Alessio oggi ha 25 anni, è un giovane “Hikikomori”, un termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte”. All’età di 15 anni si ritira progressivamente dalla vita sociale, dalla scuola, dalle relazioni amicali per rinchiudersi in casa, nella sua stanza. Alessio sta male, per ridurre anche le occasioni di contatto con i suoi genitori inverte il ritmo della giornata, dorme di giorno e sta sveglio di notte. Il computer e il web sono la sua unica finestra sul mondo.
L’inizio del suo ritiro sociale
“Il disagio di Alessio esplode al secondo anno di scuola superiore, anche se qualche segnale, da noi non intercettato, si era manifestato già prima” ci racconta il papà, Michele De Bonis, oggi referente per la Valle d’Aosta della nascente Associazione Hikikomori Genitori onlus.
Riservato, un po’ introverso e selettivo nelle amicizie sin dalla scuola elementare, Alessio è brillante a scuola, scrive molto bene, compone poesie, eccelle nello sport, nella musica. “Già allora aveva grandi aspettative e pretese su sè stesso, in parte caricato da noi genitori che l’abbiamo iper stimolato e agevolato in tutto”. Quella di papà Michele è una sorta di abnegazione al figlio. “Sono stato per Alessio come una scopa da curling che rimuove dal ghiaccio ogni minima imperfezione che potesse rallentare o ostacolare la sua vita”.
Il mondo fatato e protetto delle elementari e in parte delle medie, però, finisce. “Al secondo anno delle superiori ci accorgiamo di un vistoso calo nei voti, Alessio non si ritrova più nelle valutazioni che i professori fanno di lui, con un atteggiamento arrendevole vorrebbe lasciare la scuola per fare meglio l’anno successivo”. Inizia a manifestare quelle che in quel momento agli occhi dei suoi genitori appaiono scuse blande per non andare a scuola e chiudersi in casa.
La corsa agli specialisti e i tanti errori compiuti
Comincia la spola dei genitori da psicologi e psicoterapisti. Ne incontrano tantissimi. “Dieci anni fa non c’era la cultura e la consapevolezza di adesso, trovavi psichiatri che etichettavano tuo figlio come un ragazzino pelandrone e viziato a cui semplicemente togliere tutti i device e da mandare a scuola con un calcio nel sedere”. Inizialmente confortato dal parere di questi specialisti Michele le prova tutte con Alessio. Lo obbliga a uscire, lo trascina di peso a scuola, lo sgrida, cerca di spronarlo con le buone e con le cattive. “Alessio obbligato a scuola ci andava, ma era come se non fosse presente, era isolato dagli altri ragazzi, si sentiva diverso da loro”.
Stremato dai continui fallimenti papà Michele modifica l’impianto di casa per disattivare le prese elettriche alle 23 e impedire ad Alessio di trascorrere la notte davanti al computer. Una scelta che si rivelerà deleteria. Alessio ancora più solo inizia a non mangiare. “E’ in piena età dello sviluppo, e con una corporatura normale, arriva a pesare 46 chili”. Il periodo che va dai 16 ai 18 anni di Alessio è il peggiorie. “Così facendo gli ho sottratto l’unica possibilità di contatto e relazione con il mondo, si è chiuso ancora di più in se stesso”. Michele più tardi capirà che per questi ragazzi in ritiro sociale volontario la rete non è la causa del problema, ma un’uscita di sicurezza.
Appassionato di judo, papà Michele si definisce cintura nera di errori” con Alessio. I suoi devono servire da monito per gli altri genitori, al punto che li ripete in ogni seminario, conferenza, occasione di confronto pubblico. Parla apertamente dei suoi errori anche nel documentario “Essere hikikomori” – prodotto da Sky e disponibile in streaming – in cui Alessio è protagonista insieme ad altri tre ragazzi.
L’incontro che genera una svolta
La svolta per Michele e Alessio arriva grazie all’incontro con Gustavo Pietropolli Charmet, un luminare sui temi del ritiro sociale, nonché il fondatore dell’associazione Minotauro di Milano. “Grazie a lui cambio la mia prospettiva, inizio a capire il dolore di mio figlio che, come un sub, si era inabissato e non trovava più la via per risalire”. Michele capisce che deve scendere anche lui in quel buio, testimoniare la vicinanza al suo dolore e aspettare lì con Alessio, senza pretendere di riportarlo subito in superficie. “Non è raccontando loro il sole, il vento, le tappe e le opportunità che si stanno perdendo che questi ragazzi si decidono a uscire dall’isolamento. Molti rifiutano il problema e non vogliono essere aiutati”.
Il lavoro e la tenacia di una terapeuta che, a differenza di tanti suoi colleghi, accetta di andare a casa di Alessio, non si arrende ai primi rifiuti e, nei primi appuntamenti, si accontenta di poche parole pronunciate attraverso la porta della sua stanza, aiutano Alessio e lo incoraggiano a mettere fuori la testa da quello che per lui era diventato un rifugio.
Alessio e il suo attuale percorso di consapevolezza
“Ora Alessio sta decisamente meglio, non vive più da ritirato sociale anche se ha ancora alcune difficoltà sociali: fa fatica, ad esempio, a telefonare all’ufficio di collocamento, deve riacquisire alcune competenze sociali”. Il percorso di emancipazione di Alessio dal suo passato non si è ancora concluso. Ha diminuito le medicine e e sta cercando a piccoli passi la sua strada verso l’autonomia e l’indipendenza dai genitori. “Stiamo scommettendo su un futuro che sia alla portata di Alessio”. Ha iniziato ad impegnarsi in un gruppo di giovani Hikikomori che prende il nome di Hikito per aiutare altri ragazzi che vivono la sua stessa situazione.”Sono gli unici che conoscono il linguaggio e il dolore questi ragazzi”.
Alessio legge una sua poesia al Teatro Politeama di Palermo
La neonata associazione Genitori Hikikomori in Valle d’Aosta
Michele De Bonis è il referente pro tempore per la Valle d’Aosta dell’Associazione Hikikomori Genitori onlus che si è costituita nell’ambito del Progetto Movi-menti su iniziativa della cooperativa Noi e Gli Altri e di EnAip VdA.“Ora stiamo cercando di portare avanti un gruppo di auto aiuto tra genitori e successivamente di trovare una figura sul territorio che abbia voglia di coordinare il gruppo”. Non senza fatiche, legate per lo più al contesto piccolo che accresce il problema dello stigma e il timore del giudizio. “In Valle il fenomeno è senz’altro presente, io in questi mesi ho ricevuto telefonate da istituti scolastici che mi hanno chiesto informazioni per alcuni ragazzi assenti da scuola”.
3 risposte
Il mio Lions Club Saronno Host Solidalia ha creato 5 anni fa una onlus , la Città di Smeraldo che si occupa dei ragazzi che soffrono il disagio sociale con l’aiuto di 3 psicologi che settimanalmente incontrano i ragazzi e le loro famiglie per cercare di aiutarli a superare il problema che purtroppo si sta espandendo.
Sono più di 50 i ragazzi in cura di cui 4 gravi.
Non è un problema che si risolve in tempi brevi ma ci vogliono anni per uscire dell’isolamento sociale.
FORZA ALESSIO
Ma una traduzione italiana di Hikikomori no?
In italiano si definiscono ritirati sociali