Lepre e pernice, i cacciatori contro il Consiglio Valle: “La politica si è dimostrata inadeguata”

Il Consiglio venatorio regionale, le Commissioni tecniche Avifauna e Lagomorfi e le Associazioni venatorie si scagliano contro la decisione dell'aula che ha "salvato" per 5 anni dalla caccia la lepre variabile e la pernice bianca: "siamo molto preoccupati delle nostre rappresentanze politiche".
Pernice bianca
Politica

Appena “salvate” in Consiglio regionale la lepre variabile e la pernice bianca a scendere ora in campo contro la decisione dell’aula – passata a votazione segreta – sono ora i cacciatori.

In un duro comunicato infatti il Consiglio venatorio regionale, le Commissioni tecniche Avifauna e Lagomorfi e le Associazioni venatorie “stigmatizzano quanto accaduto in aula e chiedono alla politica valdostana la dimostrazione tecnico-scientifica che potrebbe portare alla sospensione della caccia per i prossimi cinque anni di queste due specie faunistiche”.

Una decisione, quella del Consiglio regionale, che parla della necessità di “un adeguato studio scientifico finalizzato alla definizione dell’attuale stato quantitativo e qualitativo delle specie” che per i “chasseurs” risulta invece “singolare” dal momento che, scrivono, “fondamentalmente gli studi scientifici si fanno prima di trarre conclusioni, soprattutto se si tratta del prelievo di due specie faunistiche approvato dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione dell’ambiente massimo organo che opera all’interno del Ministero dell’Ambiente)”.

Non solo: “La Valle d’Aosta – si legge ancora nella nota – è la regione che, in Italia, ha la maggiore percentuale di territorio protetto rispetto ad altri territori”, da un lato, mentre dall’altro “sono presenti in buon numero queste due specie selvatiche, anche perché il territorio valdostano ha una morfologia pertinente al loro habitat”.

L’ipocrisia della politica

Poi i cacciatori si rivolgono agli autori della mozione, Daria Pulz e Luigi Vésan, bacchettandoli per “la scarsissima informazione circa la realtà dello stato di salute delle due popolazioni faunistiche” ma anche per “l’ipocrisia dei proponenti in quanto col la delibera di Giunta 1081/2018, durante la stagione venatoria 2018/2019, è stata autorizzata l’uccisione di 600 ghiandaie e la stessa ipocrisia trova riscontro anche nella possibilità di uccidere 300 esemplari di cornacchie grigie o ibridi e gazze”.

Attacco frontale che però si allarga presto a tutto il Consiglio: “La politica valdostana, ancora una volta, si è dimostrata inadeguata richiedendo per motivi politici la votazione a scrutinio segreto, che è la negazione del rapporto cittadino-politica. Il mondo venatorio valdostano, invece, avrebbe preferito una votazione palese, chiara, che dimostrasse almeno il coraggio delle proprie azioni. Forse qualcuno ha preferito l’appiglio del voto segreto per evidenziare una crisi politica in atto?”.

“A questo proposito, noi cacciatori valdostani – chiudono il Presidente del Comitato regionale per la gestione venatoria, Luciano Joris, il rappresentante Lagomorfi, galliformi, conduttori cani da traccia Renzo Parrini e i referenti delle Commissioni avifauna e lagomorfi Corrado Valentino e Domenico Silvano Salvador – siamo molto preoccupati delle nostre rappresentanze politiche, perché sta scemando la cultura rurale della gente di montagna e delle nostre vere tradizioni. La decisione assunta dal Consiglio regionale tiene conto solo del sentimento e non invece della realtà con cui la caccia in Valle d’Aosta è sempre stata gestita”.

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