“Nonostante le promesse, in un anno non è cambiato nulla”. Anche in Valle d’Aosta, da questa mattina, medici e infermieri sono in sciopero per 24 ore per protestare contro i tagli alla sanità della manovra del governo Meloni che stanno mettendo a dura prova la sopravvivenza del sistema sanitario nazionale. All’ingresso dell’ospedale regionale Umberto Parini di Aosta, hanno allestito un banchetto per informare i cittadini sulle ragioni della protesta. L’iniziativa, lanciata a livello nazionale, era già stata proposta lo scorso anno. Dai primi dati, aggiornati al primo pomeriggio di oggi, l’adesione si attesta tra il 18 e il 20%.
“La politica nazionale continua a non porre il servizio sanitario al centro della sua azione – dice Marcello Giudice, cardiologo e segretario regionale della Cimo, spiegando i motivi dello sciopero -. La nuova finanziaria ha ridotto le quote di finanziamento inizialmente previste per il sistema sanitario nazionale che saranno a malapena sufficienti per coprire i contratti. Ci sarà un calo delle assunzioni mentre non c’è stata la defiscalizzazione di alcune voci dei nostri contratti. Il disagio coinvolge la classe medica ma anche la popolazione. Le aggressioni e le violenze che osserviamo nei luoghi di lavoro sono la diretta conseguenza di situazioni di cui i medici non hanno colpa”.
Su questo punto, in Valle d’Aosta, non si registrano particolari episodi di aggressione fisica agli operatori sanitari ma “sono leggermente aumentate le aggressioni verbali – dice Emma Lillaz dell’Anaoo-Assomed -. Non si è più abituati ad aspettare e il rapporto con il paziente non è più così semplice. In questo, hanno contribuito anche internet e i social su cui ormai si trova tutto”.
Ma il problema maggiore, a livello locale, rimane “la carenza di personale a fronte di una richiesta in continuo aumento – aggiunge Lillaz -. Abbiamo avuto diversi pensionamenti che non sono stati sostituiti perché i concorsi sono andati deserti o si sono presentati in pochi. Molti medici e infermieri sono andati a lavorare in Svizzera dove hanno trovato delle condizioni lavorative e di vita migliori. Abbiamo in previsione entro il prossimo anno altri pensionamenti e non sappiamo ancora come queste persone saranno sostituite”. Ciò comporta “delle difficoltà a smaltire le liste d’attesa – dice -. Essere attrattivi in una situazione che, già di per sé, è difficile non è banale. L’azienda ha migliorato il sito internet ed è presente sui social, questa è già una buona cosa”. Altri aspetti su cui lavorare sono “le possibilità di carriera, i premi di produzione e l’aumento degli stipendi”.
Complicata anche la situazione degli infermieri. “In quattro anni abbiamo perso tra pensionamenti e licenziamenti volontari 120 persone, in una situazione in cui mancava già del personale – spiega Gianluca Brienza di Nursing Up -. Da dopo il Covid c’è stata una migrazione di infermieri che hanno abbandonato il pubblico. Molti sono andati in Svizzera non tanto alla ricerca di stipendi più alti quanto per una qualità della vita migliori con più tempo libero. Per chi rimane è una vita sacrificata“. E aggiunge: “È stato adeguato il contratto degli infermieri ma non c’è stata una copertura per gli stipendi. Nel 2025 riceveremo 7 euro di aumento in busta paga che è quasi un insulto. Il grosso di questi infermieri ha vissuto il periodo del Covid. Ieri eravamo eroi e oggi ci date la mancia per farci stare bravi. Servono stipendi dignitosi in linea con quelli europei e investire nella formazione, magari con delle agevolazioni sulle tasse universitarie”.
Alla carenza di personale si somma il problema della digitalizzazione. L’Usl ha acquistato un nuovo gestionale che mette in rete la cartella clinica del paziente, l’attività ambulatoriale e ospedaliera “che non va a vantaggio degli operatori – dice Irene Pelloni, medico internista-. Si tratta di un aggiornamento che andava fatto ma non c’è stata un grande condivisione con gli operatori che lo avrebbero utilizzato e adesso stiamo lavorando con la direzione sanitaria e gli informatici per metterlo a punto secondo le nostre necessità. Il sistema è attivo da giugno, siamo a novembre e ancora siamo ben lontani da poterlo utilizzare secondo le nostre necessità. Ogni giorno vediamo decine e decine di pazienti utilizzando un sistema che ci fa perdere molto tempo e non ci consente di valutare le situazioni dei pazienti in modo corretto”.
Per superare le difficoltà, i medici e gli infermieri chiedono alla politica e ai cittadini di collaborare per salvaguardare il sistema sanitario pubblico che è “un bene di tutti a cui non esiste un’alternativa”.