Vendita delle partecipazioni all’idroelettrico, per molti Comuni ingenti risorse a rischio

Pré-Saint-Didier rischia di perdere 700 mila euro di entrate l'anno, Fénis 300 mila, Saint-Rhémy-en-Bosses 200 mila, Etroubles circa il 10 per cento del suo bilancio. I Comuni che dovranno vendere le loro quote di partecipazione sono 32.
Le turbine cinesi nella centrale Cva di Champagne2
Politica

In ballo ci sono cifre importanti che cambierebbero non di poco le risorse a disposizione di molti Comuni valdostani. Quelli che dovranno vendere le loro quote di partecipazioni alle società idroelettriche saranno 32, per effetto della legge statale 124 del 2015, la riforma Madia.

Inizialmente, dopo la notizia del ricorso contro la legge della regione Veneto accolto dalla Corte costituzionale, era sembrato che tutta la questione sarebbe rimasta in sospeso. Dopo un approfondimento degli uffici regionali si è però capito che la sentenza coinvolge le disposizioni di delegazione della legge e non le relative disposizioni attuative. Per farla breve: si va comunque avanti e le vendite delle quote dei Comuni di queste società dovranno essere disposte entro marzo 2017.

L'ha confermato il presidente della Giunta Augusto Rollandin, parlando della necessità di quotare in borsa Cva, durante lo scorso consiglio Valle e lo spiega con chiarezza un articolo uscito ieri sul Sole 24 ore: "Per quanto riguarda il Testo unico delle società partecipate – scrive il giornalista Stefano Pozzoli – la Corte costituzionale ha confermato che al momento resta in pieno vigore".

Se per un Comune vendere queste quote porterebbe ad un guadagno immediato, più o meno conveniente a seconda delle condizioni, nel tempo c'è da rimetterci, perché la produzione di energia genera entrate anche ingenti, ma soprattutto continue. "Si può dover cambiare delle turbine ogni tanto e fare altre manutenzioni – spiega il sindaco di Cogne Franco Allera – ma le centrali idroelettriche durano anche cento anni: sono un investimento che si fa sul futuro".

Allera fa parte dei sindaci che hanno costituito, su iniziativa del Cpel, un gruppo di lavoro sulla questione. Cogne partecipa all'80 per cento alla società Gec Srl, che ha investito 6 milioni di euro in un nuovo impianto idroelettrico nella vallata: "Al momento è appena entrato in produzione – spiega – e sapremo a fine anno quale sarà l'utile per il nostro Comune".

Sa invece bene a cosa va incontro Pré-Saint-Didier, che partecipa al 25 per cento nella Valdigne Energie srl e rischierà di perdere 700 mila euro di entrate, su un bilancio che pareggia intorno ai 6,5 milioni: "La cifra è destinata a crescere perché oggi paghiamo ancora ammortamenti – spiega il sindaco Riccardo Bieller – le nostre due centrali producono 80 milioni di chilowattora annui e non a caso Cva vorrebbe comprarle: ma noi abbiamo fatto quest'operazione per dare un reddito costante al Comune, non per vendere".

Fénis, che partecipa all'Hydro elettrique Clavalité Srl per il 36 per cento, rischia di perdere 300 mila euro all'anno: "Se si parla di società in perdita capisco anche il senso della riforma Madia – spiega il sindaco Mattia Nicoletta – ma noi qui facciamo l'interesse del Comune, con quei soldi abbiamo fatto molte cose, tra cui abbassare le tariffe delle mense scolastiche".

Le entrate generate dalle società idroelettriche hanno il vantaggio di non avere vincolo di destinazione: "Da noi coprono i costi di molti servizi fondamentali – afferma il sindaco di Saint-Rhémy-en-Bosses, Corrado Jordan – bisogna considerare che in un Comune come il nostro giriamo già con i mezzi per la neve". Bosses ha entrate per circa 200 mila euro su un bilancio da un milione e mezzo.

Bosses, come altre realtà, possiede per intero delle centraline, senza partecipare a società con privati, e le usa per l'energia necessaria a scaldare gli immobili comunali: "Queste non sono toccate dalla riforma", spiega Jordan. Champdepraz è nella stessa situazione: "Noi vendiamo direttamente l'energia – spiega il primo cittadino Jury Corradin – con un ricavo di 180-210 mila euro l'anno".

Secondo Corradin però "i Comuni che hanno partecipazioni non potranno comprare le quote dei privati per evitare di vendere, la legge non lo prevede". Chi ha fatto da sé sarà dunque salvo: "Con le attuali risorse però questi tipi di progetto sono sostenibili solo con le partecipazioni – continua il sindaco – non si può più pensare di riuscire a fare tutti gli investimenti necessari unicamente con il denaro del Comune".

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