Roma, 1 apr. (Adnkronos/Ign) – Sara' il pubblico ministero Diana De Martino a esaminare e a decidere dell'accoglimento dell'istanza con la quale l'avvocato Stefano Maccioni, coordinatore nazionale di 'Giustizia per i diritti', e la criminologa Simona Ruffini hanno chiesto il 27 marzo scorso alla procura di Roma di riaprire il caso Pasolini. Lo scrittore fu ucciso all'Idroscalo di Ostia nella notte fra l'uno e il 2 novembre del 1975 da Pino Pelosi, che per quel delitto ha scontato una pena definitiva.
A darne notizia e' lo stesso avvocato Maccioni, ricordando che lo spunto per la richiesta fatta alla procura sono le dichiarazioni fatte da Pelosi il 12 settembre del 2008 e riprese dagli autori del libro 'Profondo Nero. Matteo, De Mauro, Pasolini, un'unica pista all'origine delle stragi di Stato', Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza. Altro spunto, secondo la richiesta, viene fornito dalle indagini svolte dal pm di Pavia Vincenzo Calia, che ha indagato sulla morte di Enrico Mattei.
Con l'istanza viene chiesto al magistrato di analizzare compiutamente quanto contenuto nelle indagini svolte dal pubblico ministero Vincenzo Calia in relazione alla morte di Enrico Mattei, e in particolare quanto emerso con riferimento al manoscritto ''Petrolio'' di Pasolini e al libro ''Questo e' Cefis'' di Giorgio Steimetz, ovvero la tesi secondo la quale Pasolini sarebbe venuto a conoscenza dei mandanti dell'omicidio Mattei indicandoli proprio nel romanzo ''Petrolio''.
Maccioni e Ruffini chiedono inoltre di accertare se sussista un collegamento tra le morti di Enrico Mattei, Mauro De Mauro e Pier Paolo Pasolini e che siano fatte le necessarie indagini scientifiche sui reperti conservati presso il museo criminologico di Roma, reperti che potrebbero fornire spunti di indagine.
''Ci auguriamo che il pubblico ministero decida di accogliere la nostra istanza – sottolineano i promotori dell'istanza – richiedendo al piu' presto al gip di disporre nuovi accertamenti. Appare quasi paradossale che prima di porre la parola fine a questa vicenda non si sia proceduto a svolgere i necessari accertamenti tecnici-scientifici sui reperti custoditi presso il museo criminologico di Roma, come peraltro sostenuto dal comandante del Ris dell'Arma dei carabinieri, colonnello Luciano Garofano''.