Caro Direttore,
la scelta della maggioranza regionale di non accogliere la proposta contenuta nella petizione sull’elettrificazione della linea ferroviaria Aosta Torino ci lascia molto delusi. Non si tratta solo della sostanza di una scelta politica dalla quale traspare il disinteresse di alcuni partiti e del governo della regione per le attese e i bisogni di un numero grande di cittadini. Colpisce il metodo e gli argomenti che sono stati usati per giustificare una non scelta. Si è cercato di sostenere che il progetto presentato da RFI, che di mestiere costruisce e gestisce reti ferroviarie, non fosse sufficientemente preciso e certo. La Giunta Regionale e i Consiglieri Regionali, in commissione, hanno avuto modo di ascoltare i vertici di Rfi e di visionare il progetto che, per la cronaca, conta centinaia di pagine di rilevazioni, disegni, prospetti e grafici redatti da ingegneri e tecnici specializzati. Un progetto, vale la pena ricordarlo, che ha già avuto il via libera della verifica di impatto ambientale della Regione Piemonte, dal Ministero dell’Ambiente e dei tecnici della stessa Regione Valle d’Aosta quantificando i tempi di realizzazione in 36 mesi e i costi in 87 milioni di Euro.
Non esiste, allo stato dell’arte, un progetto più avanzato e dettagliato per nessuna infrastruttura viaria in discussione. Ma tant’è… le competenze in politica, spesso, non sono valutate. Si arriva, così, al dogma che la semplice elettrificazione non è utile ne sufficiente per le esigenze di una “moderna regione” come la nostra (conclusione opposta a quella ella IV commissione, dei sindacati, di Confindustria…) e ci si concentrati sui sogni. La soluzione prospettata è di far passare un grande viadotto internazionale per il nostro territorio collegando la rete nazionale con la Svizzera e Martigny. Solo così, si è detto, ci saranno le risorse per ripensare anche il collegamento regionale con Torino e soprattutto sarà lo stato Italiano a metterci i soldi in uno scenario europeo… Sarebbe facile liquidare questa idea con il sarcasmo. Ma se la prendiamo sul serio le domande si moltiplicano a dismisura. Quanto costerebbe? Da dove passerebbe? C’è un progetto preliminare? Quanto tempo sarebbe necessario per la realizzazione (compresa, ovviamente, la tratta tra Aosta e Torino)? Sono stati presi contatti con il Governo Italiano e con quello Svizzero? Le istituzioni comunali e regionali di Martigny e del Cantone Vallese sono state contattate? C’è un interesse dei territori coinvolti? C’è uno studio sulle potenzialità economiche, sui passeggeri previsti e sulle quantità di merci che si potrebbero trasportare? Ovviamente non ci sono risposte e allora la subordinata (che mantiene in vita sia il problema che la suggestione svizzera) è comprare i locomotori bimodali. Una soluzione “all’italiana”, con buona pace della diversità valdostana, che spende decine di milioni di euro per una “toppa” che non risolve e che ci terremo per decenni. L’ultima chicca del Consiglio di Giovedì 14, coerente con la cultura politica che ha generato le altre, è stata quella di proporre la chiusura della Aosta-PreSaintDidier e di andare tutti in bicicletta.
La politica è una cosa seria e se, a fronte di un problema strutturale e di interesse generale e ad una mobilitazione di cittadini e di forze sociali si fa finta di rispondere, evocando fantasie e sogni e spendendo inutilmente denaro pubblico, non si fa altro che certificarne il fallimento. Un grazie va dato a coloro (Partito Democratico, ALPE, Federazione della Sinistra, Italia dei Valori, Partito Socialista Italiano, Arci, Legambiente, Collettivo Studentesco, Filctem-CGIL, Codacons ed altri…) che in Consiglio e fuori hanno sostenuto l’idea di una ferrovia normale. Tutti i cittadini in altre sedi e in altre occasioni saranno chiamati a dare un giudizio politico su questa vicenda. Oggi rimane una occasione persa per noi e per i nostri figli.
Fabio Protasoni