. Ha riorganizzato l'archivio della biblioteca, trascritto le bobine delle sedute provinciali.

Ma ecco cosa accadde quella sera del 21 febbraio di nove anni fa. Sono passate da poco le 20 quando una ragazzina di 16 anni esce urlando terrorizzata da una bella villetta del quartiere residenziale Lodolino del paese in provincia di Alessandria. Corre a piedi nudi lasciando impronte insanguinate, si rifugia dai vicini e ai carabinieri arrivati poco dopo racconta che suo padre era uscito per la consueta partita di calcetto.

La ragazza dice: ''due albanesi sono entrati in casa per rapinarci. Quando mia madre li ha sorpresi, loro hanno ucciso lei e il mio fratellino''. Comincia una vera caccia all'uomo, o meglio a due presunti rapinatori albanesi ai quali Erika , cosi' aveva raccontato, era riuscita a sfuggire per miracolo mentre i corpi di sua mamma e suo fratello cadevano martoriati sotto decine di coltellate.

Un racconto che scateno' la rabbia di tutto il paese, e non solo, contro gli immigrati. Un racconto che, pero', fin dalle prime ore non convince gli investigatori. Un racconto che solo due giorni piu' tardi crolla sotto il peso delle contraddizioni, di una scena del delitto che non combacia con il racconto della ragazza, fino a disintegrarsi in una stanza della caserma dei carabinieri dove Erika , che non sospetta di essere intercettata, mima di fronte a Omar tutte quelle coltellate e lo rassicura che il loro segreto di morte non sara' mai scoperto.

Centoventi coltellate, dunque, inferte con ferocia inaudita da Erika insieme ad Omar su sua madre Giusy Cassini e sul fratellino undicenne Gianluca De Nardo. Un assurdo massacro per il quale la ragazza sara' arrestata insieme al suo giovane amico. Il fermo per i due ragazzi viene disposto il 23 gennaio del 2002 dal procuratore di Alessandria Carlo Carlei: sulle loro teste pende l'accusa di omicidio volontario in concorso, un duplice omicidio che, forse, doveva avere tre vittime, oltre a Susy e Gianluca, anche Francesco De Nardo, il papa' di Erika .

Quel padre che nonostante tutto ha voluto mettere anche il nome della figlia sui necrologi e che non l'ha mai abbandonata, standole accanto durante i 9 mesi di indagini, il mese di processo, i tre gradi di giudizio che hanno sempre confermato le stesse pene per entrambi, e andandola a trovare sempre in carcere dopo essere tornato a vivere da solo in quella villetta del Lodolino.

A ricostruire che cosa e' successo quella sera in quella villetta a due piani sono le confessioni dei due ragazzi, che dall'arresto in poi cominciarono ad accusarsi a vicenda sui rispettivi ruoli, e le analisi dei Ris. Quello che emerge e' una scena agghiacciante, che inizia quando Susy Cassini rientra in casa, saluta Erika e Omar e va verso la cucina. La donna, pero', viene aggredita alle spalle e colpita con le prime coltellate, mentre supplica la figlia di non ucciderla e di lasciarla vivere. Poi e' la volta del piccolo Gianluca, che viene trascinato in bagno dove viene colpito a morte con 57 coltellate dopo un tentativo di annegamento non riuscito.

Sono 11 i periti che vengono nominati per cercare di scandagliare la mente e la personalita' dei due ragazzi, Erika 'dominatrice' e Omar 'soggiogato e succube', per cercare di dare un senso a quel massacro e dare una risposta all'interrogativo che, in casi come questi, si ripropone a ogni processo.

Erika e Omar erano capaci di intendere e di volere al momento del delitto? E, come inevitabile, si scatena la guerra fra i periti che arrivano a conclusioni opposte, sani di mente per l'accusa, incapaci e bisognosi di cure per la difesa sostenuta dagli avvocati Mario Boccassi e Cesare Zaccone per Erika e da Vittorio Gatti e Lorenzo Repetti per Omar.

L'11 dicembre dello stesso anno, in un'aula del tribunale dei minori di Torino, dove Erika e Omar che affrontano il giudizio con rito abbreviato non si sono mai guardati, il pm Livia Locci chiede una condanna di 20 anni per la ragazza e 16 per l'ormai ex fidanzato. Tre giorni dopo arriva la condanna di primo grado, 16 e 14 anni, pene che vengono confermate in appello il 30 maggio 2002 e, infine, dalla Cassazione il 9 aprile dell'anno successivo.

Fino a 21 anni i due ragazzi restano detenuti in carceri minorili, il 'Beccaria' di Milano per Erika , che il 28 aprile 2005 viene trasferita a Brescia, e il 'Ferrante Aporti' di Torino per Omar che passera' poi nel penitenziario di Quarto d'Asti. Per un po' di loro non si parla piu', anche se ogni tanto compare qualche sporadica notizia che riporta in prima pagina 'il massacro di Novi Ligure ', come il riconoscimento dell'invalidita' al necroforo che ebbe il compito di ricomporre le salme delle due vittime oppure, il 7 maggio 2006, la decisione della Suprema Corte di respingere la richiesta di Erika di essere trasferita in una comunita' per ricevere cure psicologiche.

Ed e' proprio pochi giorni dopo questa decisione che la tragedia di Novi Ligure torna a riempire le pagine dei giornali e i telegiornali dove campeggia l'immagine di un'Erika cresciuta che, come qualunque altra ragazza della sua eta', si diverte per qualche ora giocando a pallavolo con delle coetanee in un oratorio di un paese del bresciano. Le polemiche si riaccendono, Novi torna al centro dei discorsi della gente che discute su quelle immagini che per qualcuno stridono con il ricordo delle due vittime. Immagini che anche Omar vede nella sua cella.

Dal giorno dell'arresto fra i due ragazzi si e' creata una frattura piena di risentimento, si sono lanciati accuse, lei gli ha detto di avere un altro fidanzato, sono diventati indifferenti uno all'altro. "Erika ? – ha detto Omar – non voglio piu' sentir parlare di lei. I periti avevano stabilito che io ero suo succube, ma i giudici ci hanno trattato allo stesso modo".

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