E’ andato al gruppo di Gastroenterologia dell’Ospedale Umberto Parini di Aosta, Struttura complessa diretta dal Dott. Renato Santucci il Best Abstract Presentation Prize alla UEG Week 2025 del più importante congresso europeo dedicato alla gastroenterologia, tenutosi a Berlino il mese scorso. L’appuntamento ha visto la presenza di esperti di salute digestiva da tutto il mondo per condividere le più recenti ricerche scientifiche e i progressi multidisciplinari nel settore.
Il premio è stato assegnato alla Dott.ssa Raffaella Rima, che ha presentato uno studio dal titolo “CMV infection in ulcerative colitis: focus on tissue PCR and immunohistochemistry”, ricerca coordinata dal Dott. Stefano Okolicsanyi della Gastroenterologia dell’Ospedale Parini, in collaborazione con colleghi dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale di Bari e dell’Ospedale Mauriziano di Torino.
Lo studio ha analizzato la presenza del citomegalovirus (CMV) in persone affette da colite ulcerosa, una malattia infiammatoria cronica dell’intestino.
“Siamo molto soddisfatti di questo risultato, che premia il lavoro di tutta la squadra – dice il Dott. Stefano Okolicsanyi –. Le malattie infiammatorie croniche intestinali, come la colite ulcerosa, stanno diventando sempre più diffuse e hanno un impatto importante sulla vita di chi ne soffre. Capire meglio il ruolo dell’infezione da citomegalovirus nei pazienti con colite ulcerosa ci aiuta a fare diagnosi più precise e a scegliere cure più mirate, migliorando davvero la vita dei nostri pazienti”.
I medici hanno confrontato due test diversi – uno basato sulla PCR su tessuto e uno sulla immunoistochimica – per capire quale potesse essere più utile nella pratica clinica. I risultati hanno mostrato una buona corrispondenza tra i due metodi e indicano che la PCR su tessuto può essere un valido supporto per identificare con maggiore precisione l’infezione da CMV, soprattutto nei pazienti che non rispondono alle cure tradizionali con cortisone.
“Questo lavoro – aggiunge la Dott.ssa Rima – rappresenta anche un passo avanti verso la definizione di un livello minimo di carica virale tale da considerare rilevante l’infezione per la salute del paziente, e potrà dare impulso a nuovi studi condivisi con altri centri italiani”.
