Strage Erba, Olindo: ‘Siamo innocenti’. Attesa per la sentenza

L'imputato, insieme alla moglie, per l'omicidio di 4 persone l'11 dicembre 2006 interviene in aula: 'Dispiaciuti per le vittime'. I familiari e il pubblico reagiscono: 'Assassini'.
News Nazionali

Como, 26 nov. (Adnkronos/Ign) – ''Ribadisco la nostra innocenza. Esprimo il nostro più sincero dispiacere per le persone che sono morte, per i familiari e per le persone che gli vogliono bene''. Così Olindo Romano, accusato insieme alla moglie della strage di Erba, si difende in aula e ribadisce di non essere il colpevole del quadruplice omicidio dell'11 dicembre 2006.

Olindo torna con la mente al giorno delle confessioni 'estorte'. Era il 10 gennaio 2007 quando ''indotti nella disperazione, confusi, smarriti, soli, ci siamo fidati a vicenda, sbagliando ma ci siamo fidati''. Poi, ricorda l'amore per la sua sposa: ''Io e Rosa ci amiamo come il primo giorno, come il giorno del nostro matrimonio. Io farei qualsiasi cosa per lei e lei lo farebbe per me''. ''Non siamo come ci hanno descritto, siamo esseri umani''. Olindo parla di una ''vita di solitudine e di sofferenza. Come noi soffriamo noi comprendiamo il vostro dolore e la vostra sofferenza'' dice rivolgendosi ai famigliari delle vittime presenti in Aula. La famiglia Castagna, però, non si trattiene e insieme al pubblico presente urla 'assassini'.

L'ultima udienza del processo di primo grado si apre, però, con un colpo di scena. Un fax dal quale emergono i dubbi di Azouz Marzouk, il tunisino che nella strage di Erba ha perso la moglie e il figlio di soli due anni, circa le responsabilità degli imputati. Chiamato in aula a spiegare il senso di alcune sue affermazioni, l'uomo però chiarisce: ''Non ho nessun dubbio che sono stati loro. Sono solo preoccupato per i miei genitori''.

Il fax è stato inviato da un uomo che ha raccolto le dichiarazioni del tunisino durante il tragitto di ritorno, dopo l'ultima udienza, verso il carcere di Vigevano dove è detenuto per spaccio di droga. Marzouk ha riferito che una persona sconosciuta si sarebbe fatta viva con i suoi familiari che vivono in Tunisia sollevando delle perplessità sulla colpevolezza dei Romano. Dubbi anche sulla ricostruzione della strage.

Marzouk ricostruisce la vicenda e chiarisce: ''Sono solo preoccupato per la mia famiglia. Loro non sono innocenti''. Il tunisino ha parlato con i familiari, che vivono in Tunisia nei giorni scorsi. ''Una persona che non conosciamo – gli ha raccontato la madre – dice che quelli non sono i responsabili. Datemi il numero di Azouz che lo contatto io''. Quindi a casa dei suoi si è presentato un tunisino, che non è però del loro paese. L'uomo non avrebbe fornito piste alternative per spiegare la strage, chiedendo il numero di Marzouk senza lasciare il suo. ''Se ho bisogno mi ripresento da solo'', ha detto lo sconosciuto. L'uomo, però, non si è più fatto vivo.

In aula, il presidente della Corte Alessandro Bianchi, oltre al fax datato 24 novembre, ha letto una relazione compilata ieri da un vicecommissario in cui si sottolinea che ''i dubbi sulla ricostruzione dei fatti e sulla colpevolezza degli imputati si è rafforzata in Azouz nelle ultime settimane e soprattutto dopo la telefonata con i genitori''. Ma il tunisino nega incertezze circa la colpevolezza degli imputati: ''Ho paura solo per i miei genitori, ma gli imputati sono colpevoli. Non ho dubbi''.

La difesa dei coniugi parla di una notizia 'sconcertante' e di ''capitale importanza''. Da qui la richiesta di ulteriori approfondimenti.

Istanza respinta dai giudici. Quello sconosciuto, descritto semplicemente come ''un tunisino'', non è identificabile, spiega il presidente della Corte d'Assise Alessandro Bianchi. Per il giudice, i dubbi di Azouz sono ''evanescenti e privi di reali spunti investigativi''. Il presidente sottolinea quindi che sono ''impossibili eventuali riscontri istruttori''. Dubbi ''non motivati'' che non rendono necessari ulteriori accertamenti.

Il pm Astori, da parte sua, spiega le novità emerse come un tentativo da parte di Marzouk di ''rubare la scena in vista di momenti più plateali e ritardare l'espulsione (prevista per il prossimo 1 gennaio, ndr) che non ha mai digerito''.

I giudici si sono quindi chiusi in camera di Consiglio per emettere la sentenza. Olindo e Rosa sono stati fatti uscire e ora diretti al carcere di Como dove sono detenuti.

Era l'11 dicembre 2006 quando nella corte di via Diaz morirono Raffaella Castagna, suo figlio Youssef di soli due anni, la nonna del piccolo Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Il marito, Mario Frigerio, si salvò solo perché creduto morto. La sua testimonianza è uno dei punti centrali dell'accusa per dimostrare la colpevolezza dei coniugi Romano. Nella sua requisitoria, il pubblico ministero Massimo Astori ha chiesto per gli imputati l'ergastolo con tre anni di isolamento diurno. La difesa l'assoluzione e, in subordine, la perizia psichiatrica.

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